Pdl Aprea: i diversi "livelli"
della professione docente
di Gianni Gandola e Federico Niccoli, ScuolaOggi
11.3.2009
Dopo una disamina generale della proposta di legge Aprea (1),
prendiamo in considerazione in questo secondo articolo un altro
punto rilevante della proposta di stato giuridico presentata alla
Commissione Istruzione della Camera: quello riguardante le
“articolazioni della professione docente” (art.17).
Diciamo subito, in via preliminare, che non poche perplessità
suscita il fatto che l’accesso alla professione docente avverrebbe
con l’accesso all’”albo regionale dei docenti” (come per altre
categorie o “corporazioni”, i giornalisti, gli avvocati, ecc.), dopo
conseguimento di laurea specialistica e superamento di un anno di
applicazione, attraverso un apposito contratto di inserimento
formativo al lavoro. Nelle precedenti stesure (Santulli, Angela
Napoli) l’albo era “nazionale”, ora vista l’evoluzione più recente
del contesto politico è “regionale”. Ma soprattutto lascia perplessi
il fatto che una volta iscritti all’albo e a conclusione dell’anno
di applicazione valutato positivamente i docenti verrebbero ammessi
a “concorsi banditi dalle istituzioni scolastiche statali,
con cadenza almeno triennale, secondo le esigenze della
programmazione e al fine di effettuare la copertura dei posti
disponibili e vacanti” (vedi art. 16, Concorso di istituto).
Una modalità di reclutamento questa, da parte delle singole
istituzioni scolastiche, che assomiglia molto a quanto avviene
nel privato (le singole scuole che assumono, attingendo in questo
caso all’albo professionale, all’interno del “libero mercato” del
lavoro). Meccanismi insomma che appartengono più alle scuole private
(magari “paritarie”) che non alla scuola pubblica di Stato e alla
sua tradizione.
Più interessante ci sembra invece la parte relativa
all’articolazione della professione docente. Abbiamo già scritto
ampiamente sulla necessità di valorizzare le risorse e le
professionalità, riconoscendo le differenze, le diversità esistenti
all’interno della categoria. Occorre distinguere diversi livelli
di impegno e di professionalità. Il punto naturalmente sta nel “chi”
stabilisce chi sono i “capaci e meritevoli”…. E sta, anche e
soprattutto, nel definire analiticamente gli indicatori e i
descrittori delle competenze da possedere per entrare nel novero dei
“capaci e meritevoli”. Ad esempio è “più” capace l’insegnante
competente nella propria disciplina o l’insegnante che esercita la
sua funzione con pari impegno sia nella dimensione individuale sia
nella dimensione collegiale? Non si può stabilire con una legge
generica solo le procedure per il passaggio da una categoria
ad un’altra della funzione docente, rimandando poi a
successive determinazioni ministeriali i contenuti delle nuove
professionalità. La valutazione e il controllo dei risultati sono
ancor più necessari nella scuola dell’autonomia di quanto non lo
fossero nella scuola-apparato . La caratteristica della valutazione
deve essere di tipo formativo, perché rivolta all’efficacia ed
all’efficienza delle prestazioni individuali nel conseguimento dello
scopo delle istituzioni scolastiche autonome: il successo
formativo degli alunni .
La proposta di stato giuridico presentata alla Commissione camerale
prospetta tre diversi livelli di professione docente: il docente
iniziale, il docente ordinario e il docente esperto. Questi diversi
livelli “non implicano sovraordinazione gerarchica”. Questo punto è
fondamentale e va rafforzato con esplicite formulazioni che
impediscano, anche in futuro, una deriva verso la gerarchia, che è
decisamente incompatibile con una offerta formativa organizzata sul
modello previsto puntualmente dal dpr 275/99 sull’autonomia delle
istituzioni scolastiche. Alla contrattazione collettiva spetta la
definizione del trattamento economico differenziato da attribuire a
ciascuna delle articolazioni, delle modalità per il passaggio ai
livelli superiori, nonché delle modalità per la valutazione delle
prestazioni di ogni docente ai fini della progressione economica e
della carriera. L’attività del personale appartenente ai livelli di
docente iniziale e docente ordinario è soggetta a valutazione
periodica, ad opera di apposita commissione di valutazione in ordine
a: “efficacia dell’azione didattica e formativa; impegno
professionale nella progettazione e nell’attuazione del piano
dell’offerta formativa; contributo fornito all’attività complessiva
dell’istituzione scolastica o formativa; titoli professionali
acquisiti in servizio”.
