Vincenzo Brancatisano

Il ricorso dell’avv. Ernani D’Agostino ripercorre l’odissea dei precari della scuola

“Ecco come ho fatto cambiare idea
al Tar del Lazio”.

Fa discutere la riabilitazione del punteggio di montagna, ritenuto incostituzionale

da vincenzobrancatisano.it, 19/6/2007

 

In merito alla questione legata al doppio punteggio della montagna, riabilitato dal Tar del Lazio, nonostante sia ritenuto incostituzionale dalla Consulta, l’avvocato Ernani D’Agostino mi ha inviato una email affidando a questo sito la pubblicazione del ricorso che ha fatto vincere una precaria contribuendo a far cambiare opinione ai giudici amministrativi sulla questione che seguiamo da tempo. Apprezzabile la lucidità e l'efficacia nel ripercorrere l'odissea dei precari della scuola alle prese con la violazione sistematica del principio dell'affidamento. Del resto i precari della scuola si meritano tanto. Nessun’altra categoria avrebbe sopportato tanto nè dallo Stato nè da parte dei sindacati della scuola, che consentono, consentono... Noi rimaniamo del parere che – ispirandoci sempre al prezioso neologismo del grande professor Sartori – il superpunteggio di montagna sia un Superporcellum. Ma non è questo il punto poiché l’interento del legale non entra nel merito della giustezza della metrometro con cui è stata valutata la competenza di molti precari (alcuni farebbero bene a imparare a scrivere in italiano prima di definirsi insegnanti…), limitandosi, e lo ha fatto bene, a denunciare in giudizio le contraddizioni gravissime, in punto di fatto e in punto di diritto, che animano i metodi di reclutamento del personale della scuola.

 

 

“Egregio Professore,

in primo luogo non posso che complimentarmi con Lei per la dovizia e la completezza degli argomenti trattati. Opero da oltre 30 anni nel campo scolastico e non ho rilevato molte altre attività, nello specifico settore, di spessore simile al Suo. Ho partecipato, in nome dei miei numerosi Rappresentati, all'udienza di giovedì 14 giugno, portando il mio contributo al "ripensamento" da parte del Collegio.

In merito alla Sua nota di commento alla "melius re perpensa", ritengo opportuno precisare quanto segue. A mio avviso, il nuovo orientamento seguito dal Collegio non deve essere valutato in senso negativo: anzi, lo ritengo espressione di  serietà nel difficilissimo compito decisionale. L'udienza di trattazione è stata lunga e serrata, attraverso un coinvolgimento dialettico "giudici-avvocati" volto alla ricerca del miglior risultato decisionale ritenuto, in coscienza, giusto e legittimo.

Scendendo, brevemente, ai punti contestati rilevo che non può sorprendere la prevalenza attribuita dal Collegio al carattere precettivo della normativa contenuta nella Finanziaria rispetto alla abrogazione della norma-fonte disposta dalla Corte Costituzionale.

Anche il Legislatore del 2006 ha disposto identica abrogazione precisandone - in via precettiva - la decorrenza degli effetti (31 agosto 2007): tale disposizione non può non essere considerata come corretta salvaguardia e tutela degli interessi dei terzi costituzionalmente rilevanti (i ns. Assistiti).

Di contro, occorre precisare che la Corte Costituzionale non ha minimamente accennato- perchè non sollevato- al problema della grave incidenza negativa derivante dalla caducazione retroattiva della abrogazione dichiarata: (si pensi soltanto a quelle numerose situazioni che sono state cristallizzate attraverso sentenze emesse, medio tempore, da vari TAR, divenute oramai intoccabili!! ; si pensi soltanto che alcune mie Assistite hanno prestato servizio in SCUOLE PLURICLASSI SECONDARIE DI I° GRADO IN SCUOLE DI MONTAGNA, NELLO STESSO EDIFICIO IN CUI, AL PIANO TERRA, ALTRE DOCENTI HANNO SVOLTO SERVIZIO IN SCUOLE PLURICLASSE PRIMARIE!!!?!) 

Attribuire prevalenza assoluta alla pronuncia (generica) della Corte Costituzionale avrebbe significato negare l'efficacia di una norma di legge perfettamente valida in quanto vigente: potere, ovviamente, non in possesso dei Giudici del TAR.

Nel trasmetterLe copia del ricorso da me presentato al TAR, colgo l'occasione per rinnovarLe i miei complimenti.

Cordiali saluti, Avv. Ernani D'Agostino”

 

***

“ I docenti precari inseriti nelle graduatorie ad esaurimento sono da decenni in una posizione di aspettativa; da decenni hanno impostato, impostano e (chissà per quanto tempo ancora) imposteranno la loro vita personale e familiare seguendo scrupolosamente tutte le disposizioni di legge ed amministrative emanate nei tempi, sottostando alla variazione ciclica di criteri di valutazione imposta ora da leggi, ora da disposizioni ministeriali, confidando nella conservazione di determinate posizioni giuridiche conquistate con il loro sacrificio”.

 

[…]

 

 

On.le Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio

Roma

RICORSO

della Signora

 

 

contro

il Ministero della Pubblica Istruzione, in persona del Ministro pro-tempore

per l’annullamento

PREVIA SOSPENSIONE

1)   del Decreto ministeriale 15 marzo 2007 n. 27 (doc. n. 1);

2)   del Decreto ministeriale 16 marzo 2007 del Direttore Generale del Dipartimento per l’Istruzione, Direzione Generale per il personale della scuola (doc. n. 2);

3)   di ogni altro atto comunque connesso e/o consequenziale, ivi compreso il parere reso nella seduta del 13 febbraio 2007 dal Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione.

FATTO

Con legge 4 giugno 2004 n. 143, di conversione, con modificazioni, del d.l. 7 aprile 2004 n. 97, come successivamente interpretata e modificata dalle Leggi 27 luglio 2004 n. 186 e 31 marzo 2005 n. 43, sono state emanate disposizioni in materia di graduatorie permanenti.

In particolare, la legge in esame ha disposto la rideterminazione delle graduatorie permanenti relative alle scuole di ogni ordine e grado sulla base della apposita tabella allegata (art. 1, comma primo).

Nella tabella, al punto B.3), lettera h, il legislatore del 2004 ha previsto la valutazione in misura doppia del servizio prestato nelle scuole elementari di montagna, di cui alla Legge 1 marzo 1957 n. 90, e in quello nelle isole minori.

