Il senso delle prove di Roberto Ricci e Paolo Sestito, La Voce.info 6.7.2012
Milena Petrocelli
contesta tre aspetti dell’utilizzo delle
prove Invalsi: il fatto che una di queste sia parte
dell’esame di terza media, un momento già di per sé “critico” per i
ragazzi che vi si sottopongono e che quindi, a suo dire, dovrebbe
essere semmai reso meno e non più difficile; il fatto che, in quella
sede, la prova Invalsi contribuisca a determinare (per non più di un
sesto) il risultato finale dello studente (la critica qui però in
parte si amplia, perché tocca la questione se le prove Invalsi, in
generale e non solo quelle effettuate alla conclusione del primo
ciclo d’istruzione, possano essere sufficienti a “valutare le
scuole”, che è questione diversa dal contribuire a valutare gli
studenti); il fatto che valutare studenti stranieri sulla base della
abilità a destreggiarsi con l’italiano sia “ingiusto”.
Si tratta di una
domanda senza risposta univoca: lo scopo primario di un esame
in un momento di passaggio come quello dal I al II ciclo senz’altro
non è quello di impedire l’accesso a quest’ultimo del maggior numero
di soggetti. La mistica
dell’esame che deve esser facile e
non selettivo e tanto più facile in quanto si tratta di ragazzi che
non hanno ancora mai sostenuto un esame, è però poco convincente.
Con tutta la gradualità del caso, è giusto o non è giusto che i
ragazzi di 14 anni capiscano che non sempre tutto nella vita è
facile e che invocare l’aiutino (il 6 politico, si sarebbe detto una
volta) non è sempre possibile e soprattutto non è la soluzione di
tutti i mali? Nello specifico, le prove Invalsi nell’esame di terza
media sono frutto di una selezione (il cosiddetto pretesting)
che, a differenza delle prove tradizionali, che pure sono parte
dell’esame e vengono predisposte dalle singole commissioni di esame
(composte dagli insegnanti del ragazzo con l’aggiunta di un
presidente esterno), consente di evitare domande “troppo facili” o
“troppo difficili”. Certamente alcune singole domande sono più
difficili delle altre, ma è la naturale conseguenza del fatto che le
prove non sono pensate per dire se il candidato abbia o meno
superato una data asticella - con un livello arbitrariamente fissato
più in alto o più in basso - ma cercano di descrivere più nel
continuo (e con riferimento a diversi aspetti e sottoambiti) le
competenze dei candidati. I voti derivati dalle prove Invalsi vanno
infatti da 4 a 10 ed è perciò
naturale che per definire chi possa arrivare a 10 vi debbano essere
anche alcuni quesiti più complessi. (1)
Ovviamente niente è perfetto, e ben vengano le discussioni sui
contenuti concreti delle singole domande al fine di perfezionarle.
(2)
L’unica prova Invalsi
che viene conteggiata nella valutazione dei singoli studenti è
quella che viene effettuata nell’ambito dell’esame di licenza media.
Ciò avviene solo in quota parte.
Se la frazione a suo tempo scelta sia quella giusta, non spetta a
noi dirlo e senz’altro si può discutere della cosa. Senz’altro però
sarebbe sbagliato se l’intero esame, o più in generale, anche in
altri gradi scolastici, l’intero giudizio e scrutinio dei singoli
ragazzi fosse basato sulle prove Invalsi. Queste riguardano due
ambiti, esaminati per la loro funzione trasversale oltre che nei
loro contenuti disciplinari, ma comunque solo due ambiti. Come tutte
le prove, possono essere poi influenzate da avvenimenti particolari
del singolo momento (un ragazzo che quel giorno stia meno bene, sia
emozionato e così via). È quindi senz’altro da evitare di caricare
di eccessivi significati le prove Invalsi per i singoli ragazzi: si
rischierebbe tra l’altro di accentuare fenomeni deleteri, come il
cheating o l’addestramento alle prove. Ma se le prove Invalsi
hanno i vantaggi ricordati sopra, perché sminuirne il significato
dicendo che non debbono, in nessun grado scolastico e in nessun
caso, essere utilizzate anche per valutare i singoli studenti, sia
pur solo in parte e con tutte le cautele del caso? La soluzione oggi
esistente nell’esame di licenza media, che combina elementi diversi,
pare ragionevole. Si può discutere e meglio precisare i contorni
dell’esame di terza media nel suo assieme, ma perché azzerare al suo
