Infanzia e Adolescenza:

Rapporto EURISPES - Telefono Azzurro 2004.

 

da Territorio Scuola del  19 Novembre 2004

 

Introduzione - Negli anni della loro collaborazione, giunta ormai alla pubblicazione del Quinto Rapporto sulla Condizione dell’Infanzia e dell’Adolescenza, Eurispes e Telefono Azzurro hanno visto crescere sempre più la domanda di comprensione e interpretazione dell’universo giovanile da parte degli organismi sociali, dei mezzi di comunicazione e delle Istituzioni. Spesso, alla crescente attenzione verso le problematiche che coinvolgono i bambini e gli adolescenti si è accompagnata anche una precisa volontà di intervento, sia da parte delle Istituzioni che delle parti sociali: segno che il monitoraggio costante dei fenomeni giovanili contribuisce alla costruzione di una più diffusa consapevolezza dei diritti dei minori e ad una migliore organizzazione degli sforzi e delle iniziative.

 

Il Quinto Rapporto ribadisce la scelta di concentrare l’analisi sociale e il monitoraggio territoriale intorno alle tematiche tradizionali già approfondite in passato (diritti violati, ascolto ai bambini e agli adolescenti in difficoltà, salute mentale, devianza minorile, rapporto con i nuovi media, ecc.).

Quest’anno, tuttavia, le abituali aree di indagine relative al disagio e all’abuso approfondiscono ulteriormente l’ottica internazionale che Eurispes e Telefono Azzurro hanno sempre coltivato fin dall’inizio della loro collaborazione, e si imperniano attorno ad una domanda fondamentale: se pensiamo alla salute mentale, al disagio e all’abuso, che cosa contraddistingue maggiormente bambini e adolescenti europei rispetto a quelli appartenenti ad altre culture?

Questo interrogativo si rivela uno strumento euristico efficace per distinguere le emergenze vecchie e nuove di cui soffrono i minori stranieri da quelle che minacciano i bambini e gli adolescenti nel contesto economico e culturale occidentale.

Dall’abuso e dal maltrattamento, l’interesse di Telefono Azzurro e Eurispes, sollecitato dalle ricerche condotte a livello internazionale, si è esteso negli anni a nuove tipologie di trauma: tra queste, i disastri naturali, le guerre e gli attentati terroristici.

Allo stesso tempo, la multiculturalità ci obbliga ad una riflessione sullo stato di benessere e sulle condizioni di vita dei bambini nei paesi in via di sviluppo, dove i diritti elementari dell’infanzia e dell’adolescenza si infrangono contro la realtà di pratiche inumane le cui implicanze coinvolgono gli stessi paesi occidentali.

Si pensi ad esempio alla tratta dei bambini, ovvero la compravendita e lo sfruttamento di esseri umani rapiti, comprati e sottratti con la violenza o l’inganno dai luoghi di origine (in genere paesi poveri del Sud del mondo) e venduti come schiavi nel ricco Occidente. Sulla scorta delle ricerche effettuate, abbiamo individuato alcune “macrotipologie” della tratta dei bambini, distinte in base alla sua finalità: a scopo di sfruttamento sessuale, di matrimonio precoce o forzato, di sfruttamento lavorativo, di adozioni irregolari, di espianto e commercio di organi, di sfruttamento in ambito sportivo, oppure per farne bambini guerrieri.

Particolarmente gravi i dati sullo sfruttamento sessuale dei bambini, uno dei commerci più promettenti e lucrativi: ogni anno, oltre due milioni di bambini rimangono vittime della prostituzione internazionale. In Italia, ad esempio, il 35% delle 50.000 donne straniere coinvolte nel mercato della prostituzione ha un’età tra i 14 e i 18 anni.

Il traffico di organi infantili destinati al trapianto è ormai una realtà, come ha ammesso il Tribunale permanente dei popoli, in seguito alle denunce pervenute. Nel maggio 2004, in Albania è stata aperta un’inchiesta, dopo la scomparsa di circa 2mila bambini, presumibilmente a scopo di espianto e commercio di organi. È emerso, dalle indagini, anche un listino prezzi” che prevede fino a 50.000 euro per l’acquisto di un neonato maschio e 30.000 euro come costo di un fegato.