In sede di applicazione della predetta normativa nella procedura di aggiornamento ed integrazione delle graduatorie, l’Amministrazione della pubblica istruzione ha proceduto alla attribuzione, agli aventi titolo, del beneficio in parola, con decorrenza dall’anno scolastico 2003-2004.

Sulla base di tale innovazione legislativa, la docente ricorrente, collocata in terza fascia della graduatoria indicata in epigrafe, ha inserito, nella domanda di aggiornamento, tra le sedi di preferenza, quelle ufficialmente classificabili quali “scuole di montagna”. In ragione del servizio prestato in tali scuole negli anni scolastici 2004-2005, 2005-2006 e 2006-2007, ha maturato il diritto al riconoscimento della valutazione doppia.

 Con la Legge 27 dicembre 2006 n. 296 (legge finanziaria 2007), al comma 605, punto C, è stato testualmente stabilito che:

“...In correlazione alla predisposizione del piano per l’assunzione a tempo indeterminato per il personale docente previsto dalla presente lettera, é abrogata con effetto dal 10 settembre 2007 la disposizione di cui al punto B.3), lettera h, della tabella di valutazione dei titoli allegata al decreto legge 7 aprile 2004 n. 97, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 giugno 2004 n. 143. E’ fatta salva la valutazione in misura doppia dei servizi prestati anteriormente alla predetta data”.

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Con decreto 15 marzo 2007 n. 27, il Ministro della Pubblica Istruzione ha approvato la nuova tabella di valutazione dei titoli da utilizzare nei confronti del personale docente ed educativo inserito nella terza fascia delle graduatorie ad esaurimento.

All’art. 3 del citato decreto sono state dettate norme specifiche per la terza fascia. In particolare, al punto sub 3) é stato stabilito che: “A decorrere dall’a.s. 2003-2004, in esecuzione della sentenza della Corte Costituzionale n. 11/07, citata in premessa, é annullata la doppia valutazione dei servizi prestati nelle scuole situate nei Comuni di montagna. La riduzione del 50% del punteggio viene fatta d’ufficio dal Sistema Informativo.

A decorrere dall’a.s. 2003/04 fino al 31 agosto 2007, in applicazione dell’art. 1 comma 605 della legge n. 296/06, rimane la doppia valutazione dei servizi svolti nelle scuole delle piccole isole e degli istituti penitenziari, nonché nelle pluriclassi delle scuole primarie, situate nei comuni di montagna, di cui alla legge n. 90 dell’1 marzo 1957...”.

Nella premessa del citato decreto n. 27/2007, il Ministero della Pubblica Istruzione, pone a base della riduzione di ufficio della doppia valutazione per i servizi prestati nelle scuole situate nei Comuni di montagna la sentenza 10 gennaio 2007 n. 11 della Corte Costituzionale e la normativa contenuta nella legge finanziaria 2007, al comma 605 e seguenti dell’art. 1.

Con la presente impugnativa giurisdizionale si censura, anche sotto il profilo costituzionale, la legittimità delle sopra riportate disposizioni ministeriali sulla base delle seguenti argomentazioni in

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DIRITTO

 

I – Violazione del principio generale in tema di affidamento – Eccesso di potere per errata interpretazione ed applicazione, errore nei presupposti, per omesso esame, per contraddittorietà.

Il quadro normativo-regolamentare come sopra delineato si può sintetizzare nei seguenti termini:

1)                                    nel 2004 il legislatore prevede l’attribuzione del doppio punteggio per il servizio scolastico prestato, a decorrere dall’anno scolastico 2003-2004, nelle scuole di ogni ordine e grado situate nei comuni di montagna di cui alla Legge 1 marzo 1957 n. 90 (l.n.143/2004, punto B.3, lett. h);

2)                                    in sede di presentazione delle domande per l’aggiornamento delle graduatorie permanenti relativo agli anni 2005-2006 e 2006-2007 i docenti precari inseriti in terza fascia inseriscono, tra le sedi preferenziali (o continuano ad inserire), quelle comprese negli elenchi appositamente indicati dal Ministero della Pubblica Istruzione;

3)                                    nel 2006 il legislatore abroga, con effetto dal 1° settembre 2007, la disposizione relativa al predetto beneficio, facendo salva la valutazione in misura doppia dei servizi prestati anteriormente alla predetta data (L.n. 296/2006, comma 605);

4)                                    con sentenza n. 11/2007 la Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale del paragrafo B.3), lettera h) della tabella allegata al d.l. n. 97 del 2004, convertito nella Legge n. 143 del 2004;

5)                                    in sede di aggiornamento ed integrazione delle graduatorie permanenti (ora, ad esaurimento) del personale docente ed educativo per il biennio 2007/2009, il Ministero della Pubblica Istruzione, attribuisce integrale efficacia retroattiva alla pronuncia di incostituzionalità della Corte Costituzionale sollecitando gli Uffici Scolastici periferici a procedere alla riduzione d’ufficio dei punteggi maturati dal personale che ha prestato servizio nelle scuole di montagna riconoscendo l’attribuzione del beneficio in parola solo per i servizi resi fino al 31 agosto 2007 nelle pluriclassi delle scuole primarie, nelle isole minori e negli istituti penitenziari.

La lesione della posizione giuridico-soggettiva della docente ricorrente é gravissima. Parimenti grave (ed evidente) é l’illegittimità dell’operato dell’amministrazione.

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LA SENTENZA N. 11 DEL 10 GENNAIO 2007 DELLA CORTE COSTITUZIONALE    (Leggi)

Il Ministero della pubblica istruzione ha posto a fondamento delle specifiche disposizioni impugnate la pronuncia di incostituzionalità resa dalla Corte Costituzionale, attribuendo alla stessa una efficacia caducatoria retroattiva

 In prima analisi, si evidenzia che il valore “costitutivo” delle dichiarazioni di incostituzionalità deve trarsi direttamente dall’art. 136 della Costituzione che, prevedendo la cessazione di efficacia della legge dichiarata incostituzionale non può che presupporre che, anteriormente alla decisione, la stessa legge fosse munita di efficacia. D’altro canto, la cessazione di validità ex art. 136 non é una rimozione degli effetti già prodotti: é la “privazione” (che la legge viene a subire) di quella stessa validità che non consente più alla norma dichiarata incostituzionale di poter “continuare” a regolare determinate situazioni. Non é la sentenza della Corte a “retroagire” nel tempo, bensì é la cessazione di operatività della legge (dichiarata incostituzionale) ad impedire a quest’ultima di (continuare) a produrre i propri effetti.

