Consiglio di Stato – Decisione n. 3278/2008.
Docenti pensionati.
di Anna Teresa Paciotti da
Studio Legale LAW, 1.7.2008
Un docente collocato a riposo chiedeva il
riconoscimento del suo diritto alla riliquidazione dell’indennità di
buonuscita con l’integrazione nella base contributiva dell’importo
dell’indennità integrativa speciale, nonché degli interessi e
rivalutazione monetaria sulla differenza spettante, in relazione
all’indennità di buonuscita liquidata in suo favore. Non ottenendo
quanto chiesto, il medesimo proponeva ricorso al Tar del Lazio, il
quale, tuttavia, respingeva il ricorso. Avverso la Sentenza del Tar,
il docente ha promosso appello al Consiglio di Stato. Il Consiglio
si è pronunciato con la Decisione n. 3278/2008, rigettando
l’appello. Il Collegio ha puntualizzato che oggetto dell’appello è
la richiesta del docente tesa a ottenere la riliquidazione
dell’indennità di buonuscita con l’integrazione nella base
contributiva dell’importo dell’indennità integrativa speciale,
nonché degli interessi e rivalutazione monetaria sulla differenza
spettante, in relazione all’indennità di buonuscita liquidata in suo
favore, essendo stato il suddetto collocato a riposo in data quale
dipendente del Ministero della pubblica istruzione, per cui, nel
caso di specie sarebbe applicabile la legge n. 87/1994 dato che, se
è vero che l’interessato era stato collocato a riposo in una certa
data, l’indennità di buonuscita gli sarebbe stata peraltro
corrisposta in seguito e solo in tale momento sarebbe sorto il suo
diritto alla percezione della somma ritenuta spettante. Ma il
Consiglio ha precisato che la legge 29 gennaio 1994 n. 87 disciplina
il computo dell’indennità integrativa speciale nella determinazione
della buonuscita dei dipendenti pubblici. L’art. 3 di della legge
stabilisce che il trattamento viene applicato ai dipendenti che
siano cessati dal servizio dopo il 30 novembre 1984 e ai loro
superstiti, nonché a quelli per i quali non siano ancora
giuridicamente esauriti i rapporti attinenti alla liquidazione
dell’indennità di buonuscita odanalogo trattamento, ma l’appellante
era stato collocato in pensione prima della data del 30.11.1984,
prevista dal citato art. 3, sicché in suo favore non poteva essere
applicato il beneficio richiesto, in quanto la sua posizione non
rientrava nell’arco temporale stabilito dalla norma. D’altra parte,
ha ribadito il Consiglio, non poteva assumere rilievo la circostanza
che l’indennità di buonuscita fosse stata di fatto corrisposta
successivamente e che solo in tale momento, ovvero dopo la data
fissata dalla legge n. 87/1994, sarebbe sorto il diritto alla
percezione della discussa somma, dato che il caso non si sarebbe
potuto fare nemmeno rientrare nell’espressione della legge “rapporti
non ancora esauriti”, obiettivamente ricollegabile solo alla
prescrizione non eventualmente intervenuta, anche in termini
parziali, efficaci solo ove la parte interessata mostri di volersene
giovare, o alla pendenza di un ricorso diretto a far valere lo
specifico diritto o alla mancata definizione del rapporto giuridico
-economico da parte della p.a, infatti, entrambe le ipotesi non
ricorrono in ordine alla posizione dell’attuale appellante, in
quanto la liquidazione della sua indennità di buonuscita, a quella
data, aveva avuto luogo a titolo definitivo, malgrado la sua
percezione materiale fosse intervenuta solo in un momento
successivo, il che implicava trattarsi di un rapporto esaurito per
aver egli accettato il pagamento senza riserve di sorta.
Consiglio di Stato Sezione Sesta –
dec. del 27.06.2008, n. 3278
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha
pronunciato la seguente
DECISIONE sul ricorso in appello n. 1856/2005, proposto da: - P.
