I bamboccioni e la bufala da 12 miliardi

di Alessandro Ferretti Il Fatto Quotidiano, 30.1.2012

Brivido, terrore, raccapriccio!! Ieri sera navigavo quietamente in rete quando d’improvviso mi imbatto in una notizia sensazionale, di quelle che ti cambiano la serata. “Laureati fuori-corso e bamboccioni costano parecchi miliardi di euro”, e subito sotto: “I conti dicono che la spesa per lo Stato è di 12 miliardi l’anno”.

12 milardi di euro? E’ una cifra enorme! Con quei soldi ci si potrebbe togliere lo sfizio di costruire un ponte di Messina all’anno e avanzerebbero ancora soldi per quadruplicare l’investimento pubblico in ricerca e innovazione in Italia. Oppure, si potrebbe regalare 10 mila euro l’anno ad ogni studente universitario in corso in Italia: ricchi, poveri, ghepardi, bradipi, padani o extraterrestri che siano! Ma è possibile che per risparmiare una simile fortuna sia sufficiente sterminare i fuoricorso??

La risposta è ovviamente no, anzi: il fatto che i fuoricorso gravino sulle casse dello stato è una leggenda metropolitana. Il numero, le dimensioni e quindi le risorse “consumate” dai corsi di laurea dipendono dal numero degli studenti che si immatricolano, e non dal tempo che impiegano a laurearsi. I fuoricorso di norma seguono ciascun corso e/o laboratorio una volta sola, esattamente tanto quanto i regolari: non ripetono l’anno come al liceo, ma semplicemente diluiscono (per i motivi più vari) nel tempo la loro carriera universitaria.

La loro laurea costa quindi alla collettività praticamente la stessa cifra di quella di uno studente regolare: forse alcuni affolleranno un po’ più a lungo le aulette studenti (dove ci sono), ma pagano più a lungo le tasse (spesso maggiorate!) per ottenere il medesimo “servizio”: gli unici che ci rimettono sono loro. Anche se tutti i fuoricorso venissero internati in campi di rieducazione ad edificare monumenti equestri a Martone il fustigatore non si risparmierebbe un bel nulla.

Ma allora da dove viene fuori questa cifra assurda? Per farcela sono richiesti due passaggi e una fantasia al limite del lisergico.

Il primo è di una semplicità assoluta. Si prende il costo medio per studente, lo si moltiplica per il numero degli studenti fuoricorso (un terzo, secondo i loro dati) e si definisce il risultato “euro bruciati”. Due numeri, un’operazione aritmetica, una definizione: ecco che compaiono magicamente i primi 4,4 miliardi di euro “sprecati”, un terzo delle risorse.

Il secondo invece è meno elegante: dati a casaccio, senza fonte. Si afferma che su 290.000 laureati ben 215.000 (il 75%) sono “all’estero o disoccupati”: necessariamente ne consegue che i tre quarti delle lauree sono sprecate. Il database Almalaurea afferma però il tasso di disoccupazione a tre anni dalla laurea è del 7.1%, quindi se Repubblica ha ragione altro che fuga dei cervelli, qui c’è stato un esodo di proporzioni bibliche: quasi 7 laureati italiani su 10 sono all’estero e non se n’è accorto nessuno!

Dulcis in fundo, i tre quarti “calcolati” in fase due vengono elegantemente sommati al terzo “calcolato” in fase uno e totalizziamo così un record mondiale: sprechiamo ancora più soldi di quanti ne investiamo, un euro e 8 centesimi per ogni euro: maledetti fuoricorso!

Un dubbio mi assale: e se gli unici soldi sprecati fossero quelli che hanno pagato gli studi all’ineffabile matematico di Repubblica?