E, proprio in relazione alla applicazione delle sentenze “abrogative” o di “interpretazione autentica” di norme legislative produttive di determinati effetti giova sottolineare come la stessa Corte Costituzionale ha avuto più volte modo di precisare che: “In tali casi il problema da affrontare riguarda non tanto la natura della legge, quanto piuttosto i limiti che la sua portata retroattiva incontra alla luce del principio di ragionevolezza e del rispetto di altri valori ed interessi costituzionalmente protetti” (v., ex plurimis, sentenze n. 291/2003, n. 525/2000, n. 229/1999, n. 421 e n. 376 /1995).

Parallelamente al sopra riportato convincimento circa i limiti dell’efficacia retroattiva della pronuncia della Corte Costituzionale é quanto mai opportuno soffermarsi criticamente sui contenuti della sentenza stessa.

Nella disamina delle varie Ordinanze di rimessione riunite, la Corte Costituzionale, per addivenire alla declaratoria di incostituzionalità della normativa in esame, ha posto, sinteticamente, le seguenti premesse:

a)                                    il collocamento nelle graduatorie e la conservazione di una posizione nelle medesime costituiscono MERE ASPETTATIVE, in ragione del loro periodico aggiornamento disciplinato da criteri di valutazione che possono variare a fronte di una realtà soggetta a ciclico mutamento;

b)                                   l’attribuzione del doppio punteggio é aderente al dettato costituzionale (artt. 3 e 97) solo se correlata al servizio prestato da chi insegna nelle scuole primarie di montagna, come previsto dalla Legge n. 90 del 1957. Viene recepito il dubbio sollevato dal Tribunale remittente di “anacronismo normativo” della disposizione di legge esaminata, “non vedendosi quale possa essere il disagio dell’insegnamento in sedi oltre i seicento metri, in epoca di viabilità capillare, con motorizzazione di massa e mezzi di trasporto pubblico e locali scolastici riscaldati”.

A.2) Sulle premesse poste a base dell’iter logico-giuridico seguito dalla Corte Costituzionale (come anche dal TAR per la Sicilia remittente) svolgiamo le seguenti osservazioni critiche, scaturenti dall’azzeramento retroattivo, oggi imposto dal Ministero della Pubblica Istruzione, di un beneficio già prefissato, perseguito, conseguito e maturato dalla docente ricorrente.

In prima analisi, la linea interpretativa-applicativa della pronuncia della Corte Costituzionale adottata dal Ministero della Pubblica Istruzione si pone in aperto contrasto con il principio fondamentale di tutela dell’affidamento del cittadino, elemento essenziale dello Stato di diritto. Viene calpestato il principio fondamentale della certezza del diritto.

La docente ricorrente ha impostato più anni della sua vita (personale e familiare) confidando nella piena validità ed efficacia di una normativa (e non, si sottolinea, di una regolamentazione amministrativa).

Né si può – sia sotto il profilo giuridico, e sia sotto il profilo del rispetto della persona – bypassare il richiamato principio fondamentale attraverso la più volte affermata delegittimazione dello stato giuridico della docente ricorrente:  non è titolare di diritti, ma solo di mere aspettative. I docenti precari inseriti nelle graduatorie ad esaurimento sono da decenni in una posizione di aspettativa; da decenni hanno impostato, impostano e (chissà per quanto tempo ancora) imposteranno la loro vita personale e familiare seguendo scrupolosamente tutte le disposizioni di legge ed amministrative emanate nei tempi, sottostando alla variazione ciclica di criteri di valutazione imposta ora da leggi, ora da disposizioni ministeriali, confidando nella conservazione di determinate posizioni giuridiche conquistate con il loro sacrificio.

La docente ricorrente da decenni vive la propria vita lavorativa nella angosciante ricerca della conservazione e del miglioramento della posizione occupata in graduatoria attraverso il perseguimento di quei PUNTEGGI, predeterminati da leggi di Stato o da normazioni ministeriali, collegati a titoli di studio ed a titolo di servizio.

La docente precaria inserita in una graduatoria ad esaurimento vive la propria vita lavorativa (e familiare) ancorata a dei numeri: al numero relativo alla posizione occupata nella graduatoria, al numero relativo al punteggio totale attribuito e/o attribuibile in relazione all’attività lavorativa svolta o al conseguimento di ulteriori titoli di cultura.

Non occorre spendere ulteriori argomenti per rappresentare il grado di massima rilevanza che hanno, per i docenti precari come la ricorrente, i punteggi di valutazione.

A.3) Né, a contrario, può semplicisticamente invocarsi lo status di “mera aspettativa” dei docenti inseriti nelle graduatorie permanenti per contestare e negare il rispetto e l’applicazione di riconoscimenti pre-determinati, rivendicabili, a ragione, dai soli titolari di “diritti soggettivi”. Non è assolutamente ammissibile né sotto un profilo strettamente giuridico, né, tantomeno, sotto un profilo etico-sociale, diversificare il docente precario che, in virtù del beneficio MATURATO E RICONOSCIUTO per il servizio prestato nella scuola di montagna nell’a.s. 2003/2004, ha già ottenuto la nomina a tempo indeterminato, dal docente che, pur avendo prestato IDENTICO servizio, nello stesso anno scolastico, è ancora inserito nella graduatoria ad esaurimento. Ad entrambi, la competente Amministrazione ha riconosciuto ed attribuito il punteggio doppio: il docente nominato a tempo indeterminato ne ha beneficiato per ottenere la nomina, mentre il docente precario ha ottenuto il conseguente miglioramento della propria posizione nella graduatoria. E’ evidente, quindi, che, quantomeno con riferimento al servizio prestato nell’a.s. 2003/2004, la posizione di entrambi i docenti debba considerarsi DEFINITIVA, intoccabile.

E’ opportuno soffermarsi sulla natura del rapporto intercorrente tra pubblica amministrazione e docenti inseriti nelle graduatorie permanenti, sul loro reale status giuridico e sul loro diritto al rispetto di principi costituzionalmente protetti.

L’essere inserito, o, meglio, avere i titoli per essere inseriti nelle graduatorie permanenti costituisce, ormai da anni, l’unico sistema per ottenere una nomina nei ruoli della pubblica istruzione.

