La valorizzazione dell'insegnante. Riflessioni su anni di precariato. di Laura Tussi, da Fuoriregistro del 3/9/2005
Nel contesto educativo occorre relazionarsi assiduamente con colleghi, con superiori, con ragazzi e con i loro genitori. Si è esposti al giudizio di tutti a 360 gradi con conseguenze spesso devastanti, sia a livello esistenziale che psicologico. Personalmente "forse" sono riuscita immune da sei pesanti anni di precariato perché mi sono sempre e costantemente posta il problema dell'educazione e della necessità di apprendimento, di crescita sociale, culturale e psicologica di ogni ragazzo.
In queste situazioni i genitori non sanno intervenire, ma si arrogano il diritto di sapere, di potere, di essere in grado di risolvere le situazioni con interventi incoerenti, impertinenti e soprattutto incompetenti, creando ulteriore confusione e difficoltà. L'avvenimento di crisi, di rottura, di separazione e volontà di presa di distanza dalla personale professione (disagio dell'educatore) si è manifestato con la completa e assoluta incapacità di gestire una classe estremamente vivace, ineducata e alquanto disagiata. Non è stato solo un momento o un evento di sconforto e perdita di fiducia nelle personali competenze e capacità, ma una catena di avvenimenti che hanno messo in discussione le parti del ruolo di docente. Non credevo più nel valore e nell'importanza della trasmissione del sapere alle giovani generazioni, in quanto la mia esperienza è stata messa in discussione da atteggiamenti sconfessanti, distruttivi, lesivi, egocentrici e catalizzatori verso determinati atteggiamenti favorevoli nei confronti di elementi leader interni al gruppo classe. La catena di eventi si è evoluta in senso negativo e nella mia decisione di scegliere un'altra scuola. Le questioni chiave che si presentavano consistevano nella scarsa accettazione della sottoscritta e scaturivano dal confronto con l'insegnante precedente e la completa assenza del supporto dei colleghi, del consiglio di classe stesso e del dirigente scolastico. Il presente dell'azione si riproponeva e si ripresentava sempre più alienante e terrificante ogni mattina, ingenerando in me sfiducia, smarrimento, perdita di coscienza del ruolo e abbandono della fiducia nelle personali capacità, il tutto trasposto in un "presente critico" che mi sfidava quotidianamente. Da questa esperienza traumatizzante rispetto alla fiducia della costruzione di una mia professionalità, ho appreso la necessità di pensare l'azione formativa nella sua posteriorità, ossia riqualificare il valore futuro dell'agire educativo.
Sembra che con i decreti delegati degli anni '80 l'associazionismo dei genitori sia entrato in modo brusco, impellente, sovversivo, ma troppo spesso incompetente nel "sistema scuola", creando confusione e inusitate pretese nell'operato didattico e quindi professionale del docente. Penso che ad ogni insegnante, anche precario debba essere accreditato il giusto peso ed una certa fiducia. Di conseguenza dove sta scritto che ci devono giudicare i genitori? Ci hanno già formato e valutato la Scuola in primis, le università, tutto il settore post laurea, e infine un Ministero e un Provveditorato, insomma una lunghissima trafila di enti specializzati e di accreditato prestigio. Trovo che proprio il "sistema scuola" o comunque la concezione più consueta e tradizionale del fare scuola e dell'educare si basi su principi restrittivi, coercitivi, per "tenere a bada" i ragazzi. Di conseguenza il Professore e l'Insegnante precario soprattutto vengono giudicati troppo spesso non in base ai loro titoli di studio, ai meriti accademici, alle pubblicazioni scientifiche, al prestigio culturale e sociale che ottengono anche dall'impegno culturale, ma ci si limita banalmente a recriminare sull'operato di un Docente in relazione a quanto tempo riesce a far stare in silenzio assoluto i ragazzi in classe, ammutolendoli e spaventandoli, in un autentico contesto dittatoriale. Non vi pare una situazione squallida e deprimente, considerando il fatto che tutte le parti in causa, dai colleghi, ai bidelli, dalla presidenza, ai ragazzi stessi si omologano subdolamente a questo modello repressivo e alquanto stupido e banale? La Scuola può e deve offrire molto di più... La Scuola di Tutti e per Tutti. |