Riforma della Secondaria Superiore:

sperimentazione sì, sperimentazione no.

di Antonio Valentino, da ScuolaOggi del 15/3/2006

 

“Noi andremo avanti”. E’ la battuta attribuita all’on. Aprea nella riunione del 15 dicembre 2005 della Conferenza Stato-Regioni.

Durante la quale le Regioni avevano dichiarato di non gradire l’accelerazione impressa ai processi di Riforma del secondo ciclo legati al sistema dei licei. Processi da cui si escludevano gli istituti di Istruzione professionale, senza prospettare un quadro generale di riferimento che, anche per il canale di Istruzione e Formazione professionale, chiarisse e precisasse poteri e risorse per la sua gestione e i passaggi richiesti.

L’accelerazione, che contraddiceva tra l’altro impegni formali assunti dal Ministro nell’incontro con le Regioni, precedente l’approvazione del decreto 226 (quello del Riordino della scuola secondaria e della F.P.), è consistita, come è risaputo, nell’emanazione di ben 3 decreti, il 28 gennaio (sulla “confluenza” degli attuali indirizzi di studio, ad eccezione dell’Istruzione Professionale, negli otto percorsi liceali previsti dal D.L.vo 226; sulla ridefinizione della quota oraria percentuale gestita decise autonomamente dalle scuole; su un “Progetto Nazionale di Innovazione”).


In questi giorni si sta molto discutendo di quest’ultimo. Si tratta sostanzialmente della proposta di sperimentazione di contenuti del D.L.vo 226 (il nuovo sistema dei Licei).

Sperimentazione che il Ministero vuole anticipare a quest’anno scolastico, nonostante che le norme transitorie del Decreto L.vo prima citato ne collochino l’attivazione al prossimo anno scolastico, anche per le vicende prima richiamate.

Per far passare questa operazione il Ministero ha dovuto pertanto parlare di “innovazione” e l’on. Aprea, nel seminario milanese del 3 febbraio scorso, ha ulteriormente precisato che si tratta di innovazione “didattica”. Non quindi ordinamentale o di struttura.

Un vero e proprio specchietto per le allodole dunque? Pare proprio di sì. Infatti, come ben sa il Sottosegretario Aprea, l’innovazione didattica, che rientra tra le competenze lasciate all’autonoma determinazione delle scuole, non ha bisogno di un Decreto Ministeriale per essere progettata e sviluppata.

Cosa potrebbe allora essere "innovazione didattica"? Non certo l'introduzione dei profili ordinamentali dei Licei relativi al quadro orario o al Piano studi Personalizzato (PSP).
Ci si vuol riferire all’introduzione della figura di coordinatore/tutor (già prevista per il primo ciclo e passata nella “vulgata” scolastica sotto il nome di docente-tutor) o del portfolio delle competenze?

Ma se è così, si dà ragione a quanti hanno considerato anche queste scelte normative come lesive dell’autonomia organizzativa e didattica della scuola.


Infatti, per limitarmi alla prima delle innovazioni sopra richiamate, il DM non si limita a prevedere l'introduzione di una funzione - quella di coordinamento e di tutoring – legittimamente prevedibile in una normativa di riordino ordinamentale.

Esso introduce invece una figura organizzativa la cui previsione non può che essere affidata alla determinazione degli Istituti Scolastici, come si deduce dagli artt. 3 e 5 del DPR 275; dal primo, laddove parla di “progettazione organizzativa” come articolazione del POF; dal secondo, laddove, con riferimento all’impiego dei docenti, introduce la possibilità, per la scuola dell’’autonomia, di adottare “ogni modalità organizzativa che sia espressione di libertà progettuale e sia coerente con gli obiettivi … di ciascun tipo o indirizzo di studio (…)”.

In altri termini, possono esserci scelte di ordinamento che riguardano l’introduzione di funzioni istituzionali di coordinamento o di orientamento, di supporto organizzativo o di presidio di aree di funzionamento specifico. Ma, rimane prerogativa delle scuole autonome decidere a quali figure organizzative e a quali compiti specifici debbano corrispondere tali funzioni. E’ poi previsto, tra l’altro, anche un passaggio contrattuale al riguardo.

Ma questi ragionamenti o sono troppo sottili per il nostro Ministro (la qual cosa pensiamo non sia) oppure il suo entourage, pur di far passare un’operazione puramente dimostrativa e di chiaro sapore elettoralistico, non esita ad entrare in contraddizione finanche con se stessa.

Degli altri “oggetti” della sperimentazione, poi, quello del “Campus” o Polo Formativo richiede – a prova contraria – il coinvolgimento delle Regioni che hanno espresso motivatamente e a chiare lettere, come si è detto, una posizione nettamente contraria, stanti i "buchi" normativi nella legislazione del "Riordino".

Se si vanno infine a considerare le "innovazioni ordinamentali" dei PSP e delle tipologie degli insegnamenti (obbligatori, facoltativi…), richiamate come oggetto di sperimentazione nel DM, allora l'operazione si presenta, in questo momento, ad un tempo velleitaria e, ancora una volta, puramente propagandistica.

Primo perché le molte ambiguità sui PSP non hanno avuto risposte univoche e rassicuranti.

Poi perché, nella secondaria di secondo grado, così come si configura nel Decreto 226, la personalizzazione dei Piani Studio che si andrebbe a sperimentare è tale che, seppure potesse essere progettata - e la strada appare piuttosto impervia - risulterebbe operazione di scarso peso innovativo e tale quindi da non giustificare tutto lo sforzo organizzativo e progettuale che pure l'operazione richiede. Infatti, come rileva opportunamente Giovanni Scaminaci, in “Sole24ore Scuola” di dicembre-gennaio 2006, in presenza di situazioni come quelle prospettate nel Testo di riforma “…nel secondo ciclo nessuno sceglierà di frequentare le ore facoltative, e queste resteranno solo l’introduzione di un bel principio”.

Senza considerare il fatto che l'operazione risulterebbe non solo molto modesta sotto il profilo riformatore, ma, per alcuni versi, anche improbabile.

Improbabile perché l’operazione non prevede

a) la modificabilità dell’organico di scuola,

b) risorse che ne garantiscono la fattibilità. Infatti si parla in proposito della solita legge 440, che è diventato un pozzo ormai senz’acqua.

Va poi messo nel conto, in tutto questo, che le iscrizioni per il prossimo anno si sono chiuse il 25 gennaio e che le scelte degli studenti sono avvenute sulla base di una offerta formativa che è quella presentata dalle scuole in sede di attività orientativa.

Né può sfuggire infine il fatto che questa operazione avviene a ridosso delle elezioni politiche che potrebbero dare la maggioranza alle forze di centro sinistra, che hanno mostrato di non gradire soprattutto la scelta di un sistema duale per il secondo ciclo a partire dal primo anno dell’istruzione superiore.

Con il rischio quindi di iniziare percorsi di difficile prosecuzione e di sbocchi non chiari. E con problemi enormi per le scuole e per gli studenti.

Si tratta, come si vede, di considerazioni di buon senso che solo un accanimento dettato da ragioni estranee al mondo della scuola impedisce di vedere .

D’altra parte, a parlare di operazione elettoralistica, tesa a dimostrare che anche la riforma delle superiori “è fatta”, è una rivista, "Tuttoscuola" di alcune settimane fa, che non si può dire faccia il tifo per lo schieramento di sinistra.