Benito, c o n t r o - il Ministero dell’istruzione, università e
ricerca, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in
via dei Portoghesi n. 12, Roma, appellato; - l’I.N.P.D.A.P. –
Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti
dell’amministrazione pubblica, in persona del Presidente in carica,
rappresentato e difeso dall’avv. Dario Marinuzzi, domiciliatario
elettivo presso l’Avvocatura dell’Istituto stesso, in via S. Croce
in Gerusalemme n. 55, Roma, appellato; - il Ministero per l’economia
e le finanze, in persona del Ministro in carica, non costituito in
giudizio, appellato;
per annullamento e/o riforma
della sentenza del T.a.r. Campania, Napoli,
sezione III, n. 37/2004, resa inter partes e concernente il mancato
computo dell’indennità integrativa speciale nella liquidazione
dell’indennità di buonuscita, con interessi e rivalutazione
monetaria.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati. Visti gli atti
di costituzione in giudizio del Ministero dell’istruzione e dell’I.N.P.D.A.P..
Visti gli atti tutti della causa. Relatore, alla pubblica udienza
del 22 aprile 2008, il Consigliere Aldo SCOLA. Uditi, per le parti,
l’avv. Reggio D’Aci per delega dell’avv. Eliseo Laurenza e
l’avvocato dello Stato Palatiello.
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
NARRATIVA in FATTO
Con il gravame in epigrafe il ricorrente, dipendente del Ministero
della pubblica istruzione fino al 31.10.1983 e collocato a riposo
con decorrenza dal 1°.11.1983, aveva chiesto in sostanza il
riconoscimento del suo diritto alla riliquidazione dell’indennità di
buonuscita con l’integrazione nella base contributiva dell’importo
dell’indennità integrativa speciale, nonché degli interessi e
rivalutazione monetaria sulla differenza spettante, in relazione
all’indennità di buonuscita liquidata in suo favore. A sostegno
dell’impugnativa aveva dedotto violazione degli artt. 3, 36, 38 e 97
della Costituzione, della legge 27.5.1959 n. 324, della legge
29.1.1994 n. 87 e degli artt. 2 e 3, legge 7.8.1990 n. 241, nonché
eccesso di potere per difetto di istruttoria, e motivazione e
manifesta ingiustizia. L’I.N.P.D.A.P. si era costituito in giudizio
resistendo al ricorso, come i Ministeri intimati.
Con memoria difensiva il ricorrente aveva insistito per
l’accoglimento del ricorso, che invece era stato respinto dai primi
giudici con sentenza prontamente impugnata dall’interessato, che
riprospettava sostanzialmente le medesime censure già dedotte in
prima istanza, nonché errore di giudizio, mentre si costituivano sia
l’I.N.P.D.A.P. (che eccepiva pure l’intervenuta prescrizione di ogni
ipotizzabile credito ex art. 2948, c.c., ed art. 20, d.P.R. n.
1032/1973). All’esito della pubblica udienza di discussione la
vertenza passava in decisione.
MOTIVI della DECISIONE
L’appello è infondato e va respinto per le ragioni qui riassunte dal
collegio come segue.