Il nostro legislatore, da un lato, e l’amministrazione della pubblica istruzione, dall’altro, hanno fissato i requisiti per poter chiedere l’inserimento in tali graduatorie, finalizzate al conseguimento delle nomine a tempo determinato e a tempo indeterminato.

Proprio perché strettamente collegate alla acquisizione di ulteriori titoli di servizio (o di cultura), tali graduatorie non hanno natura statica, ma dinamica. A differenza del personale collocato nelle graduatorie dei concorsi per titoli ed esami, il personale inserito nelle graduatorie permanenti può, di anno in anno, migliorare la posizione occupata attraverso il perseguimento di punteggi che la legge o l’amministrazione pre-determina.

Pertanto, i docenti inseriti nelle predette graduatorie, che, avendone i titoli, offrono la loro attività lavorativa perseguendo l’attribuzione di determinati punteggi prefissati da leggi o dall’amministrazione sono portatori di interessi costituzionalmente protetti (art. 3, primo e secondo comma, art. 4, art. 35, art. 97, primo e terzo comma).

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Parallelamente l’Amministrazione – che da decenni si avvale della forza lavoro del personale qui rappresentato per il raggiungimento dei suoi fini istituzionali – ha l’obbligo (morale e giuridico), proprio in ragione della dinamicità del sistema, di pre-determinare – e, conseguentemente di rispettare - i criteri di valutazione dei titoli (professionali e di servizio) che, medio tempore, possono essere perseguiti e conseguiti dal personale interessato.

E’ indubbio che tra pubblica amministrazione e personale docente si é instaurato un rapporto di natura giuridica che, come tale, non può non comportare (anche se in maniera non simmetrica) il rispetto di precise condizioni ed obblighi per ambo le parti.

A.5) Non può, infatti, dubitarsi in ordine alla totale equiparabilità tra le posizioni giuridico-soggettive dei docenti collocati nelle graduatorie dei concorsi pubblici per titoli ed esami con quelle dei docenti inseriti nelle graduatorie permanenti, oggi ad esaurimento.

Entrambe le fasce di personale sono portatori di interessi qualificati costituzionalmente protetti.

Entrambe le fasce di personale debbono scrupolosamente attenersi a tutte le disposizioni pre-predeterminate dell’Amministrazione.

In entrambe i sistemi di arruolamento l’Amministrazione ha il dovere di pre-fissare requisiti, termini e modalità circa la valutazione dei titoli, di cultura e professionali. Di converso, entrambe le fasce di personale hanno pieno diritto a rivendicare il rispetto integrale delle citate disposizioni da parte dell’Amministrazione in sintonia con il principio costituzionalmente fissato all’art. 97 della nostra Costituzione.

A.6) Dal quadro sopra delineato discende che il personale docente, inserito nelle graduatorie ad esaurimento, é titolare dello status giuridico di ASPETTATIVA QUALIFICATA. Quanto sopra trova maggior conforto nella circostanza relativa alla trasformazione, legislativamente operata, delle graduatorie permanenti in graduatoria ad esaurimento. Ciò sta a significare un indubbio potenziamento dello status giuridico del personale precario attraverso l’impegno (certo) dell’assunzione a tempo indeterminato (anche se... incertus quando).

Da quanto sopra non può che discendere in maniera solare la gravissima lesione che oggi la docente ricorrente corre il rischio di subire nell’ipotesi di applicazione (ritenuta legittima) delle disposizioni ministeriali impugnate.

Ma altre considerazioni soccorrono a confortare il nostro convincimento circa la illegittimità dell’interpretazione applicativa prospettata dal Ministero della Pubblica Istruzione alla sentenza della Corte Costituzionale. E, a tale riguardo, non possono non essere sollevate alcune argomentazioni critiche.

I Giudici della Corte Costituzionale (come i Giudici del TAR per la Sicilia) hanno affermato che la normativa “premiale” esaminata rappresenta un “anacronismo normativo” non essendo comparabile – in tema di disagio – la situazione generale attuale con quella dell’Italia del 1957, epoca di pubblicazione della legge n. 90. Soltanto la situazione determinata dalla citata legge n. 90 del 1957 (scuole primarie pluriclassi situate nei comuni di montagna) é ancora costituzionalmente valida ed efficace.

In prima replica non può non osservarsi che il legislatore, nella sua attività istituzionale e discrezionale, rispecchia (o almeno, cerca di rispecchiare) determinate realtà.

Il legislatore del 2004 ha ritenuto – nella sua attività istituzionale e discrezionale – di dover intervenire nella realtà del momento prendendo lo spunto dal beneficio previsto dal legislatore del 1957. In sostanza, il legislatore del 2004 ha voluto rendere applicabile il beneficio de quo alla realtà della sua epoca, ha operato a distanza di 50 ANNI dalla realtà presa in esame dal legislatore del 1957.

 I dubbi circa la fondatezza delle premesse logico-giuridiche che hanno costituito la base del convincimento della Corte Costituzionale (e del TAR per la Sicilia remittente) permangono – ed aumentano – con riferimento alla valutazione circa l’effettiva gravosità dell’impegno nella attuale prestazione del servizio presso le sedi scolastiche indicate dal legislatore del 2004 sul “DISAGIO SOFFERTO”. Oggi, “in epoca di viabilità capillare, con motorizzazioni di massa e mezzi di trasporto pubblico diffusi e locali scolastici riscaldati” non é costituzionalmente legittimo discriminare i docenti che non hanno insegnato nelle sedi scolastiche dei comuni di montagna.

Nella disamina e nella valutazione dell’operato del legislatore del 2004 é evidente che i Giudici della Corte Costituzionale (come i Magistrati del TAR remittente e, infine, il Ministero della pubblica istruzione) hanno completamente dimenticato un aspetto fondamentale: la realtà scolastica dei nostri giorni, la realtà del popolo dei precari della scuola. Secondo la realtà fotografata dalla Corte Costituzionale (come anche dal TAR per la Sicilia e dal Ministero della Pubblica Istruzione) non vi può essere discriminazione – IN PUNTO A DISAGIO – tra i docenti con riferimento allo specifico punto per cui é causa. Possiamo solo immaginare il senso di rabbia, di frustrazione, di ribellione che una simile visione e rappresentazione della realtà provoca nella  ricorrente, come in tutto il popolo dei precari. E’ stata gravemente ignorata – e, oggi, si vuole penalizzare – quella realtà, ultradecennale, formata dall’”esercito” dei precari che, per il conseguimento di benefici predeterminati dal legislatore, hanno sconvolto (come ancora sconvolgono, e sconvolgeranno) la loro vita personale, familiare e sociale mettendosi “in marcia” fin dalle prime ore del mattino per raggiungere, con ogni mezzo, determinate sedi scolastiche a centinaia di chilometri dalla propria residenza.

