Un prof risponde alle offese di Mario Giordano
nei confronti di tutti i docenti

Su Libero (quotidiano) del 23 settembre 2010 il giornalista Mario Giordano, replicando a un lettore a proposito di scuola e insegnanti (in particolare precari), ricorre al consueto repertorio di insulti nei confronti dei Docenti, trattandoli peggio di come Stalin trattava gli intellettuali al tempo delle purghe. Gli risponde per le rime un Docente, con le sue stesse affilate parole. Chi di penna ferisce…

ottobre 2010.

LA LETTERA DI UN LETTORE A LIBERO:

Libero 23 settembre 2010 pag. 31 La scuola non è un ufficio di collocamento...

Laltro giorno leggendo larticolo in merito allo sciopero dei precari a Messina è riaffiorato nella mia mente un dubbio che voglio condividere con lei. Questi precari che esercitano il loro sacrosanto diritto allo sciopero sono allaltezza del loro compito che con tanta energia rivendicano? Vale a dire, sono capaci di insegnare alle nuove generazioni? Non credo. Pertanto, a mio modesto parere, una possibile soluzione potrebbe essere quella di far sostenere, ai 220 mila precari, un esame di cultura generale sufficiente a scremare più del 50% dei candidati. Ai restanti assegnerei le cattedre dei professori vicini alla pensione, ma soprattutto toglierei la cattedra a coloro che svolgono, oltre alla professione di insegnante, quella di libero professionista. Cosa vuole, del resto Longanesi diceva: «Tutto ciò che non so lho imparato a scuola», ovviamente scuola con la c non con la q.
 

Nicola Chiti



LA RISPOSTA DI MARIO GIORDANO:

Sì. Longanesi diceva proprio così: «Tutto ciò che non so lho imparato a scuola». E Bertolt Brecht, dal canto suo, scriveva: «Durante i miei nove anni alle superiori non sono riuscito a insegnare nulla ai miei professori». Giovanni Papini nel 1914 pubblicò uninvettiva intitolata: Chiudiamo le scuole. Ma sarebbe pericoloso , se non altro perché, come sosteneva Chesterton «senza istruzione corriamo il rischio di prendere sul serio le persone istruite». Basta così, però, con le citazioni: sulla scuola non è più tempo di scherzare. Mi spiace molto per i 220mila precari, ma lerrore non è stato di non assumerli adesso: è stato di illuderli in passato. Tutte le statistiche, infatti, confermano che lItalia è il Paese che ha il numero maggiore di insegnanti sia in rapporto agli studenti (ce ne sono 9,1 ogni 100 studenti, in Germania solo 6,6, in Gran Bretagna 6,9, in Francia 8,3, negli Stati Uniti 6,5) sia in rapporto alle ore dinsegnamento (sono 594 per un prof delle superiori italiane contro le 705 del suo collega tedesco o le 1080 del suo collega americano). Che ci fanno altri 220mila insegnanti in lista dattesa? Chi li ha illusi che la scuola fosse un ufficio di collocamento, anziché un luogo di trasmissione della cultura? Sono convinto che tra quei 220mila ci sono molti giovani preparati, per carità. Ma ci sono anche molti che non superebbero lesame che lei propone. E soprattutto sono convinto che questo sistema che allunga allinfinito lattesa di centinaia di migliaia di giovani sia quello che tecnicamente si può definire uno perfetto strumento di selezione dei peggiori. Ci pensi, caro Chiti: chi resta a sognare un posto da professore per anni e anni, fra disagi e graduatorie e risicate supplenze? Solo chi non ha altre prospettive, è evidente. Gli altri, quelli più bravi, quelli dotati di qualche talento e abilità appena possono intraprendono altra strade. Poi ci si stupisce se in cattedra ci vanno persone sbalestrate e impreparate, quelle convinte che gli indiani d'America furono messi nelle conserve e che la Russia di Stalin deportò molte persone nei gulash. Per quanto riguarda i professori con il secondo lavoro, poi, sono perfettamente d'accordo con lei: ce ne sono troppi. E da troppo tempo la fanno franca, umiliando la fatica di chi , invece, alla scuola dedica tutta la vita. Lei pensi che qualche tempo fa a Taranto venne scoperto un docente di filosofia che nascondeva, dietro a lunghi periodi di assenze, la gestione niente meno che di cinque profumerie. Non male no? Critica dello Chanel pratico, fenomenologia del gelsomino. In fondo tra Kant e l'Orèal che differenza c'è? Si tratta sempre di studiare l'essenza….



LA RISPOSTA FINALE DI UN DOCENTE:

Mio malgrado, sono costretto a confessarlo: sono un Docente. Dunque un fallito ed un ignorante, secondo l'ineffabile "giornalista" che ha vergato questa illuminata risposta. Mi congratulo con lui per l'assoluta indipendenza di opinione, che tutti conosciamo, nonché per la sua assoluta lontananza dal pregiudizio e dal luogo comune. Vorrei solo precisare quanto segue.

Sono convinto che anche tra i molti servi fedeli del suo padrone ci sono tanti giovani preparati, per carità. Ma ci sono, anche lì, molti che non superebbero lesame che il signor Nicola Chiti propone. E soprattutto sono convinto che l'attuale assetto del "giornalismo" italiano, che allunga allinfinito lattesa di centinaia di lacchè, smaniosi di guadagnare bene a danno della verità, sia quello che tecnicamente si può definire un perfetto strumento di selezione dei peggiori. Ci pensi, caro Chiti: chi resta a sognare un posto da "giornalista" per anni e anni, fra disagi e umiliazioni e risicate collaborazioni, facendosi notare per conformismo, disprezzo dell'intelligenza dei lettori, copiatura di veline governative, uso ed abuso dei peggiori cliché da autobus di borgata? Solo chi non ha altre prospettive, è evidente. Gli altri, quelli più bravi, quelli dotati di qualche talento e abilità, appena possono intraprendono altre strade. Magari vanno ad insegnare greco, o latino, o matematica, illudendosi che il Paese dia spazio ai migliori, e non ai leccapiedi da strapazzo. Poi ci si stupisce se in certi giornali-fotocopia ci vanno persone sbalestrate e impreparate, quelle convinte che gli indiani dAmerica furono messi nelle conserve e che la Russia di Stalin deportò molte persone nei gulash. Quelle che il "giornalista" di cui sopra, e solo lui, conosce personalmente.

Buona fortuna, Italia.

Alvaro Belardinelli