La commissione in questione è composta da tre docenti esperti,
eletti all’interno della stessa istituzione scolastica, da un
rappresentante designato a livello regionale dall’organismo tecnico
rappresentativo (art.20) ed è presieduta dal dirigente scolastico.
Il passaggio da docente ordinario a docente esperto avviene, sempre
a domanda, “mediante formazione e concorso volto a verificare il
possesso dei requisiti culturali e professionali dell’aspirante ed
espletato a livello di reti di scuole”.
Al docente esperto sono attribuite responsabilità anche in relazione
ad attività di formazione dei docenti, di coordinamento, di
valutazione interna ed esterna e di collaborazione col dirigente.
Incarichi aggiuntivi rispetto all’insegnamento per lo svolgimento di
“funzioni complesse” possono essere assegnati soltanto a docenti
ordinari o esperti e sono remunerati con specifiche retribuzioni
aggiuntive rispetto allo stipendio maturato (apposito fondo di
istituto). Il passaggio ai livelli di docente ordinario ed esperto è
programmato dal MIUR con proprio decreto che determina annualmente
il contingente massimo di personale docente per ciascuno dei livelli
professionali.
Non è ben chiaro, né si evince facilmente dai commi dell’art.17,
qual è la differenza (in termini di funzioni) tra docente iniziale e
docente ordinario. Inoltre, non si capisce quale funzione viene
assegnata all’Università in tema di formazione iniziale e in
servizio dei docenti : si tratta di una questione di vitale
importanza per evitare formazioni “domestiche” di scarso pregio e
soprattutto non idonee ad affrontare la complessità della
professione docente.
Fatte salve le perplessità (o contrarietà) e i punti di domanda che
abbiamo sopra indicato, che riguardano, ripetiamo, le forme del
reclutamento, l’albo regionale dei docenti, l’indeterminatezza dei
diversi livelli, possiamo sottolineare alcuni punti che invece
riteniamo di un certo interesse.
Innanzi tutto il fatto che si afferma (finalmente) il principio
della valutazione e della verifica delle prestazioni di ogni
titolare della funzione docente ai fini della progressione economica
e di carriera. Il fatto, inoltre, che si accede alla qualifica di
docenti a seguito del conseguimento di laurea magistrale e di
superamento di un “anno di applicazione”. Il fatto che vi è una
commissione di valutazione che si pronuncia in merito
“all’efficacia dell’azione didattica e formativa, all’impegno
professionale nella progettazione e nell’attuazione del POF, al
contributo fornito all’attività complessiva dell’istituzione
scolastica”. Il fatto che, nel passaggio al livello di docente
ordinario si tiene conto anche della valutazione del
dirigente scolastico (verrebbe da dire finalmente!
considerato che al dirigente viene attribuita la “responsabilità”
della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei
“risultati del servizio”, v. art.25bis del decreto lgs. 29/1993
sulla dirigenza).
Trattandosi di una questione delicata, immaginiamo che il disegno di
articolazione/differenziazione della professione docente troverà non
pochi oppositori, anche in settori sindacali. D’altra parte non si
può accettare che esponenti della maggioranza governativa presentino
disegni di legge in una materia che è di stretta pertinenza di
attività contrattuale specifica. Non si può, infatti, pensare che
elementi vitali della professione docente (la valutazione,
l’articolazione della funzione, le modalità di reclutamento,…..)
vengano sottratti alla negoziazione con i rappresentanti dei
lavoratori della scuola, che dovranno essere i protagonisti dei
processi innovativi nella scuola dell’autonomia.
Non tutto quello che sta scritto in questa proposta di stato
giuridico – relativamente a questo punto - ci convince, ma il tema
di fondo (la valutazione dei docenti e il riconoscimento delle
professionalità) è quantomeno posto. Chi ha proposte migliori le
avanzi. Ma senza eludere il nodo di fondo: il “merito” non è una
variabile ininfluente nei processi di innovazione della/nella scuola
!
NOTE
(1) vedi: “La
proposta di legge Aprea: un testo con poche luci e molte ombre”