Oggetto del ricorso è la richiesta del P. tesa ad ottenere la
riliquidazione dell’indennità di buonuscita con l’integrazione nella
base contributiva dell’importo dell’indennità integrativa speciale,
nonché degli interessi e rivalutazione monetaria sulla differenza
spettante, in relazione all’indennità di buonuscita liquidata in suo
favore, essendo stato il suddetto collocato a riposo in data
1.11.1983, quale dipendente del Ministero della pubblica istruzione:
nel caso di specie sarebbe applicabile la legge n. 87/1994 dato che,
se è vero che l’interessato era stato collocato a riposo a far tempo
dal 1°.11.1983, l’indennità di buonuscita gli sarebbe stata peraltro
corrisposta nel 1989 e solo in tale momento (quindi, dopo la data
fissata dalla legge n. 87/1994) sarebbe sorto il suo diritto alla
percezione della somma ritenuta spettante. Invero, la legge 29
gennaio 1994 n. 87 disciplina il computo dell’indennità integrativa
speciale nella determinazione della buonuscita dei dipendenti
pubblici ed è stata emanata a seguito della sentenza della Corte
costituzionale n. 243/1993, che aveva dichiarato
l’incostituzionalità del combinato disposto dell’art. 1, comma
terzo, lett. b) e c), legge n. 324 del 1959, e degli artt. 3 e 38,
d.P.R. n. 1032 del 1973, stabilendo che nel calcolo dell’indennità
di buonuscita dovesse includersi per intero l’indennità integrativa
speciale.
L’art. 3 di detta legge stabilisce che il trattamento viene
applicato ai dipendenti che siano cessati dal servizio dopo il 30
novembre 1984 ed ai loro superstiti, nonché a quelli per i quali non
siano ancora giuridicamente esauriti i rapporti attinenti alla
liquidazione dell’indennità di buonuscita od analogo trattamento: il
P. era stato collocato in pensione dal 1°.11.1983 e cioè prima della
data del 30.11.1984, prevista dal citato art. 3, sicché in suo
favore non poteva essere applicato il beneficio richiesto, in quanto
la sua posizione non rientrava nell’arco temporale stabilito dalla
norma (il che permette al collegio di tralasciare l’esame di ogni
problematica pertinente alla pur dedotta prescrizione estintiva).
D’altra parte, non poteva assumere rilievo la circostanza che
l’indennità di buonuscita fosse stata di fatto corrisposta nel 1989
e che solo in tale momento (quindi, dopo la data fissata dalla legge
n. 87/1994) sarebbe sorto il diritto alla percezione della discussa
somma, dato che il caso non si sarebbe potuto fare nemmeno rientrare
nell’espressione della legge “rapporti non ancora esauriti”,
obiettivamente ricollegabile solo alla prescrizione non
eventualmente intervenuta (anche in termini parziali, efficaci solo
ove la parte interessata mostri di volersene giovare) od alla
pendenza di un ricorso diretto a far valere lo specifico diritto od
alla mancata definizione del rapporto giuridico-economico da parte
della p.a.: entrambe le ipotesi non ricorrono in ordine alla
posizione dell’attuale appellante, in quanto la liquidazione della
sua indennità di buonuscita, a quella data, aveva avuto luogo a
titolo definitivo, malgrado la sua percezione materiale fosse
intervenuta solo in un momento successivo, il che implicava
trattarsi di un rapporto esaurito per aver egli accettato il
pagamento senza riserve di sorta).
Né, infine, potrebbe riconoscersi efficacia interruttiva
all’intervenuta pubblicazione della sentenza della Corte cost. n.
243/1993, che non ha introdotto un nuovo precetto legislativo
nell’ordinamento, ma solo ne ha reso visibile uno già in esso
esistente ed operante (ex art. 23 e ss., legge cost. n. 87/1953: cfr.
Cass. civ., sent. n. 986/1993; Cass., sez. lavoro, sent. 23158/2007;
C.d.S., sez. VI, dec. n. 1470/2007): il tutto trasfigurandosi in una
mera difficoltà di fatto (ovvero, interpretativa) rispetto al
concreto esercizio del correlativo diritto. L’appello va, dunque,
respinto, con salvezza dell’impugnata sentenza, mentre gli oneri del
secondo grado di giudizio devono integralmente compensarsi per
giusti motivi tra le parti in causa, tenuto anche conto del loro
reciproco impegno difensivo e della natura della vertenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta,
respinge l’appello;
compensa spese ed onorari del secondo grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità
amministrativa. DEPOSITATA IN SEGRETERIA il . . . 27/06/2008