Mattarella: la sintonia con gli italiani
è tutta da costruire

Anna Maria Bellesia, La Tecnica della Scuola 2.2.2015

Tutti hanno ripercorso il passato politico di Mattarella. Ma cosa ha fatto dal 2011 come Giudice Costituzionale? La linea tenuta dalla Corte Costituzionale ha sempre salvaguardato le leggi con misure finanziarie, tranne nel caso dei tagli agli stipendi d’oro. Fa bene il nuovo capo dello Stato a rivolgere il primo pensiero alle difficoltà e alle speranze di quei concittadini che hanno pagato di più, all’impoverimento e alle diseguaglianze dell’Italia di oggi.

Nei sondaggi pubblicati su vari giornali, la scelta di Mattarella a capo dello Stato fatica ad arrivare al 50% nel gradimento degli italiani. Fra i giovani è sconosciuto. Mattarella chi? Mai sentito prima del fatidico sabato 31 gennaio. Il neo presidente della Repubblica italiana sembra uscito dal cilindro del prestigiatore Renzi perché funzionale ai suoi calcoli politici.

La sua ultima partecipazione al governo risale agli anni 1999-2000, in compagnia di personaggi come Massimo D'Alema e Giuliano Amato, che hanno fatto la fortuna del Renzi rottamatore.

A leggere la rassegna stampa, gli aggettivi “grigio” e “neutro” sembrano i più usati per qualificare quello che per adesso sembra essere “il presidente di tutti e di nessuno”.

La sintonia con gli italiani è tutta da costruire. Le sue prime parole sono state: “Il pensiero va soprattutto e anzitutto alle difficoltà e alle speranze dei nostri concittadini”. Parole ultra essenziali, che tuttavia fanno capire la ricerca di una empatia.

Forse è un buon inizio per cercare di avvicinarsi al comune sentire degli italiani, mentre la politica naviga distante anni luce, come hanno dimostrato i retroscena della partita quirinalizia.

In questi giorni, tutti hanno ripercorso il passato politico di Mattarella, una vita nelle istituzioni. Nel 2011 è stato eletto a membro della Consulta, e gli ultimi anni sono trascorsi al lavoro nel palazzo che si trova proprio a due passi dal Quirinale.

Ma cosa ha fatto Mattarella come Giudice Costituzionale?

Si è occupato soprattutto delle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi regionali e dei conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e delle Regioni. Quel Titolo V che prima Monti e adesso Renzi intendono riformare ritornando ad un modello “centralistico”.

• Vale la pena di ricordare la sentenza 76/2013 di cui Mattarella è stato relatore. È quella che ha bocciato per illegittimità costituzionale la legge regionale della Lombardia voluta da Formigoni–Aprea, che apriva in via “sperimentale” alla possibilità per le istituzioni scolastiche statali di organizzare concorsi, riservati agli iscritti nelle graduatorie provinciali ad esaurimento, per reclutare docenti con incarico annuale. Possibilità stroncata con la motivazione che “la valorizzazione dell’autonomia non può spingersi fino al punto di consentire ai singoli istituti scolastici di scegliere il proprio personale docente con concorsi locali”.

Tuttavia altre recenti sentenze della Consulta hanno suscitato ampio clamore mediatico e contribuito ad approfondire il solco fra istituzioni e cittadini.

• Come non ricordare la sentenza 120/2012 che ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale circa la “tassa di malattia”? Col DL 112/2008, il governo Berlusconi-Brunetta ha disposto che a tutti i dipendenti statali, nei primi dieci giorni di assenza per malattia, venga corrisposto solo il trattamento economico fondamentale. Per colpire gli assenteisti, fannulloni, finti malati, Brunetta aveva deciso di colpire tutti indiscriminatamente. La trattenuta per 10 giorni corrisponde a 80-100 euro. Una somma di questi tempi non da poco, proprio quando si è costretti a spendere soldi extra per medicine e cure. Il diritto alla salute è garantito dalla Costituzione? Tanto più che la “tassa” sulla salute è servita a fare cassa: “I risparmi derivanti dall’applicazione del presente comma costituiscono economie di bilancio per le amministrazioni dello Stato e concorrono al miglioramento dei saldi di bilancio”. Ma fare cassa sulla salute dei lavoratori è ammissibile?

