UNIVERSITA'
Laureati fuori-corso e bamboccioni L'infelice uscita del sottosegretario Martone sugli "sfigati" (quelli che non hanno ancora finito gli studi a 28 anni) ha scatenato polemiche. I conti dicono che la spesa per lo Stato è di 12 miliardi l'anno Salvo Intravaia la Repubblica, 29.1.2012 "Sfigati" e "bamboccioni" ci costano 12 miliardi l'anno. Ma non è sempre colpa loro. Sono oltre 400 mila i giovani tecnicamente "sfigati", come li ha recentemente definiti Michel Martone1, che frequentano le università italiane. E forse parecchi di più. L'infelice uscita del sottosegretario al Lavoro sui tanti ragazzi ancora alle prese con esami e tesi di laurea, ma non ancora laureati a 28 anni, ha suscitato mille polemiche, anche perché una percentuale sempre più alta di dottori italiani una volta laureati restano al palo per effetto della crisi e della disoccupazione giovanile. Ma il problema esiste senz'altro: il prolungamento della permanenza tra le aule universitarie oltre il corso ordinario degli studi si traduce in un'enorme spesa pubblica che ricade sulle spalle dei cittadini. Gli "sfigati". Nell'anno accademico 2009/2010, erano il 22,9 (412 mila) per cento del totale. Si tratta della percentuale di ragazzi e ragazze con almeno 27 anni di età, che nella migliore delle ipotesi conseguirà l'agognato pezzo di carta a 28 anni. In genere, l'ingresso all'università avviene a 18 o 19 anni, subito dopo il diploma della scuola superiore. E a 27 anni sono già otto oppure nove, gli anni di permanenza all'università. Ci sono poi i "semi-sfigati", coloro che hanno 25 o 26 anni, ma si trovano ancora nel tunnel: un altro 11,2 per cento. Tra questi ultimi potrebbe esserci anche qualche studente lavoratore, che più probabilmente albergherà tra quel 14,7 per cento di over 30, non più giovanissimi ma ancora alle prese con esami e statini.
I laureati fuori-corso.
Il problema dell'allungamento oltre il regolare corso degli studi
può essere dovuto a diversi fattori. In genere ci si blocca per una
o due materie "disgraziate" sulle quali si resta impigliati per
mesi, ma ci sono coloro che dopo avere studiato alcuni anni, si sono
messi a cercare lavoro, allungando la permanenza all'università, per
evitare di gravare ancora sulla famiglia. In altri casi, il percorso
universitario è particolarmente tortuoso e induce a perdere tempo:
materie che si accavallano, scritti, orali, materie collegate tra
loro e corsi monografici. Sta di fatto che in Italia laurearsi
fuori-corso è più facile che laurearsi in regola. Nel 2010, su 289
mila laureati, il 56 per cento (162 mila) ha finito per prolungare
il percorso oltre il limite massimo. Tra i meno virtuosi troviamo
quelli del gruppo giuridico e del gruppo architettura, col 69 per
cento di laureati fuori-corso. I più rapidi sono i laureati del
gruppo medico: con "appena" 22 futuri camici bianchi in extra time. |