La previdenza complementare: il silenzio-assenso.

Giuliano Coan, Italiascuola del 4/10/2005

 

L’acceso dibattito in atto con le parti sociali sullo schema di decreto legislativo sulla previdenza complementare, in fase d’approvazione, introduce importanti disposizioni tra le quali spicca il conferimento tacito, o silenzio assenso, sulla devoluzione del trattamento di fine rapporto a forme pensionistiche complementari. Il dipendente che, in base a questo meccanismo, non si manifesti sulla destinazione del proprio TFR, entro sei mesi a partire probabilmente dal 01.01.2006, vedrà il TFR confluire automaticamente nei fondi pensione complementare.

Tuttavia, nell’atto in questione, è precisato che per i
pubblici dipendenti rimarrà in vigore l’attuale normativa. Pertanto, per i dipendenti pubblici non troverebbero attuazione sia le regole relative al silenzio assenso sia tutte le altre norme presenti nello schema del predetto decreto. La vicenda comunque ha creato agitazione e non poche preoccupazioni in una buona parte dei lavoratori, specialmente tra quelli del mondo della scuola, dove è entrato in esercizio il Fondo Espero. La scelta di aderire al predetto Fondo Scuola, quindi, rimane libera, volontaria, fino a quando non sarà emanato uno specifico decreto d’attuazione per i lavoratori del pubblico impiego.

Ma di là del decreto governativo e il confronto con le parti sociali, si perde di vista l’obiettivo fondamentale: di dare corpo ad un’integrazione al sistema della previdenza obbligatoria gestita dagli enti previdenziali (Inps/Inpdap) per evitare che i giovani lavoratori, attualmente inconsapevoli, si trovino un giorno con un “sussidio” non in grado di assicurare un dignitoso tenore di vita. Di fatto, sorgeranno drasticamente nuove povertà che andranno a sconvolgere lo stile di vita familiare dei futuri pensionandi. Indicative sono le allegate tabelle.

La pensione sarà dimezzata rispetto all’ultima busta paga e pochissimi sanno che ciò si sta attuando in maniera graduale ed inesorabile ed è frutto delle riforme già varate (legge Amato del 1992, legge Dini del 1995, Prodi 1997). Fortunatamente l’attuale riforma (Maroni 2004) non incide
sull’entità delle future pensioni ma sul diritto elevando l’età pensionabile. Attualmente non si avverte la necessità della previdenza complementare perché le pensioni liquidate sono ancora buone e lo resteranno ancora per qualche tempo.
Ciò crea attese distorte in chi, ancora lontano dal pensionamento, non godrà in futuro di tali vantaggi.

A distanza di 12 anni dalla legge istitutiva, la previdenza complementare cresce in misura modesta. Si va a rilento. L’Italia è il fanalino di coda in Europa.
Hanno aderito fino ad ora complessivamente circa 2.900.000.lavoratori, circa il 12% degli occupati. Siamo in assenza di una mirata volontà politica
in favore dei giovani lavoratori e soprattutto di una corretta informazione. Si sa che l’approccio tardivo al mondo lavoro, il cui mercato ha subito un radicale mutamento, i problemi delle giovani famiglie e la stessa mentalità giovanile contribuiscono a far passare in secondo piano la previdenza.

Bisogna quindi rendere consapevoli ed informare i lavoratori
soprattutto i più giovani e persuaderli della necessità di destinare a futura pensione il TFR maturando. E’ una scelta epocale che bisogna affrontare perché il sistema a ripartizione sta crollando per una svariata serie di ragioni, tra le quali la principale è rappresentata dall’evidenza che i contributi della forza lavoro non riescono più a far fronte alla crescente spesa pensionistica. Non regge la cosiddetta solidarietà intergenerazionale, si avvertono crepe irreparabili. Gioco-forza si dovrà passare al sistema a capitalizzazione. I contributi versati alla Previdenza Complementare saranno investiti nei mercati finanziari, il che rappresenta anche una leva a favore del rilancio dell’economia (finanziamento delle imprese e del debito pubblico).

Questo al fine di creare un montante individuale che, alla cessazione dal servizio, il lavoratore potrà parzialmente ritirare in capitale o convertire in una rendita che si aggiungerà a quella pubblica.

 

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Vedi anche Impoverimento medio delle pensioni nel lasso temporale di 30 anni