L’Invalsi è “privatizzato”? di Marco Barone da Reset Italia, 10.1.2012
Domanda: L’Invalsi, è “privatizzato”? La mia risposta è: in sostanza può divenirlo, anzi la strada percorsa sembra essere quella della fiatizzazione dell’Invalsi. Ora vi spiegherò il perchè ed il come. L’INVALSI è l’Ente di ricerca dotato di personalità giuridica di diritto pubblico che ha raccolto, in un lungo e costante processo di trasformazione, l’eredità del Centro Europeo dell’Educazione (CEDE) istituito nei primi anni settanta del secolo scorso. Sul loro sito internet si legge che sulla base delle vigenti Leggi, che sono frutto di un’evoluzione normativa significativamente sempre più incentrata sugli aspetti valutativi e qualitativi del sistema scolastico, l’Istituto: svolge attività di ricerca, sia su propria iniziativa che su mandato di enti pubblici e privati
E lo hanno anche scritto. Ma se ciò non bastasse con il Decreto n. 11 del 2 settembre 2011, con il quale è stato definito lo Statuto dell’Invalsi, all’ Articolo 6 - voce Entrate- si legge che :1. Le entrate dell’Istituto sono costituite: a) dai contributi ordinari a carico del Fondo ordinario per il finanziamento degli enti pubblici di ricerca; b) da finanziamenti e contributi non ordinari finalizzati anche alla realizzazione del PTA dei relativi aggiornamenti annuali; c) da finanziamenti e contributi finalizzati all’attuazione di leggi speciali; d) da finanziamenti e contributi dell’Unione europea e di organismi internazionali; e) da finanziamenti e contributi di Regioni, Enti locali, fondazioni, associazioni, istituzioni; f) dai proventi realizzati per la fornitura di servizi; g) dal ricavato di attività di ricerca svolte, previa la stipula di contratti, nell’interesse di soggetti pubblici e privati, nonché dal ricavato della cessione di diritti di proprietà intellettuale; h) da ogni altra eventuale entrata di qualsiasi provenienza, pubblica o privata, nonché da eredità, lasciti, donazioni e contributi volontari.
Anche questo è stato scritto. Dunque, parliamo dell’Ente di ricerca, sulla carta pubblico, ma che in realtà può, in qualsiasi momento, attivarsi per mandato dei privati ed essere finanziato dai privati. Ovvero proporre il modello di valutazione delle scuole come voluto dai soliti notabili di questo Paese, per realizzare una Scuola che produce profitto, lavoratori e futura èlite dirigenziale.
Chiamasi processo
di fiatizzazione della Scuola Pubblica Statale italiana, di cui
l’Invalsi può divenire uno strumento, anzi forse lo è già, come
ho segnalato con precedente
articolo sul modello di valutazione applicato per i
dipendenti Fiat, o sul processo di Fiatizzazione in itinere con
altro
articolo, ove mi soffermavo in particolar modo sull’operato
della Fondazione Giovanni Agnelli. Ed a proposito della Fondazione Giovanni Agnelli voglio ora evidenziare altre interessanti situazioni non forse poi tanto situazioniste ma ben programmate nel tempo. Nel 2010 si era insediato il comitato tecnico scientifico (CTS) con l’obiettivo di “proporre l’istituzione di un sistema nazionale di valutazione e di miglioramento della didattica”. Il comitato era così composto (in rigoroso ordine alfabetico): Barzanò Giovanna, Biondi Giovanni, Bottani Norberto, Cappello Giancarlo, Cosentino Giuseppe, Gallegati Paola, Gavosto Andrea, Gentili Claudio, Ichino Andrea, Israel Giorgio, Oliva Attilio, Poggi Annamaria, Ribolzi Luisa, Zen Giovanni. Luisa Ribolzi è rappresentante per l’Italia nel Consiglio di Amministrazione dell’OCSE / CERI. E’ stata per due mandati membro del Consiglio direttivo della Fondazione San Paolo per la scuola. E’ stata coinvolta in commissioni ministeriali di vario tipo a partire dal 1995 (commissione sulla valutazione dei dirigenti, ministero Lombardi). Per il ministero Berlinguer ha fatto parte della Commissione dei Saggi e poi del comitato ristretto di sei persone che ha steso le indicazioni sui saperi minimi; per il Ministro Moratti ha partecipato alla Commissione per l’istituzione del sistema di valutazione della scuola e per la realizzazione della parità; per il Ministro Fioroni ha coordinato presso l’Invalsi il gruppo di ricerca sulla valutazione dei dirigenti; per il ministero Gelmini è stata membro della Commissione per la riforma degli Istituti Tecnici. Ovvero è il classico tecnico che non ha colore politico e che lavora per il sistema e nel sistema. In un suo testo (Ribolzi_In_medio_stabat_virtus_-_FGA_WP42.pdf) , pubblicato, guarda caso, e non è il primo, dalla Fondazione Giovanni Agnelli, si legge, tra la pg. 20 e 21, che l’apprendistato, che pure è sempre stato molto diffuso soprattutto in alcuni settori e nell’Italia del Nord, patisce ancora più pesantemente l’etichetta di formazione di serie B:negli anni Novanta, viene considerato soprattutto una forma di assunzione meno costosa, e solo raramente in alcune sperimentazioni di qualità – ad esempio in