Non riteniamo opportuno dilungarci a rappresentare a codesto Ecc.mo Tribunale la reale situazione – ed i disagi – in cui versa la categoria di cui fa parte la ricorrente: NOTORIA NON EGENT né di illustrazione, né di documentazione.

A.6) La lesione delle posizioni soggettive del personale rappresentato, ove le determinazioni ministeriali impugnate trovassero esecuzione, é gravissima sotto diversi profili.

Innanzitutto deve essere sottolineato – come già sopra evidenziato – come la determinazione ministeriale impugnata viene a costituire, per il personale rappresentato, la più ampia ed evidente violazione del principio dell’affidamento. Lo status di PRECARIETA’, caratteristica peculiare, antica e forse... perenne dello status giuridico della docente ricorrente, viene ancor più lesa e pesantemente offesa dalle disposizioni impugnate. Ciò che oggi (o ieri) il legislatore e/o l’Amministrazione si impegna ad attribuire, domani (o, nel caso di specie, oggi) può essere impunemente annullato, cassato. Uscendo, per un attimo, dalla presente realtà legale e giudiziaria, a ragione il docente precario potrebbe essere rappresentato sulle scene come un povero assetato nel deserto al quale, periodicamente, qualcuno (vuoi il legislatore, vuoi il Ministero dell’istruzione) fa intravedere in lontananza splendide oasi che, sempre, puntualmente, si risolvono in meri, deludenti miraggi!!

A.7) La gravità della lesione derivante al personale ricorrente é ancor più evidente considerando i DANNI, patrimoniali e non, scaturenti dalla disposizioni ministeriali impugnate.

La docente ricorrente, al fine di conseguire il beneficio fissato dal legislatore e dall’Amministrazione nel 2004, ha dovuto far fronte a spese economiche di grande rilievo. Molti colleghi precari hanno addirittura deciso di trasferirsi nel “comune di montagna”, lontano centinaia di chilometri dalla città di residenza, sostenendo gravosi oneri economici per l’affitto di immobili (e, sul punto, potremmo produrre idonea documentazione). Per raggiungere la sede di montagna assegnata la ricorrente ha dovuto percorrere quotidianamente centinaia di chilometri, con ogni mezzo di trasporto.(si rinvia al terzo motivo di ricorso il dettaglio dei disagi sofferti dalla ricorrente).

Al fine di conseguire il beneficio de quo, la ricorrente ha  rinunciato  a corsi di specializzazione e masters che avrebbero consentito l’attribuzione di altri punteggi, ancor oggi ritenuti validi.

Chi può, oggi, risarcire la ricorrente delle perdite patrimoniali subite? Chi può, oggi, risarcire la ricorrente dei danni non patrimoniali sopportati nella prospettiva di un miglioramento definitivo della propria posizione? Chi può, oggi, risarcire la ricorrente dellla perdita di chances che, unitamente al servizio prestato nelle scuole di montagna, figuravano nella Tabella dei titoli allegata alla legge n. 143 del 2004?

Certamente, né il Ministero dell’Istruzione, né, tantomeno, il legislatore del 2004.

Ma, al riguardo, é quantomai opportuno richiamare quanto affermato dalla stessa Corte Costituzionale – e già da noi in precedenza evidenziato – in tema di efficacia temporale di sentenze dichiarative di incostituzionalità, laddove é stato sottolineato che il procedimento di farne retroagire gli effetti incontra LIMITI “alla luce del principio di ragionevolezza e del RISPETTO DI ALTRI VALORI ED INTERESSI COSTITUZIONALMENTE PROTETTI”.

Nel caso di specie possiamo affermare con forza che l’interpretazione applicativa adottata dal Ministero lede, calpesta, offende ed umilia sotto molteplici aspetti le legittime aspettative (qualificate) della ricorrente.

A.8) Sulla materia specifica oggetto della presente controversia codesto Ecc.mo Tribunale Amministrativo (così come numerosi altri TAR) ha già avuto modo di pronunciarsi. A conforto della tesi interpretativa da noi quivi sostenuta riportiamo per esteso alcuni passi di decisioni già pronunciate:

<<Gli ulteriori motivi sono diretti a contestare la valutabilità in misura doppia del servizio prestato nelle c.d. scuole di montagna (punto B3, lettera h della tabella di valutazione, riferito al servizio nelle scuole di montagna, nelle isole minori e negli istituti penitenziari).

Sostengono i ricorrenti, per quanto attiene alle scuole di montagna, che la legge n. 143/2004 del tutto inopinatamente avrebbe richiamato la legge 1 marzo 1957, n. 90, recante “Provvedimenti a favore della scuola elementare di montagna”, che prevedeva benefici per i soli insegnanti delle scuole elementari che vi prestavano servizio, in ragione dello svolgimento dell’attività d’insegnamento in zone particolarmente povere e disagiate. In realtà, la situazione socio economica é oggi completamente cambiata, perché la qualità dei detti Comuni sarebbe di molto migliorata.

Sotto altro verso, la legge n. 90/1957 sarebbe da applicare secondo il meccanismo procedurale previsto dalla legge stessa. Senza poi considerare l’iniquità che conseguirebbe dall’operatività retroattiva delle disposizioni impugnate, essendo il punteggio de quo attribuito su base di pura casualità a favore di chi si é trovato in passato a insegnare in tali località senza dovere affrontare disagi particolari.

Ancorché svolti con argomenti non privi di suggestione, i motivi vanno disattesi.

Intanto va precisato che, in ordine alla individuazione delle scuole di montagna e quindi della loro caratterizzazione ai fini del beneficio di un maggior punteggio per il servizio ivi svolto, é intervenuta la norma d’interpretazione autentica di cui all’art. 8 nonies della legge n. 186/2004 (ai sensi del quale il servizio valutabile in misura doppia é solo quello prestato “nella sede scolastica ubicata in comune classificato come di montagna, situata al di sopra dei seicento metri, e non anche quello prestato in altre sedi diverse della stessa scuola”).

