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Venezia

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Alcune considerazioni
sugli effetti perversi del decreto Brunetta
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Fabrizio Reberschegg, dalla Gilda degli insegnanti di Venezia, 12.8.2008

 

L’art. 71 del D.Lgl. 112/08, noto come norma antifannulloni, non solo definisce inaccettabili livelli di penalizzazione per il dipendente pubblico che si ammala fino a 10 giorni, ma può avere effetti pesantissimi sul personale docente della scuola.

Nell’articolo non si parla solo di assenze per malattia, ma anche di permessi retribuiti con una confusione tecnico-giuridica nel momento in cui al comma 5 (che definirebbe gli ambiti di deroga di applicazione dei congedi retribuiti) si rimanda al comma 1 che riferisce esclusivamente dei congedi per malattia.

Tralasciando le contraddizioni tecniche previste nell’articolo e mettendo in rilievo che in sede di approvazione definitiva del Parlamento sono state escluse solo le forze dell’ordine e i militari, preoccupa l’applicazione che molte amministrazioni pubbliche stanno già dando del decreto 112.

In alcuni casi si sta addirittura cercando di applicare la riduzione stipendiale anche alle assemblee sindacali in orario di lavoro perché sarebbero equiparabili a permessi retribuiti.

Conoscendo i comportamenti dei dirigenti scolastici e della burocrazia ministeriale si rischia di penalizzare non solo le assenze per malattia fino a 10 giorni tagliando la retribuzione professionale docente, ma anche i congedi per matrimonio, i congedi per motivi di famiglia, i congedi per partecipazione a concorsi, corsi e convegni. Per analogia, e non prevedendo il decreto approvato alcuna deroga esplicita in merito, potrebbero essere penalizzati tutti permessi giornalieri e/o orari di natura sindacale.

Ancora più preoccupante è poi il calcolo per la fruizione dei permessi. L’INPS ha già emanato disposizioni in merito alla fruizione del permessi previsti per la legge 104/92 (tre giorni al mese) trasformando le giornate di permesso in ore di permesso secondo un calcolo che prevede per i dipendenti che hanno orario di 36 ore effettuate su sei giorni 18 h di permesso mensile e per coloro che svolgono il loro orario in cinque giorni 21, 6 h. Per la scuola gli effetti sono di ridurre a 12,5 h. i permessi per la scuola materna, a 11 h. quelli per la primaria e a 9 h. quelli per la secondaria di primo e secondo grado.

Ci si è dimenticati che nel contratto sono ricomprese anche attività funzionali all’insegnamento le 80 ore (40 + 40) per la partecipazione agli organi collegiali con esclusione delle attività di valutazione e scrutinio, ma è anche vero che le 80 ore non sono precettive e gli impegni sono definiti quantitativamente in sede di collegio dei docenti nella pianificazione annuale fino a 40 + 40 ore annue (art.29 CCNL) ed è perciò complicato stabilire un monte ore certo da applicare in sede di eventuale spalmatura delle stesse ore per consentire un calcolo più realistico. In concreto si rischia di vedere ridurre per legge o interpretazione unilaterale del governo i permessi definiti nel CCNL.

Se si immagina l’applicazione del calcolo dei permessi nell’ambito sindacale verrebbe fuori che il docente impegnato nell’attività sindacale potrebbe godere di un minor numero di ore di permesso rispetto ad un ATA, sempre rischiando di subire per i primi dieci giorni di permessi decurtazioni stipendiali.
 

Questo scenario in cui si perdono non solo soldi, ma diritti vede la funzione docente pesantemente attaccata. Il Ministro Brunetta ha preso come riferimento della sua demagogica lotta ai “fannulloni” l’idealtypus dell’impiegato ministeriale romano dimenticandosi, insieme a tutto il governo e al parlamento, che la professione docente non può essere assimilata al livello impiegatizio, che nella scuola da anni esistono norme che impongono visite fiscali e controlli sull’assenteismo e che il tasso di assenteismo per malattia è molto più basso di altri comparti.

Da vent’anni Gilda chiede che la docenza esca dal comparto del pubblico impiego e che si definisca un’area di contrattazione separata con uno status giuridico specifico. I confederali e lo SNALS hanno sempre preferito le logiche dell’omologazione e dell’assimilazione al pubblico impiego. Questi sono i risultati!


E’ necessario quindi non solo chiedere una profonda revisione dell’art. 71 per il comparto docente della scuola, ma anche a chiedere a gran voce di rivendicare come docenti uno status giuridico diverso da quello previsto per tutti i pubblici impiegati.

12.8.2008
 

Fabrizio Reberschegg
Direttivo Gilda degli Insegnanti
di Venezia