Il problema dei bambini guerrieri è particolarmente esteso in Africa (soprattutto nei paesi Sub-sahariani e in Nord Africa), in Asia centrale, Pacifico e America Latina. Ma pochi sanno che alcuni paesi in Europa e negli Stati Uniti accettano nell’esercito minori di 18 anni. Ad esempio, il Regno Unito ha accolto nelle proprie forze armate ragazzi di 16 anni e ha inviato in combattimento i diciassettenni; negli Usa, nel settembre 2000, vi erano 3.289 soldati minorenni; fonti governative attestano l’impiego di minorenni nella Guerra del Golfo, in Somalia e nei Balcani.

In Nicaragua, Uganda ed Etiopia, le percentuali di persone povere che vivono con meno di un dollaro Usa al giorno sono elevatissime e coprono la quasi totalità della popolazione (rispettivamente l’82,3%, l’82,2% e l’81,9%); anche nel Mali e nella Nigeria i tassi sono molto elevati (72,8% e 70,2%). Altrove, come nello Zambia, in Niger e in Burkina-Faso, le percentuali superano il 50% della popolazione totale. Nei paesi poveri, dove i finanziamenti per la sanità e i servizi sociali sono scarsi, sono le fasce deboli della popolazione ad essere le più colpite da malattie con esiti letali. Malgrado i miglioramenti, i paesi in via di sviluppo presentano ancora tassi elevati di mortalità infantile: basti pensare all’Africa Sub-sahariana, dove, nel 2002 si è registrato il valore più elevato di mortalità infantile sotto i 5 anni (174 bambini ogni 1.000 nati, contro i 97 dell’Asia meridionale e i 58 del Medio Oriente e dell’Africa settentrionale).

La povertà che coinvolge i bambini e gli adolescenti, tuttavia, non è un male endemico dei paesi del Sud del mondo, ma è diffusa anche in Italia, come in altri paesi occidentali: secondo le nostre stime nel 2003 si contano quasi due milioni di bambini poveri, la maggioranza dei quali risiede al Sud (circa 1.365mila), a seguire nel Nord (340mila) e al Centro (285mila). L’incidenza della povertà nelle famiglie con minori cresce con l’aumentare del numero di figli, fino a raggiungere il 25,9% tra le famiglie con tre o più bambini (al Sud, questa percentuale arriva addirittura al 32,9%).

Se nella povertà è possibile scorgere una triste continuità, seppure a diversi livelli e con ben altri indici di diffusione, tra il Nord e il Sud del mondo, molto diverse sono le emergenze che investono i giovani occidentali: si tratta, tra le altre, del consumo di stupefacenti in età sempre più precoce, degli incidenti stradali, delle patologie da nuovi media, del bullismo, della dispersione scolastica, ecc.

La diffusione e le modalità di consumo degli stupefacenti da parte degli adolescenti sono da porre in relazione con le tendenze e i modelli socio-culturali dell’universo giovanile, dove spesso predominano la curiosità per le nuove esperienze, la paura della noia e il desiderio di sentirsi parte del gruppo. Questi fattori possono predisporre al consumo delle cosiddette droghe “ricreazionali” (amfetamina, ecstasy, psicofarmaci, Lsd e, soprattutto, cocaina), la cui assunzione rende nell’immediato più disinvolti ed euforici, dando l’illusione di una maggiore facilità di integrazione nel gruppo.

Spesso, tra i giovani, l’approccio alle droghe e all’alcool nasconde una sofferenza psicologica; sono il bisogno di riconoscimento e accettazione da parte dei coetanei a spingere i giovani verso l’uso degli stupefacenti, nella speranza di soddisfare, da un lato, la spinta individualistica all’autoaffermazione e, dall’altro, la tendenza conformistica all’adesione passiva al gruppo dei pari.

Da un’indagine effettuata da Eurispes e Telefono Azzurro nel 2004, emerge che il 28% dei giovani italiani tra i 12 e i 19 anni è venuto a contatto con le sostanze stupefacenti; tra questi, il 3% (corrispondente a circa 138mila adolescenti) ha consumato prevalentemente droghe sintetiche, mentre il 2% del totale, pari a 92mila adolescenti, si è rivolto principalmente alla cocaina.

Molti ragazzi sottovalutano i rischi diretti e indiretti, cioè tutti gli effetti non immediatamente riconducibili all’uso della droga: come ad esempio i disturbi della salute (che si verificano negli anni successivi) o gli incidenti stradali, che costituiscono la prima causa di morte per i giovani tra i 15 ed i 24 anni. Si pensi che nel 2002 il 45,5% delle vittime della strada aveva un’età compresa tra i 15 ed i 39 anni.

