Il precario vince sul ruolo.

Le supplenze devono andare a chi non ha posto

Antimo Di Geronimo, da ItaliaOggi del 12/6/2007

 

Il supplente con poche ore di lavoro soppianta il docente di ruolo nell'aggiudicazione di altre sostituzioni. Insomma, meglio pagare qualche ora in più a un precario che gli straordinari a uno di ruolo. È questo il principio affermato dal giudice del lavoro di Potenza con una sentenza depositata l'8 giugno scorso (n. 622). La pronuncia sgombra il campo dagli equivoci intervenuti a seguito dell'entrata in vigore dell'articolo 22, comma 4, della legge 448 del 2001: la norma che ha disposto l'assegnazione degli spezzoni ai docenti interni. Questa disposizione, infatti, ha indotto in errore molti dirigenti scolastici, che hanno ritenuto che dovesse essere applicata alla lettera. E ci sono stati addirittura casi in cui intere cattedre disponibili sono state smembrate in spezzoni di sei ore e assegnate un po' per parte ai docenti di ruolo in servizio nella scuola dove si era verificata tale disponibilità.

Il giudice del lavoro di Potenza, invece, ha chiarito che l'apparente contrasto tra l'articolo 22 della legge 448 (la norma che dispone l'affidamento degli spezzoni ai docenti interni) e l'articolo 37 del contratto (la clausola negoziale che sancisce il diritto al completamento per i supplenti) "va risolto in favore dell'applicazione dell'articolo 37 del contratto collettivo nazionale di lavoro", si legge nella sentenza, "in quanto, ai sensi dell'articolo 2, secondo comma, del decreto legislativo n. 165 del 2001, il contratto collettivo del comparto scuola ha il potere di derogare a precedenti disposizioni di legge".

In altre parole, il giudice monocratico ha spiegato all'amministrazione che, quando si tratta di controversie riguardanti il rapporto di lavoro, i dirigenti scolastici devono attenersi prima di tutto alle disposizioni contenute nel contratto. Perché da quando il rapporto di lavoro è stato contrattualizzato, le norme di legge che riguardano il rapporto di lavoro sono subordinate alle norme contrattuali. Più propriamente: le norme di legge che regolano il rapporto di lavoro sono da considerarsi alla stregua di norme di diritto privato.

Ciò perché l'articolo 2 del decreto legislativo 165/2001 dispone che "possono essere derogate da successivi contratti o accordi collettivi e, per la parte derogata non sono ulteriormente applicabili, salvo che la legge disponga espressamente in senso contrario". Insomma, è come se in ogni norma di legge fosse stata inserita una formula del tipo: "Salvo diversa disposizione contrattuale".

Per dirla in termini più tecnici: tutte le norme che regolano il rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici sono da considerarsi norme dispositive (derogabili).