Orbene, come emerge dalla riportata norma di interpretazione autentica, il legislatore ha inteso attribuire la supervalutazione ai servizi prestati in Comuni “classificati di montagna” a prescindere dall’attuazione del meccanismo procedurale previsto dalla legge 90/1957.

Infatti la norma indica due soli parametri di riferimento, senza ulteriori criteri, ai fini connotativi della scuola di montagna: a) l’ubicazione della sede scolastica in Comune “classificato come di montagna”; b) l’altitudine della sede scolastica oltre i 600 metri sul livello del mare.

Quanto alla valutazione doppia dei titoli di servizio in questione, anche a partire da quelli riferibili all’anno scolastico 2003/2004, essa é frutto di una scelta di politica legislativa insindacabile in quanto non irrazionale perché volta a valorizzare un servizio svolto in particolari condizioni di difficoltà (v. TAR Lazio, Sez. III bis, sentenze nn. 1306-1316/2006).

Dalle ampie motivazioni  sopra riportate discende che codesto Ecc.mo Tribunale adito ha già avuto modo di affermare che:

-                                        l’innovazione normativa contenuta nella tabella di valutazione dei servizi, allegata alla legge 143 del 2004 non deve essere ancorata alla disciplina già contenuta nella precedente legge n. 90 del 1957 e deve essere considerata espressione di una scelta discrezionale e non irrazionale del legislatore;

-                                        il criterio per l’individuazione delle scuole “di montagna” non va ricercato nella legge n. 90 del 1957 dal momento che “...il punto B3 lettera h della tabella di valutazione dei titoli allegata alla legge n. 143/2004 (secondo la norma interpretativa di cui all’art. 8 nonies della legge n. 186/2004) prevede bensì la valutazione doppia del servizio reso nelle scuole (ubicate al di sopra dei 600 metri) dei comuni di montagna di cui alla legge n. 90/1957, ma il rinvio a tale legge (che a sua volta richiama l’art. 1 della legge n. 991/1952 per la determinazione dei territori montani) é da intendersi come rinvio sicuramente dinamico. Pertanto, posto che l’art. 1 della legge n. 991 del 1952 é stato abrogato dall’art. 29 della legge n. 142/1990, l’attuale metodologia per l’individuazione dei comuni montani, lungi dal poter scaturire dalla citata norma abrogata e da eventuali pretesi elenchi di essa applicativi, deve reggersi sul vigente sistema normativo di determinazione dei territori montani. Allora, non v’é dubbio che questo sistema sia quello sotteso all’art. 27 del T.U. n. 267/2000, secondo il quale spetta alle Regioni l’individuazione degli ambiti e delle zone omogenee per la costituzione delle comunità montane>> (v. TAR Lazio, Sez. III bis, sentenza n. 165/2005).

* * *

Dalla fondatezza delle osservazioni critiche sviluppate non può che derivare la declaratoria di illegittimità dell’operato dell’Amministrazione in relazione all’efficacia retroattiva dell’abrogazione dichiarata dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.11 del 10 gennaio 2007.

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II – Violazione di legge. Violazione ed errata applicazione della legge 26 dicembre 2006 n. 296, comma 605 e seguenti. Eccesso di potere per errore nei presupposti di diritto, per illogicità.

B.1) La illegittimità delle disposizioni ministeriali impugnate discende in maniera ancor più evidente sotto il profilo della aperta violazione dell’art. 1, comma 605 e seguenti della legge 26 dicembre 2006 n. 296.

Con la predetta disposizione, come testualmente riportata in punto a Fatto, é stata disposta:

a)                                      l’abrogazione con effetto dall’1 settembre 2007 della disposizione di cui al punto B3), lettera h, della tabella di valutazione dei titoli allegata al decreto legge 7 aprile 2004 n. 97, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 giugno 2004 n. 143;

b)                                      la salvezza del punteggio in misura doppia dei servizi prestati anteriormente alla predetta data.

Il successivo comma 607 dell’art. 1 della stessa legge ha inoltre espressamente stabilito che:

<<La tabella di valutazione dei titoli allegata al decreto-legge 7 aprile 2004, n. 97, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 giugno 2004, n. 143, e successive modificazioni, é ridefinita con decreto del Ministero della pubblica istruzione, sentito il CNPI. Il decreto é adottato, a decorrere dal biennio 2007/2008-2008/2009, in occasione degli aggiornamenti biennali delle graduatorie permanenti di cui all’art. 401 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni. Sono fatte salve le valutazioni dei titoli conseguiti anteriormente e già riconosciuti nelle graduatorie permanenti relative al biennio 2005/2006-2006/2007>>.

B.2) Alla luce di quanto stabilito dalla legge finanziaria 2007 emerge in maniera ancor più evidente l’illegittimità dell’operato del Ministero della pubblica istruzione.

Con specifico riferimento alla disposizione legislativa concernente l’attribuzione del doppio punteggio (legge 143/2004) ci troviamo di fronte ad una duplice abrogazione. Con la prima, la Corte Costituzionale ne ha dichiarato l’incostituzionalità attraverso la sentenza n. 11 del 10 febbraio 2007. In relazione all’efficacia temporale retroattiva di tale pronuncia operiamo espresso richiamo alle argomentazioni sviluppate nel primo motivo di ricorso.

Sulla identica normativa é intervenuto nuovamente il legislatore che con la legge finanziaria 2007, ai commi 605 e seguenti ha sancito:

a)      l’abrogazione espressa della tabella di valutazione dei titoli, punto B.3), lettera h, allegata alla legge 4 giugno 2004 n. 143;

b)     l’esplicita previsione della data di decorrenza della disposta abrogazione, fissata alla data del 1° settembre 2007;

c)      l’espressa previsione della salvezza della valutazione in misura doppia dei servizi prestati anteriormente alla predetta data.

La innovazione legislativa sopra illustrata é entrata in vigore il 1° gennaio 2007, ai sensi del comma 1364 dell’art. 1 della legge finanziaria 2007.