interno quel ruolo e quella funzione della prova Invalsi? Perché
lasciare solo alle prove tradizionali – differenziate tra istituto e
istituto e spesso ancora molto nozionistiche – la funzione di
chiarire quali siano le competenze
a cui le scuole dovrebbero tendere? (3)
L’Invalsi non ha mai
fatto e non intende fare graduatorie pubbliche di scuole sulla base
delle prove. La funzione di queste è quella di fornire alla
singola scuola, alle diverse
componenti che operano al suo interno, uno specchio che possa
aiutarle a conoscersi meglio per potersi poi migliorare. Se poi la
singola scuola vorrà “farsi pubblicità” sulla base dei risultati
Invalsi è libera di farlo (anche adoperando gli strumenti tecnici
definiti dal ministero, in primis il cosiddetto “scuola in chiaro”):
l’Invalsi intende però prevenire forme di “pubblicità
ingannevole”, in cui ad esempio una scuola in cui le
prove non vengano svolte correttamente metta poi in bella mostra
risultati ottenuti con tecniche quasi truffaldine o in cui una
scuola esponga i propri buoni risultati in una classe o in un grado,
ma omettendo il fatto che i propri studenti già partivano da una
condizione di vantaggio. Senz’altro gli studenti stranieri hanno maggiori difficoltà nell’uso della lingua italiana. Ma chiudere gli occhi di fronte a questa realtà, esentandoli da una certa prova che cerchi di precisare la natura e l’entità delle difficoltà o dandogli un consolatorio 6 politico, non servirebbe a molto. Rischierebbe anzi di indurre a ritenere che per questi studenti i target debbano essere “diversi”. A noi sembra che la necessaria gradualità nel perseguimento di un certo obiettivo non debba essere confusa con la ghettizzazione insita nella fissazione di una sorta di target di serie B.
(1) Per essere respinti nell’esame di terza media non basta aver sbagliato solo la prova Invalsi, anche perché il voto minimo di ammissione all’esame, che conta anch’esso per un sesto in sede di esame, è pari a sei. La descrizione dei profili di competenza in funzione dei voti, da 4 a 10, della prova nazionale 2012 si trova all’indirizzo http://www.invalsi.it/esamidistato2012/documenti/Prime_evidenze_PN2012.pdf. Nel documento è descritto che cosa sa fare un allievo che abbia conseguito un certo voto e che cosa non sa fare. Inoltre, la suddivisione delle domande in blocchi (A, B, C) in funzione del livello crescente di competenza misurato e di difficoltà, permette di costruire un quadro ricco, e comparabile anche al di fuori della singola classe, dei livelli di preparazione raggiunti in alcuni ambiti fondamentali per la crescita culturale dell’individuo. (2) L’Invalsi sta cercando di potenziare la propria capacità di costruzione di quesiti rilevanti e ben fatti e sollecita la collaborazione in primo luogo dei docenti. Anche quest’anno, perciò, l’Istituto organizza una “scuola per autori” con oltre 200 docenti per favorire una più ampia partecipazione di chi opera concretamente nel mondo della scuola al processo di creazione delle prove. L’obiettivo è anche quello di pervenire all’aggiornamento del quadro di riferimento delle prove, in vista della costruzione di una banca di domande (item bank) dalla quale di volta in volta poter attingere per la costruzione delle prossime prove del Servizio nazionale di valutazione. (3) Le enunciazioni degli orientamenti (cfr http://www.istruzione.it/alfresco/d/d/ workspace/SpacesStore/701c1b68-2184-431a-8e1c-e281acec4ab9/indicazioni_ nazionali_bozza_pubblica.pdf) rischiano di essere troppo generali. Ciò impone all’Invalsi uno sforzo di raccordarsi, non solo con le indicazioni ministeriali, ma con il mondo della scuola nel suo assieme, di cui le prove cercano di essere l’espressione. Proprio per questo, la Prova nazionale è costruita a partire da un quadro di riferimento (http://www.invalsi.it/esamidistato2012/) coerente con le predette indicazioni e che trova piena conferma anche nelle recenti proposte di modifica.Si veda Ponzo, M., Scoppa, V., (2012) “The Good, The Bad, and the Ugly: Teaching Evaluations, Beauty and Abilities”, Dipartimento di Economia e Statistica, Università della Calabria (disponibile su REPEC: http://ideas.repec. org/p/clb/wpaper/201204.html).
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