"La scuola digitale non sarà di Stato" di P.A. La Tecnica della Scuola 28.10.2013 La ministra Carrozza, in una intervista al Corriere, spiega la sua idea di scuola 2.0: no a obblighi sugli e-book, ma sconti fino al 30% per i docenti che adotteranno testi digitali. Software aperti e no a monopolisti dell'hardware. Cambio di marcia anche sulle Lim
“La scelta di cancellare l’obbligo di adozione dei libri digitali
prevista nel 2014-2015, risponde a una visione per cui la
digitalizzazione dei processi di insegnamento e apprendimento non si
può imporre dall’alto, ma va sostenuta nel rispetto delle
specificità e dei bisogni dei singoli istituti”, dice la ministra
dell’istruzione Carrozza. Ma il vero aspetto innovativo, dice Carrozza, presente nel decreto, è “il provvedimento che contiene le linee guida sul libro del futuro che dovrà essere sempre meno di carta, ma soprattutto fruibile su tutti i supporti digitali - tablet, pc, lavagne interattive di produttori diversi - in modo da lasciare la massima libertà d’acquisto a famiglie e insegnanti. In questo modo si apre la strada al software open source, alla collaborazione fra istituti, alle reti di scuole sui territori. Io credo fermamente che il libro digitale possa rappresentare una grande opportunità di crescita e progresso per la nostra scuola solo se sarà vissuto in modo aperto e progressivo da tutti gli attori del sistema scolastico”. Per finanziare tale operazione, spiega la ministra, “questa non è una fase in cui si possono erogare fondi ad hoc. Ma, allo stesso tempo, non è un momento in cui possiamo permetterci di distrarci sul tema del digitale. Per quanto riguarda il primo punto ricordo che - sempre nel decreto e-book - si è deciso di abbassare da subito i tetti di spesa nelle classi dove i costi per la dotazione libraria sono solitamente più elevati. Nel 2014/2015, infatti, nelle prime della secondaria di primo grado e nelle prime e terze della secondaria di secondo grado, i tetti saranno ridotti del 10% laddove i libri richiesti saranno in versione mista, in parte digitali, in parte cartacei. Se invece, nelle stesse classi, i docenti decideranno di adottare solo libri digitali il tetto di spesa sarà ridotto del 30%. Allo stesso tempo bisogna trovare modi di innovare, abbassando il costo per lo studente. E l’open source può aiutare in questo senso”. “I software utilizzati per i libri digitali dovranno essere aperti e interoperabili, fruibili con la stessa qualità, cioè, su tutti i supporti elettronici - dai computer ai tablet - in commercio per lasciare libertà di scelta alle famiglie e ai docenti nell’acquisto. E l’open source non impatta positivamente solo sulle tasche delle famiglie e sulle finanze delle scuole, ma anche sulla creazione di un vero e proprio ecosistema dell’innovazione che può dare chance anche alle start up italiane”. Inoltre, continua Carrozza: “Nella mia idea di scuola non c’è posto per i monopolisti. Dobbiamo dare a tutti i player, anche i più piccoli, la possibilità di entrare nel mercato. Come ministro devo garantire a tutti gli studenti italiani una formazione di qualità e, allo stesso tempo, che ci sia un mercato liberalizzato, dove la nuova imprenditorialità abbia il posto che si merita. Quindi, a mio avviso, la partita della scuola la vincerà chi sarà in grado di elaborare prodotti didattici a costi accessibili, funzionanti su tutte le piattaforme, ma che non metta in secondo piano la qualità, che deve essere “validata” dagli insegnanti”. Inoltre, continua Carrozza “dobbiamo cambiare rotta rispetto all’idea della Lim di Stato”, e non solo perché mancano fondi, ma anche “perché è finita l’epoca in cui si acquistano piattaforme di Stato, questo è il punto. È più sensato, dal punto di vista strategico ed economico, dotare le scuole di un fondo per comprarsi la lavagna interattiva del modello e della marca che ritengono più adatta, eventualmente”. Per questo è importante mettere “in campo azioni di procurement avanzato che coinvolga anche i privati, grandi o piccoli che siano, interessati ad investire nella scuola. L’ecosistema dell’innovazione scolastica che ho in mente non fa solo innovazione di prodotto ma anche di “fund raising”. Poi si può lavorare per defiscalizzare le donazioni dei privati alle scuole, ad esempio”. “Gradualmente continueremo a cercare altri fondi provando, anche qui, a far intervenire i privati. Ma il principio che muove è sempre quello di rendere le scuole autonome da questo di vista”. “Come per la scuola anche per le smart city vale lo stesso discorso: il ruolo dei governi è stimolare un ecosistema dell’innovazione e non dirigerla dall’alto”. |