Soffermando la nostra attenzione sulla data di pubblicazione della predetta legge e sulla data di pubblicazione della sentenza n. 11 del 10 gennaio 2007 della Corte Costituzionale può nascere il fondato dubbio sulla “utilità” della pronuncia resa dalla Corte sulla materia de qua. In altri termini, in ragione della sopravvenuta normativa, non possono non sollevarsi seri dubbi circa l’efficacia retroattiva della sentenza della Corte Costituzionale, così come fatta propria dall’Amministrazione. I Giudici della Consulta, infatti, si sono pronunciati sulla aderenza costituzionale della normativa in esame, senza peraltro soffermarsi in ordine alla decorrenza temporale scaturente dall’abrogazione affermata.

Di contro, é fuori di ogni dubbio che la stessa Corte Costituzionale non si é pronunciata (né, realmente poteva farlo) sulla innovazione legislativa introdotta dal legislatore del 2006 con specifico riferimento alla sancita salvezza dei punteggi maturati fino al 1° settembre 2007.

Da quanto sopra discende che, attraverso le disposizioni impugnate, il Ministero della pubblica istruzione ha illegittimamente dato applicazione alla sola pronuncia emessa dalla Corte, attribuendo alla stessa (in maniera illegittima, illogica ed ingiusta) un’efficacia caducatoria retroattiva, ignorando completamente quanto disposto dal legislatore del 2006 sulla stessa materia.

L’abrogazione della normativa de qua operata dalla Corte Costituzionale — anche aderendo alla contestata interpretazione della sua efficacia caducatoria retroattiva — non può incidere ex se su una diversa normativa relativa alla identica materia, né può travolgerne la piena vigenza ed efficacia.

Se il legislatore del 2006, pur abrogando il beneficio in parola (anticipando, attraverso il suo potere istituzionale, il giudizio della Corte Costituzionale), ha voluto espressamente riconoscere la validità dei servizi prestati fino ad una certa data attraverso l’attribuzione di quel punteggio premiale prefissato dal legislatore del 2004, non riteniamo che se ne possa sindacare la legittimità, risultando, il disposto normativo, la giusta considerazione, tutela e valutazione degli interessi e dei valori della categoria di personale qui rappresentata. E’ evidente, infatti, che l’aver voluto espressamente conservare l’efficacia e la validità di determinate situazioni giuridiche ormai  maturate (e cioè, il conseguimento di quei determinati punteggi predeterminati dal 2004) costituisce, per il legislatore del 2006, la concreta realizzazione di quei principi costituzionali disciplinati agli artt. 3, 4,. 35 e 97 della Costituzione.

La mancata applicazione delle disposizioni normative contenute nella legge finanziaria 2007 inficia in maniera evidente e rilevante l’operato del Ministero della pubblica istruzione.

L’illegittimità dell’operato dell’Amministrazione discende anche sotto altro profilo.

Nelle premesse del decreto ministeriale impugnato, il Ministero opera espresso richiamo sia alla pronuncia della Corte Costituzionale e sia al disposto normativo contenuto al comma 605 della legge finanziaria 2007.

Al riguardo é sufficiente scorrere il contenuto di tale disposizione normativa per rendersi conto che il legislatore del 2006 non ha minimamente differenziato i servizi pregressi  (e in corso fino al 31 agosto 2007) svolti nelle scuole di montagna, circoscrivendone la valutabilità a quelli prestati nelle scuole primarie pluriclassi.

E’, al contrario, evidente la manipolazione posta in essere dall’Amministrazione attraverso una illegittima opera di interpretazione ed applicazione di due fonti diverse: la sentenza della Corte Costituzionale e la legge finanziaria 2007.

 

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III-Eccesso di potere per travisamento, per errore nei presupposti, per errata interpretazione, per omesso esame, per disparità di trattamento ed ingiustizia manifesta – Eccezione di legittimità costituzionale delle leggi 1° marzo 1957 n.90 e 31 dicembre 1962 n. 1859 in relazione agli artt. 3, 4, 35 e 97 della Costituzione.

 

                           L’illegittimità delle disposizioni ministeriali impugnate emerge, altresì, in tutta la sua gravità e rilevanza sotto il seguente profilo

                           Nella fase interpretativa-applicativa della sentenza della Corte Costituzionale più volte citata, il Ministero dell’Istruzione , con il decreto 15 marzo 2007 n.27, ha mantenuto la valutazione in misura doppia per i soli servizi prestati nelle PLURICLASSI DELLE SCUOLE PRIMARIE SITUATE NEI COMUNI DI MONTAGNA, omettendo completamente di prendere in esame, considerare e valutare l’ESISTENZA NELLA ATTUALE REALTA’ SCOLASTICA DELLE PLURICLASSI DI SCUOLA SECONDARIA DI I° GRADO SITUATE NEI COMUNI DI MONTAGNA.

                           E’ quantomai opportuno ripercorrere il servizio prestato dalla  Prof.ssa   presso scuole secondarie di 1° grado situate in comuni di montagna:

-                                        a.s. 2004-2005: Istituto comprensivo di Cascia;

-                                        a.s. 2005-2006: Istituto comprensivo di Cascia con servizio a Monteleone di Spoleto e sede di Norcia;

-                                        a.s. 2006-2007: Istituto comprensivo di Norcia.

                           In particolare, nell’anno sc.co 2005-2006, la Prof.ssa  è stata nominata su una cattedra orario di 18 ore dal CSA di Perugia così strutturata: 9 ore presso l’Istituto comprensivo di Cascia con servizio presso la sede pluriclasse di Monteleone di Spoleto e 9 ore presso l’Istituto comprensivo di Norcia. Le due sedi sono scuole di montagna.

                           Monteleone di Spoleto (1000 metri slm) è considerata la sede più scomoda dell’intera Umbria  non essendo, tra l’altro, servita da mezzi di trasporto pubblici in orario scolastico.

                           La scuola è situata in un unico edificio: al primo piano è posta la scuola dell’infanzia e la primaria, mentre al piano sovrastante vi è la secondaria di I° grado pluriclasse. (v. certificato di servizio in atti).

                           Sono opportune alcune riflessioni sui “disagi” sofferti dalla ricorrente per svolgere la sua attività lavorativa. Per recarsi al lavoro la stessa doveva alzarsi alle 4 del mattino, portarsi in autobus alla stazione ferroviaria, prendere il treno per Foligno, la coincidenza per Spoleto dove era attesa, verso le ore 6,45, dall’unica impiegata dell’Ufficio Postale di Monteleone di Spoleto che la accompagnava in macchina sino alla sede di lavoro, percorrendo ulteriori 40 Km spesso tra neve e strade gelate. In occasioni delle riunioni collegiali la ricorrente si doveva recare presso la sede principale di Cascia e servirsi di un servizio taxi e, in altre occasioni, pernottava presso l’Albergo

“ Granaro del Monte “ per poter rispettare l’orario di servizio presso la scuola media di Norcia.