Tra le attuali emergenze che coinvolgono i nostri adolescenti, si evidenzia quella relativa alla salute mentale: secondo i dati presentati dalla Commissione Europea e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità a settembre di quest’anno, 1 adolescente su 5 in Europa presenta difficoltà evolutive, emozionali e comportamentali. Un adolescente su otto soffre di un vero e proprio disturbo mentale: tra gli altri, il disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività (Adhd), i disturbi d’ansia e quelli depressivi, i disturbi alimentari, i disturbi pervasivi dello sviluppo, il ritardo mentale.

Tra i disturbi più attuali emerge la Internet Addiction Disorder (Iad) che richiama una sempre maggiore attenzione da parte della comunità scientifica e richiederà, anche in Italia, ulteriori approfondimenti clinici. L’Iad si manifesta con effetti simili a quelli che insorgono tra gli alcolisti: difficoltà relazionali e professionali, sintomi astinenziali. Recenti ricerche hanno dimostrato che, tra gli utenti della Rete nella fascia d’età tra i 15 e i 44 anni, il 22% è a rischio dipendenza da Internet e ne rileva solo gli aspetti positivi, esaltandone l’utilizzo; il 29% è utente abusatore e manifesta problemi psico-fisici che tenta di risolvere immergendosi completamente nella rete; infine, l’11% può definirsi completamente dipendente dalla rete, evidenziando psicopatologie molto gravi (disturbi dissociativi, allucinazioni ecc.). Disaggregando il dato per fasce d’età, la classe più esposta all’abuso risulta quella dei 21-26enni (16%), seguita dai 15-20enni (4%); sempre in questa fascia d’età si colloca l’8% dei soggetti a rischio dipendenza.

Come intervenire? Possiamo aspettarci che un disturbo mentale si risolva con la crescita? I disturbi psichiatrici in età evolutiva difficilmente hanno una remissione spontanea. Non solo tendono a presentare un’elevata persistenza nel tempo, ma se non vengono precocemente individuati e trattati possono essere causa di un difficile adattamento sociale in età adulta. Le implicazioni sono quindi a lungo termine, sia per la sofferenza individuale che comportano, che per i costi a carico del sistema sanitario e della società.

Qual è la capacità di risposta del nostro servizio sanitario a questa domanda? Quanti dei bambini che soffrono di depressione o di Adhd accedono ai sistemi di cura? È facile per un bambino accedervi? In relazione a quest’ultimo quesito, ricerche internazionali drammaticamente rivelano come solo il 20% della popolazione infantile con una sofferenza mentale arrivi ai servizi di consultazione. Tali sollecitazioni dovrebbero indurci a predisporre più avanzati strumenti concettuali, metodologici e di intervento atti a rispondere alle vecchie e alle nuove sfide nel campo della salute mentale dell’infanzia e dell’adolescenza.

In particolare, occorre promuovere una ristrutturazione dei servizi rivolti alla popolazione infantile, facilitando l’accesso dei più giovani al sistema di cura e promuovendo una maggiore valutazione dell’efficacia degli interventi. Fondamentale è a questo proposito il ruolo delle Università nella ricerca e nella costruzione di collaborazioni internazionali.

La risoluzione di questi problemi richiede però, da un lato, la capacità di valorizzare le risorse locali, la famiglia, la scuola e le altre istituzioni presenti negli specifici contesti culturali e sociali, dall’altro, la promozione di una concreta sinergia tra comunità scientifica, governi e istituzioni.

I dati raccolti nel Quinto Rapporto costituiscono una rappresentazione quanto più vasta e multiforme della condizione dei minori nel nostro Paese. Consegniamo i risultati delle nostre ricerche all’attenzione dei lettori e delle Istituzioni, nella certezza che la raccolta e l’interpretazione dei dati relativi alle problematiche che coinvolgono i minori rappresenti un momento imprescindibile della decisione politica in materia di tutela dell’infanzia e dell’adolescenza.

 

Prof. Ernesto Caffo Prof. Gian Maria Fara
Presidente del Telefono Azzurro Presidente dell’Eurispes

 

  Vedi la versione integrale del rapporto Eurispes