Coordinamento Regionale delle Gilde del Veneto

 

Contributo sulla proposta di modifica

dello stato Giuridico degli insegnanti

Riforma dello stato giuridico dei docenti (T.u. C. 4091 e abb.)

Decreto legislativo 20 luglio 2004 (art. 5 Legge 28/03/2003)

 

Vicenza, 17/11/2004

 

Le trasformazioni della società e della scuola richiedono una ridefinizione dello stato giuridico dei docenti. La necessità che ciò avvenga per via legislativa è legata al riconoscimento del docente come portatore di un mandato affidatogli dalla società nel suo complesso. Essa è legata in sostanza alla concezione Gilda della Scuola come Istituzione, che si situa all’opposto della concezione privatistica.

Fatta questa premessa, risultano possibili tre posizioni:

1.  una posizione di netto rifiuto senza proposte alternative, che, ignorando totalmente le posizioni Gilda riconoscibili, rigetti la proposta per gli effetti sistemici negativi che essa produrrebbe;

2.  una posizione che consideri la possibilità di proporre emendamenti migliorativi su punti essenziali;

3.  una posizione che scorpori quanto va fatto risalire in qualche misura alla tradizione politica e culturale della Gilda e lo riconosca, entrando contestualmente nel merito di ciò che diverge anche con eventuali emendamenti.

 

 

Risultano sicuramente inaccettabili:

1.     La modalità  di accesso alla professione che, dopo aver previsto un percorso universitario eccessivamente centrato sulla preparazione pedagogico-didattica  (3+2) e che quindi non permette scelte finali alternative all’insegnamento, prevede un accesso al tirocinio su chiamata delle singole istituzioni, cioè dei dirigenti. Secondo noi  l’accesso al tirocinio potrebbe-dovrebbe avvenire a seguito di una sorta di esame d’ingresso fatto da una commissione indipendente dalle singole istituzioni scolastiche, cioè da un giudice terzo rappresentante la comunità;

2.      il concetto di laurea abilitante che, a nostro parere,  deve essere rivisto. Teniamo presente che già negli attuali corsi di laurea esistono esami pedagogico-didattici che possono essere condizione per la partecipazione all’esame d’ingresso al tirocinio. L’abilitazione va data da una Commissione di Stato con la presenza di docenti dell’Organismo Rappresentativo della Docenza (sezioni regionali) e di eventuali altre figure terze (es.:docente universitario). L’ingresso all’Albo dovrebbe essere successivo all’abilitazione e non successivo al periodo di tirocinio;

3.     le parti relative al tirocinio. Non è chiaro nel testo della proposta come e da chi venga valutato il periodo del tirocinio (ci pare ragionevole che sia una Commissione formata dal tutor, dal dirigente, da un docente dell’Organismo Rappresentativo della Docenza, da un docente-garante delle famiglie – con un’adeguata riflessione sulle proporzioni). Il tirocinio, di durata non superiore a un anno, non dovrebbe comunque essere svolto con contratto formazione-lavoro, bensì con contratto annuale a tempo determinato che assuma in pieno le richieste dei precari relative alla normativa esistente.

4.     la proposta di  introdurre dei docenti iniziali. Non ci dovrebbero essere docenti iniziali. Dopo il tirocinio si diventa subito docenti ordinari, cancellando la figura del docente iniziale che produrrebbe una nuova forma di precariato.

5.      Non vanno esclusi a priori dei docenti esperti, comunque con caratteristiche e compiti diversi da quelli previsti. Questi docenti potrebbero essere tutors dei tirocinanti, e/o essere inseriti in strutture universitarie di facoltà funzionali all’aggiornamento permanente degli insegnanti sia sul piano contenutistico che didattico. Il meccanismo concorsuale per l’accesso a docente esperto dovrebbe comunque mantenere caratteristiche regionali. Vanno in ogni caso ipotizzate forme di sviluppo professionale che conducano all’Università  e alla formazione superiore;

4.      l’ipotesi di valutazione avanzata: valutazione quadriennale per tutti effettuata da una Commissione permanente di cui fanno parte genitori e studenti. Si potrebbe semmai ritenere giustificata  una valutazione a richiesta (del dirigente o del garante dei genitori) laddove si verifichino situazioni difficili. La logica dell’autoderminazione e dell’ordine richiedono una accettazione del demerito. Non è accettabile la presenza delle famiglie e degli allievi nella Commissione; per evitare di apparire chiusi in una logica autoreferenziabile bisognerebbe tuttavia avanzare la proposta di avere dei docenti garanti delle famiglie; farebbero ovviamente parte della commissione docenti dell’Organismo Tecnico Rappresentativo della Docenza.;

5.      il meccanismo di progressione economica biennale automatico ma contrattato (?): pericolosissimo ed estraneo alle logiche professionali che comunque hanno sempre  progressioni automatiche;

6.      l’istituzione della vice-dirigenza. Ad essa va opposta la proposta Gilda del Preside elettivo con semi-esonero o, comunque, come in tutti i paesi europei, con carichi di insegnamento;

 

Risultano riconoscibili:

1.      la proposta di istituire un Organismo rappresentativo della docenza. Ci parrebbe ragionevole che esso fosse scorporato dalla legge e costituito come condizione preliminare per discutere sullo stato giuridico. Esso non dovrebbe prevedere la presenza organica di docenti universitari. E’ possibile invece prevedere il coinvolgimento degli stessi come esperti quando e laddove risulti necessario;

2.      la proposta di creare un’area autonoma di contrattazione (da definire in modo preciso);

3.      la necessità di mettere in discussione le RSU. Va detto a questo proposito che l’abolizione delle RSU – posizione della Gilda - è legata ad un recupero di spazio professionale del docente all’interno della scuola ed a meccanismi di assunzione e di eventuale carriera di diversa connotazione. Se la logica rimane quella di scuola, con assunzioni privatistiche e via dicendo, le RSU non possono essere semplicemente soppresse. Va comunque in ogni caso – anche se in subordine – sostenuto lo spostamento delle RSU a livello regionale.