                           Nell’anno scolastico precedente (2004-2005), la ricorrente è stata incaricata dal CSA di Perugia su una cattedra di 18 ore settimanali ed utilizzata su posto di sostegno presso la scuola media di Cascia, classificata “scuola di montagna” (rinunciando all’incarico presso la sc.media “Foscolo” distante poche centinaia di metri dalla sua abitazione). Per raggiungere la predetta sede, distante 130 km (quindi, in totale, 260 km di percorrenza), la ricorrente impiegava circa QUATTRO ORE con i mezzi pubblici (autobus – treno – autobus ). E’ stata costretta a locare un appartamento vicino alla sede di lavoro per un costo mensile di € 400,oo.

                           Durante il predetto anno sc.co 2004-2005, particolarmente rigido, la ricorrente ha contratto una polmonite, diagnosticata anche ad un alunno, ad una bidella e ad altre persone del luogo. (v. certificato medico Ist.Med. lavoro e tossicologia Università di Perugia, in atti).

                           Quanto sopra riportato rappresenta un breve e sintetico racconto delle condizioni in cui la ricorrente ha prestato la sua attività negli ultimi anni. Quanto sopra riportato rappresenta, in minima parte, lo stato di continuo disagio e sofferenza che ha accompagnato la ricorrente. Leggere ( in alcuni passi della sentenza della Corte Costituzionale) che, oggi, il “disagio” correlato alla prestazione di servizio nelle scuole di montagna NON è equiparabile a quello riflettente la realtà del 1957 non può che essere frutto di ignoranza della realtà e di omessa considerazione della attuale e concreta situazione scolastica del paese.

                           Ma, parallelamente all’incontestabile stato di profondo disagio sofferto dalla ricorrente per svolgere il suo lavoro presso le citate scuole di montagna (il che, già di per sé, dovrebbe essere considerato e valutato in comparazione al servizio prestato da docenti in sedi situate nei pressi dei rispettivi comuni di residenza), si evidenzia la stridente sperequazione che si verrebbe a determinare tra la ricorrente ed il personale docente che ha svolto servizio nella scuola primaria pluriclasse di Monteleone Spoleto. E’ di palmare evidenza l’ingiustificata diversa disciplina di situazioni sostanzialmente identiche: il disagio che ha caratterizzato il servizio prestato presso la citata scuola elementare è IDENTICO a quello per il servizio reso dalla ricorrente nella scuola secondaria;  IDENTICA scuola di montagna; scuola dell’obbligo l’una e scuola dell’obbligo l’altra (l.1859/62); PLURICLASSE l’una, e PLURICLASSE l’altra; IDENTICA gravosità dell’impegno didattico.

                           La Corte Costituzionale, nella sentenza n.11 del 2007, ha posto a base del proprio convincimento differenziatore la circostanza dell’insegnamento in scuole pluriclassi, riconoscendo “..l’effettiva gravosità dell’impegno didattico richiesto, consistente nel contemporaneo insegnamento ad alunni della scuola primaria appartenenti a classi diverse”.

                           Nell’ultimo capoverso della parte motiva della pronuncia, la stessa Corte afferma testualmente: “Conseguentemente, va dichiarata l’illegittimità costituzionale ……..nella parte in cui, con riferimento ai comuni di montagna, non limita l’attribuzione del doppio punteggio alle scuole pluriclasse”. Anche nel dispositivo della sentenza, al punto sub 1), viene confermata la validità dell’attribuzione del doppio punteggio ai servizi prestati NELLE SCUOLE PLURICLASSE dei comuni montani.

                           Da quanto sopra discende che la Corte Costituzionale non ha assolutamente specificato il GRADO della scuola pluriclasse (primaria o secondaria). L’interpretazione applicativa adottata dal Ministero dell’Istruzione è, per l’effetto, chiaramente viziata da eccesso di potere per travisamento, per illogicità, per omesso esame.

                           Qualora, invece, la predetta interpretazione applicativa posta in essere dall’Amministrazione fosse ritenuta aderente alla pronuncia della Corte Costituzionale si solleva formale eccezione di legittimità costituzionale delle leggi 1° marzo 1957 n.90 e 31 dicembre 1962 n.1859 per violazione degli artt. 3, 4, 35 e 97 della Costituzione, nella parte in cui non è stato prevista identica disciplina e trattamento tra le scuole primarie pluriclasse e le scuole secondarie pluriclasse situate nei comuni di montagna.

DOMANDA DI SOSPENSIONE

La gravità ed irreparabilità dei danni derivanti dall’esecuzione dei provvedimenti ministeriali impugnati é in re ipsa. Il Ministero della pubblica istruzione ha sollecitato gli Uffici Scolastici periferici a procedere alla riduzione d’ufficio del doppio punteggio maturato dall’anno scolastico 2003/2004. L’esecuzione di tale disposizione ministeriale inciderà in maniera grave ed irreparabile sulla posizione della docente ricorrente  sia in relazione alla preannunciata procedura di nomina a tempo indeterminato, e sia in relazione alla procedura di conferimento delle supplenze annuali e temporanee. La sussistenza del requisito del periculum in mora, in uno a quello del fumus della presente impegnativa inducono a chiedere la sospensione dei provvedimenti impugnati.

Si chiede, al riguardo, di essere ascoltati nella Camera di Consiglio nella quale verrà trattata la presente domanda incidentale.

 

P.T.M.

 

Si chiede, in accoglimento del presente ricorso, l’annullamento dei provvedimenti impugnati con ogni consequenziale pronuncia, anche in ordine alle spese ed onorari di giudizio.

In via gradata, si chiede, previo giudizio di rilevanza e di non manifesta infondatezza, la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale per l’esame della eccezione di incostituzionalità delle leggi 1 marzo 1957 n.90 e 31 dicembre 1062 n.1859, in relazione agli artt. 3, 4, 35 e 97 della Costituzione.

In relazione al contributo unificato, si dichiara l’esenzione del presente ricorso trattandosi di materia di pubblico impiego.

 

Roma,  8 maggio 2007                                               Avv. Ernani D’Agostino