Ebbene la Corte Costituzionale non ha ravvisato alcuna violazione dei diritti, con argomentazioni che asciano allibiti: la detrazione riguarda le competenze accessorie nei limiti della prima decade, per cui “la conservazione del trattamento fondamentale garantisce l’adeguatezza della retribuzione”. Lo scopo della trattenuta corrisponde al principio di buon andamento, “scoraggiando con la forza deterrente della penalizzazione economica fenomeni di assenteismo”. Anche fare cassa sulla salute è lecito, perché il controllo della spesa pubblica é “esigenza di rango primario”.

•  Verrebbe da dire due pesi e due misure, guardando invece alla sentenza 223/2012 che considera del tutto illegittimi i tagli sugli stipendi di magistrati e alti dirigenti operati dalla legge 122/2010 “recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria”. La pronuncia si estende in ben 38 pagine di argomentazioni, per dire che “l'introduzione di una imposta speciale, sia pure transitoria ed eccezionale” viola i diritti costituzionali.

•  Da ultimo è arrivata la sentenza 6/2015 con la bocciatura del referendum sulla legge Fornero, la riforma pensionistica che costringe gli anziani a lavorare fino a 67 anni (con l’obbligo di mantenersi in buona salute), mentre il 42% dei giovani è disoccupato.

La legge, su cui la ministra Fornero ha impresso il suo nome e versato qualche lacrima di coccodrillo, è stata a tutti gli effetti una manovra di bilancio, costata lacrime (vere) e sangue. Ma questo aspetto non è rilevante, perché il quesito referendario è “inammissibile” ai sensi dell’articolo 75 della Costituzione.

Si può osservare che la linea tenuta dalla Corte Costituzionale ha sempre salvaguardato le leggi con misure finanziarie, tranne nel caso dei tagli agli stipendi d’oro, fra cui in particolare quelli dei magistrati.

Fa bene dunque il nuovo capo dello Stato a rivolgere il primo pensiero alle difficoltà e alle speranze di quei concittadini che hanno pagato di più, che sono stati ultra tartassati dalle manovre economiche degli ultimi anni, con l’effetto sociale dell’impoverimento e delle maggiori diseguaglianze, mentre le voragini di spesa, la corruzione, e l’evasione si ingigantiscono senza rimedio.

 

 


La proposta della Giannini di introdurre nella scuola primaria l'insegnamento di una disciplina in lingua inglese viene bocciata senza appello dal pedagogista Benedetto Vertecchi, docente di Pedagogia sperimentale presso l'Università Roma Tre. Proprio in queste ore, infatti, Vertecchi ha pubblicato nel suo blog un breve ma incisivo intervento dal titolo "Là dove 'l sì suonava"
La sua tesi è semplice e lineare: "Nelle scuole - sostiene il professore -sono sempre più rare le dotazioni che comportano esperienze percettive, organizzative, progettuali (le collezioni naturalistiche, iconografiche, le biblioteche – reali, non virtuali -, i gabinetti scientifici, gli spazi teatrali, le sale da musica). Sempre più trascurate le attività che comportino trasformazioni (laboratori) o interazioni con la natura (per esempio, il giardinaggio). In fondo a questa china c’è il disfacimento della capacità di usare la lingua italiana”.
“Rettori a caccia di lustrini e ministri che spesso come rettori si erano già insigniti di quei lustrini – ironizza Vertecchi - tablerondisti che si intendono di educazione come della coltivazione dei pomodori su Marte, prima hanno sostenuto l’opportunità di impartire l’insegnamento in inglese nelle università, ora vanno sostenendo la necessità che per parte dell’attività didattica si usi tale lingua già al livello primario. Hanno mai riflettuto questi signori sulle conseguenze delle loro scelte?”
Vertecchi non ha dubbi e sostiene che sarebbe ormai il caso di promuovere, non solo nelle scuole, ma nell’intera società, iniziative per la diffusione della conoscenza della lingua italiana, della letteratura, dell’arte, della musica.
E cita Galileo Galilei e la sua limpida prosa; ma quanti – si chiede – hanno mai letto un rigo delle sue opere e quanti sarebbero in grado di comprendere qualche pagina del “Dialogo sopra i massimi sistemi” ?
Anche su Facebook la proposta del Ministro raccoglie critiche.
E chi entra nel merito della questione ricorda che per insegnare una disciplina in lingua inglese occorrono competenze e capacità particolarmente elevate.
Senza contare che il metodo CLIL sta incontrando difficoltà ad essere applicato nella secondaria di secondo grado perché mancano insegnanti formati. Come sia possibile estenderlo alla primaria è un vero mistero.