Caos annunciato nella scuola primaria Gianni Gandola e Federico Niccoli, ScuolaOggi 5.5.2009 In un precedente articolo (“Caos annunciato nella scuola primaria: lo “spezzone” anticamera dello spezzatino pedagogico” (*) abbiamo analizzato –a seguito della pubblicazione delle tabelle organiche per l’a.s. 2009/2010 - i tagli apportati all’organico docenti delle varie scuole elementari milanesi e le conseguenze, sul piano organizzativo, nelle scuole con classi a tempo pieno e ex modulo. Cerchiamo ora di esaminare - in maniera chiara, comprensibile anche ai “non addetti ai lavori”- le ricadute negative di questa contrazione di organici, prevedibili nonostante le affermazioni del ministero (“il tempo pieno resta, addirittura sarà aumentato”, ecc.), su due versanti: il piano dell’offerta formativa delle scuole e le condizioni di lavoro degli insegnanti. Cosa cambia, dunque, rispetto agli anni passati. Abbiamo indicato una diversa tipologia di situazioni nella provincia di Milano: scuole tutte a tempo pieno con un numero ridotto di classi (ove il doppio organico è stato in genere confermato), scuole tutte a tempo pieno con un maggior numero di classi (ove in genere è stato tolto un posto docente) e scuole miste, con classi a tempo pieno e classi ex modulo (ove il taglio è stato più consistente). Vediamo cosa succede, nei dettagli, in tutti e tre questi casi.
1. La situazione peggiore, come
abbiamo detto, è senz’altro quella dei circoli a situazione mista.
Cominciamo da qui. Ricordiamo che nelle classi avviate a modulo
venivano assegnati tre docenti ogni due classi (una media quindi di
1 docente e ½ per classe). Uno di questi insegnava italiano, l’altro
matematica e il terzo l’area antropologica (storia, geografia, ecc.)
in ambedue le sezioni. Queste classi effettuavano sì 27 ore (prima e
seconda) e 30 ore (terza, quarta e quinta) di lezione, ma a queste
si aggiungeva il tempo mensa, per consentire i rientri pomeridiani,
due o tre la settimana. Quindi il tempo scuola degli alunni delle
classi ex modulo in realtà era di 30-33 ore settimanali. Ora, in
base ai posti docenti attribuiti alle scuole, le ore degli
insegnanti assegnati a quelle classi non sono più sufficienti per
coprire tutto quel monte ore, mensa inclusa. Quindi delle due l’una:
o si manderanno a casa i bambini per il pasto, per farli rientrare a
scuola nel pomeriggio o si dovranno utilizzare ore di altri docenti
per poter assicurare il tempo mensa. La prima ipotesi è poco
plausibile, in quanto la mensa a scuola è prassi consolidata da anni
per le famiglie degli alunni ex modulo, e quindi è evidente che
continueranno a richiederla. Resta la seconda ipotesi. Ma a quali
ore si farà ricorso? La risposta è semplice: alle ore di
“compresenza” degli insegnanti delle classi a tempo pieno. 2. Nelle scuole tutte a tempo pieno ove è stato tagliato un posto docente (e quindi il proclamato “doppio organico” in realtà non è stato affatto garantito!) si riproporrà lo sconcertante dibattito nei Collegi docenti cui abbiamo assistito qualche anno fa, in epoca Moratti. E cioè se – per garantire le 40 ore alle future classi prime – si toglieranno le ore di compresenza ai docenti delle prime stesse piuttosto che alle quinte o ad altri interclasse. Qualcuno comunque dovrà andare a “tappare i buchi” in altre classi che non sono le sue.
3. Più favorevole è la situazione
invece di quei circoli, in genere piccoli, tutti a tempo pieno, dove
il doppio organico è stato confermato. Qui le compresenze restano.
La domanda, in questo caso è: per far
che cosa, visto che il Regolamento sulla scuola
primaria prevede l’eliminazione delle compresenze anche nel tempo
pieno? Probabilmente quelle ore resteranno sì “all’interno
dell’istituto”, ma dovranno essere utilizzate per le supplenze
piuttosto che per l’accoglienza degli alunni stranieri. Per quanto riguarda la ricaduta sul piano dell’offerta formativa abbiamo già scritto ampiamente su questo tema per ripeterci. Ci limitiamo a ricordare, soprattutto ai genitori, che con le 40 ore si garantirà sì la permanenza a scuola del bambino dalle 8,30 alle 16,30, ma che senza le compresenze non si potranno più effettuare attività didattiche significative quali i gruppi di recupero, i laboratori, le uscite didattiche (mostre, musei, territorio, ecc.). Tutte quelle attività che richiedevano la presenza di due docenti o per suddividere la classe in piccoli gruppi o per accompagnarla nelle uscite da scuola. La differenza, sul piano della qualità del fare scuola, della cosiddetta offerta formativa, è evidente.
Così come è evidente, da tutto questo
ragionamento, che viene stravolto un modello
pedagogico-organizzativo – sia nel tempo pieno che nelle classi
avviate a modulo – che si fondava sul gruppo docente. Su un
team di docenti - contitolari e
corresponsabili - che garantivano la continuità didattica nelle
classi. Vi sarà invece un avvicendarsi di insegnanti nelle classi:
docenti “prevalenti”, docenti “tappabuchi”, docenti su spezzoni
orari, ecc. con conseguente destabilizzazione della stessa
continuità didattica. Quello che abbiamo definito lo “spezzatino
pedagogico”. Alla faccia della necessità di garantire punti di
riferimento precisi per gli alunni. A meno che si voglia arrivare,
in prospettiva, alla soluzione estrema del maestro unico e delle 24
ore. Ma non sarà facile, perché il mondo della scuola, insegnanti e
genitori, hanno mostrato di non gradire affatto questo ritorno al
passato.
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