La brava maestra Gisella di 70 anni:
 mandiamola in pensione!

di Federico Niccoli, da ScuolaOggi del 29.5.2008

Il quotidiano “La Repubblica” ha pubblicato con una non consueta dose di enfasi una lettera al Ministro degli alunni di una classe quarta primaria di Roma e un commento di Marco Lodoli dal titolo altrettanto strano “salviamo il loro mondo”.

Si tratta, in sostanza, di una classe di bambini che ha avuto un iter abbastanza tormentato di maestre che andavano e venivano e che hanno trovato un solido punto di riferimento nella maestra Gisella, che dovrà essere collocata a riposo per raggiunti e superati (con deroga) limiti di età.

Non ho alcun dubbio sul fatto che la maestra in questione possa essere un’ottima educatrice, di quelle che lasciano il segno. Stupisce, però, il fatto che un giornale come La Repubblica e un fine commentatore come Lodoli si accodino, senza un minimo di riflessione critica, al coro del buonismo dilagante e della richiesta di condoni e deroghe nel nostro Paese, che già è pieno di eroi santi e navigatori.

Esaminiamo la questione sul piano sostanziale e, poi, sul piano delle conseguenze nel caso in cui la “supplica” potesse essere accolta.

Se, com’è molto probabile, la maestra Gisella ha operato con genialità didattica a favore dei bambini di quella classe per ben 4 anni consecutivi, è davvero pensabile che l’ingresso di una nuova maestra, magari giovane e motivata, possa rovinare “l’opera”? I processi di crescita dei bambini e la loro evoluzione sono sostenuti sicuramente da elementi di continuità, ma anche da momenti di discontinuità. Se così non fosse, ogni volta che sul cammino dei nostri alunni si incontra un insegnante in gamba dovremmo tenercelo per l’eternità.

Lodoli, invece, si abbandona ad un sentimentalismo accorato: «Basterebbe così poco, una briciola di buon senso, un centimetro di lungimiranza e i bambini della quarta elementare della scuola Piaget di Roma sarebbero felici di aver ancora per un anno, l’ultimo, la loro vecchia maestra!»

Questa fiducia smisurata nelle virtù salvifiche di una sola persona (non si sa poi che cosa dovrebbe salvare!) si inscrive di diritto nel solco profondo delle devozioni e dei pellegrinaggi.

Certo, il Ministro si chiama Maria Stella e potrebbe compiere il miracolo. Mi auguro con tutto il cuore che non lo faccia.

“E’ una persona che insegna bene e ci fa divertire. Abbiamo capito in questi anni che lei adora i bambini e ci tratta come figli: lo ha sempre fatto e sempre lo farà”. Così scrivono i bambini e così anche la giornalista suona il suo violino, annotando, senza porsi qualche domanda, che la lettera è ordinata e senza neanche un errore.

I motivi per i quali i bambini si innamorano di un insegnante (chi, come me, per tanti anni è stato dirigente scolastico lo ha sperimentato migliaia di volte) sono svariati: dalla motivazione autentica per lo studio che maestre come Gisella possono indurre, all’amore eterodiretto delle loro mamme, alla simpatia umana, al fatto che il maestro fa molto giocare e chiede poco impegno e a tanti imperscrutabili incidenti di percorso.
La regola generale prevede il pensionamento all’età massima di 65 anni con deroghe possibili fino a 70 anni. Perché si dovrebbe derogare ulteriormente? Perché i bambini amano la loro maestra?

Purtroppo in Italia, la logica spesso aberrante delle graduatorie, del precariato, dei trasferimenti, delle assegnazioni provvisorie costringe moltissimi alunni delle nostre scuole a fare i conti con continui caroselli di insegnanti. Quelli che pagano di più sono quasi sempre i bambini in situazione di handicap e quelli con bisogni educativi speciali. Quante volte capita che un bravissimo, giovane e motivato insegnante di sostegno debba lasciare il posto al cosiddetto “avente diritto” con tanti saluti all’integrazione dell’alunno diversamente abile? Chi si interessa seriamente della continuità dei processi di apprendimento e del “taglio” (non del pensionamento con sostituzione) dei posti in organico per il supporto alle diversità problematiche presenti, e in numero sempre crescente, nelle nostre scuole?

Si sono chiesti Lodoli, la giornalista e la redazione del giornale a quali e quanti imbrogli dovremmo assistere se fosse sufficiente una letterina ben scritta - e grondante buoni sentimenti- a scardinare regole sacrosante?

Non è che tutto funzioni a meraviglia nella scuola, anzi! Dovremo, però, affrontare con la dovuta serietà e con riflessioni approfondite la questione del “quale insegnante per quale scuola”, a partire dalle modalità di reclutamento, della valutazione (o mancata valutazione), del merito e della qualità dei rapporti interni ed esterni ad un’istituzione complessa, che da molti anni non è ben governata.