Risposta agli oltraggi di Giordano

Marcella Raiola, 3.10.2010

Le considerazioni che seguono sono in riferimento alla risposta che Mario Giordano ha fornito ad un lettore sul quotidiano “Libero” del 23 settembre u.s., dal titolo “La scuola non è un ufficio di collocamento”.

Malgrado il testo in questione sia dovizioso di dichiarazioni indegne, intrise di luoghi comuni e ostilità preconcetta, sento di dover replicare, in particolare, all’affermazione vergognosa e mortificante che nella scuola resta solo chi non ha le “doti” per adire altre più lucrose e prestigiose carriere: tale convinzione rivela la bassezza morale, l’incoerenza e il semplicismo di chi la esprime, il quale, mentre propone di difendere la scuola dall’assalto di presunti pirati della conoscenza a caccia di una sinecura pagata, mostra di valutare tanto poco la formazione dei futuri cittadini da collocare la scuola al gradino più basso della scala delle attività gratificanti, facendo dell’insegnamento addirittura il contrassegno del fallimento esistenziale e professionale di chi per esso opta!

L’insegnamento si configura, invece, proprio in ragione del suo accanito e interessato svilimento, come una scelta ponderata, fatta per e con passione e senza alcun riguardo alla remunerazione, che evidentemente è l’unico parametro che questi ineffabili ed eruditi censori, apparentemente tanto solleciti delle sorti delle nuove generazioni, sanno applicare per stabilire il valore degli individui e del lavoro, e in base al quale, peraltro, dovremmo concludere che Gino Strada e Madre Teresa sono due falliti, mentre loro, che sicuramente detengono le “qualità” necessarie ad intraprendere le carriere “serie”, imprimeranno e lasceranno al mondo un’impronta di gran lunga maggiore.

Quando la scuola diventa un “ripiego”, lo diventa perché i tentativi fatti per accedere a carriere differenti vengono frustrati dal clientelismo o dalla cooptazione su base “gentilizia” in uso e in atto presso gli atenei, gli studi professionali e le stesse aziende!

Moltissimi giovani studiosi di grandi potenzialità vengono “ricacciati” nelle Graduatorie permanenti da un sistema di selezione universitario viziato e “blindato” dai favoritismi, oppure dalla mancanza assoluta e preannunciata di ogni forma di retribuzione (all’Università si resta “volontari” e “cultori della materia” anche fino a 45 anni, perché non è previsto inquadramento per chi fa ricerca, se non in concomitanza con i rari e già “prenotati” concorsi)… Questo non vuol dire, beninteso, che il mancato ricercatore si trasformi in un pessimo e demotivato professore; anzi: l’esperienza e il metodo maturati vanno ad arricchire e dinamizzare i processi di apprendimento, con grande vantaggio per la scuola e per gli studenti!

Chi apre la bocca e le dà fiato facendo affermazioni prive di senso e senza cognizione alcuna, ignorando i fattori che incidono su una situazione e addossando ogni responsabilità esclusivamente a chi la vive e la subisce, di solito è una persona superficiale, disonesta o invidiosa, che ha bisogno di “crearsi un nemico” o di sentirsi superiore a qualcuno per esorcizzare e superare limiti feroci o frustrazioni proprie…

A questa gente piccola piccola, che della scuola e dell’immane fatica di “costruire significati e valori” assieme a giovani che essi rendono ostili e violenti, incitandoli, con la denigrazione, a ripudiare e rifiutare ogni sforzo di storicizzazione, riflessione e contestualizzazione, chiedo che provi ad allargare un po’ gli orizzonti mentali e culturali o (più facile alternativa), che cambi capro espiatorio, perché noi professori, a dire il vero, abbiamo ampiamente dato e siamo arcistufi di sprecare tempo prezioso per coprire il suo puzzolente vomito.