DIBATTITO. «Poche le ore reali di lezione?» Il presidente di TreeLLLe dopo l’intervento di Barbiellini Amidei: «Nessun interesse politico a cambiare le cose» di Lorenzo Salvia, da Il Corriere della Sera del 9/3/2005
ROMA - «È vero: in Italia si studia in maniera dispersiva. Il problema reale è che la scuola è disegnata per rispondere ai ritmi e alle esigenze non dei ragazzi ma di insegnanti e personale non docente: un milione di persone, contando anche i familiari quattro milioni di voti». Attilio Oliva - presidente di TreeLLLe, associazione no profit che studia il mondo dell’istruzione, e amministratore delegato dell’università Luiss di Roma - interviene nel dibattito aperto ieri sul Corriere da Gaspare Barbiellini Amidei: tra assemblee, neve, elezioni e assenze, l’Italia ha il primato dei giorni persi a scuola, 200 l’anno in teoria, 160 in pratica. Cosa intende quando dice che la scuola è disegnata per i docenti? «L’orario scolastico italiano per i ragazzi di 15 anni è superiore del 25% alla media di 30 Paesi Ocse, secondo l’ultima indagine Pisa. I nostri insegnanti, però, hanno un orario di lezione tra i più bassi: 612 ore contro una media Ue di 663. Il numero delle nostre materie è elevatissimo, mentre negli altri Paesi diminuiscono mano a mano che si procede, per concentrarsi più opportunamente su quelle fondamentali. E poi c’è scarsa attenzione ai ritmi attenzionali degli studenti. Da noi 15 minuti di pausa in una mattinata di cinque ore; in Germania 20 minuti di pausa ogni due ore, e un’ora di pausa obbligatoria dopo quattro ore». È per questo che i ragazzi si allontanano dalla scuola? «A fronte di una così estrema pressione in termini di numero di materie e di orari concentrati e stressanti, le loro strategie di evasione e di elusione sono più che giustificate. Sempre per l’Ocse, il 39% dei quindicenni italiani se potesse scapperebbe da scuola subito. Dopo il Belgio, è la percentuale più elevata e spiega l’altissimo tasso di assenteismo degli allievi, il 22%». Cosa bisogna fare, secondo lei? «Rimettere al centro dei programmi e della didattica i giovani, con i loro ritmi e i loro bisogni. Ma su questo punto non posso sottoscrivere l’ottimistica valutazione di Barbiellini Amidei, secondo il quale famiglie e docenti condividerebbero l’esigenza di una maggiore elasticità per una migliore organizzazione. Purtroppo, i governi che si sono succeduti negli ultimi quarant’anni (con la piena complicità delle opposizioni) hanno troppo assecondato la pressione di una larga parte del personale scolastico e hanno così favorito il consolidamento di abitudini e di orari su cui troppe persone hanno strutturato la loro vita». Questo perché tutti hanno paura di toccare un mondo che muove 4 milioni di voti? «Esatto. Non basta che pedagogisti, psicologi ed esperti reclamino una diversa organizzazione del tempo-scuola. Non bastano gli esempi di altri Paesi europei in cui i giovani conseguono, sempre secondo l’Ocse, più elevati livelli di apprendimento nelle materie fondamentali. Non bastano singoli ministri, di destra o di sinistra, animati da giusto spirito riformatore». Cosa serve allora? «Senza un patto di lungo termine tra maggioranza e opposizione, tra governo e forze sociali, sarà impossibile ristrutturare la scuola italiana a vantaggio dei giovani». |