Veneto, in Lombardia e in Toscana – cura gli aspetti formativi. Proprio per questo, tranne in pochi casi non vi è nessuna sinergia fra le scuole e gli insegnanti della media e i formatori dell’apprendistato e della formazione professionale. Si deve arrivare al 2003 per l’istituzione del cosiddetto “apprendistato in diritto dovere” che consente l’assolvimento dell’obbligo di istruzione, norma evidentemente superata dal prolungamento dell’obbligo scolastico che solo nel 2011, con il testo unico sull’apprendistato, ne vedrà riconoscere il valore formativo. Dunque collaboratrice attiva per l’Invalsi, pubblica opere che vengono più volte richiamate dalla Fondazione Giovanni Agnelli ma anche nel POF dell’Istituto Agnelli, su cui a breve farò una sintetica ma incisiva riflessione. Coincidenze? No. Il fatto che la Fondazione Agnelli si sia occupata specialmente di scuola media un motivo vi deve essere. E questo motivo è dato dal nesso scuola-lavoro. Perchè è proprio in quel ciclo di studi, in quella cerchia di età che si determinerà la formazione decisiva del futuro studente, che potrà divenire un critico, un pensante, oppure un lavoratore o un dirigente aziendale. Ed il fatto che, finalmente a detta loro, l’apprendistato ora è stato riconosciuto come valore fondante la formazione dell’individuo, il dado è più che tratto. E sarà un caso che i quiz Invalsi siano prova di esame proprio alla scuola media? Direi di no. Infatti, guarda il caso non proprio casuale, a pag. 65 del documento EURYDICE dal titolo Prove nazionali di valutazione degli alunni in Europa: obiettivi, organizzazione e uso dei risultati si legge che: Un’ulteriore preoccupazione riguarda le modalità con cui controbilanciare i potenziali effetti indesiderati dei test, come la tendenza ad adattare o limitare l’insegnamento alle parti del programma oggetto d’esame, o di porre troppo l’accento sulle competenze specifiche per il superamento del test. Tali effetti possono essere particolarmente pronunciati nel caso di prove dal peso determinante per alunni o studenti, ma anche per insegnanti e scuole. Ed è un caso che recentemente si è affermato il concetto di invalsione dei libri di testo? Che i docenti per far superare i quiz ai propri ragazzi sono costretti, per forza di cose e di sistema, a prepararli proprio in funzione di quei quiz? E la libertà d’insegnamento? E l’amore per la cultura? Andata in malora. E su cosa dovranno essere preparati gli studenti che devono fare, obbligatoriamente, ad oggi, per le sole classe di esame, non per tutte le altre situazioni, i quiz dell’Invalsi? Beh, se l’Invalsi verrà finanziato dai privati, visto e rilevato che la legge lo consente, se l’Invalsi effettuerà ricerche su mandato dei privati, visto che la legge lo consente, il quadro è chiaro. Gli studenti dovranno essere preparati e formati sulla base delle necessità richieste dal mercato e dai capitalisti. Questa non è ideologia, è una mera constatazione della realtà. Se vogliamo avere una sorta di anticipazione su come può divenire la Scuola Pubblica Italiana, vi suggerisco di leggere il POF dell’Istituto Agnelli , documento pubblico e pubblicato sul loro sito,da pagina 28 in poi, ed è interessante notare come si realizza il processo di valutazione interna ed esterna che coinvolge docenti e studenti, ma anche le famiglie, per non parlare dei rapporti tra scuola e mondo del lavoro. Ma suggerisco anche di leggere quanto pubblicato dall'istituto “Virginia Agnelli” che è una Scuola Cattolica Salesiana. Sul loro sito si legge che da anni la Scuola Primaria aderisce alla valutazione INVALSI per confrontarsi con gli standard nazionali e nel 2006 ha ottenuto la Certificazione di Qualità (norme ISO 9001: 2000) monitorata nel tempo dalle visite Ispettive r rinnovata secondo le norme ISO 9001 – 2008 nel dicembre 2009. Ai fini della valutazione globale della scuola e dei processi attivati, prima del termine dell’anno scolastico, viene fatto pervenire a tutte le famiglie un apposito questionario per valutare la qualità del servizio in merito ad alcuni aspetti di tipo amministrativo, organizzativo ed educativo. Esso viene compilato in forma anonima e consegnato chiuso ai docenti che provvedono ad elaborare i risultati per utilizzarli come strumento di verifica e stabilire le eventuali azioni correttive da intraprendere. L’esito del questionario è valutato anche dal Consiglio della Scuola e comunicato alle famiglie attraverso una sintesi grafica e una relazione affissa in bacheca e inserita nel sito dell’Istituto. L’intero processo educativo – didattico annualmente è monitorato attraverso il Riesame della Direzione che individua obiettivi di miglioramento e indicatori di efficacia. Vi ricorda qualcosa ciò? Ed allora, come prima e più di prima, ribadisco, no alla Fiatizzazione della Scuola Pubblica Statale italiana, no all’Invalsione della Scuola Pubblica Statale italiana. |