Adolescenti troppo soli e indifesi. Lo psichiatra Andreoli: "Equivale a un ceffone. Vanno educati" di Luca Bolognini, Quotidiano.net 23.3.2015
«NON SPEGNETE il computer o la console a vostro figlio mentre sta giocando: è come prenderlo a schiaffi». Per Vittorino Andreoli, psichiatra di fama mondiale e membro della New York Academy of Sciences, i metodi drastici contro la dipendenza da tecnologia sono game over.
«No, serve solo un po’ di buon senso. Imporre limiti temporali rigidi ai videogame è assurdo. Per alcuni giochi di ruolo on line serve almeno un’ora e mezzo per avere un’esperienza soddisfacente. I genitori devono conoscere a cosa stanno giocando i loro figli e stabilire limiti adeguati».
«Si può stabilire un limite massimo di missioni. Spegnere all’improvviso il computer è controproducente: vostro figlio magari si stava impegnando al massimo per raggiungere un obiettivo e inoltre, se era on line, fa anche la figura del cretino con i suoi coetanei. È un po’ come se durante una partita di calcio al 70’ fosse obbligato dal padre a tornare a casa».
«Anche questo è inutile. Alla fine i vostri figli si inventerebbero delle bugie, come quella di andare a casa di un amico per studiare, pur di giocare».
«Dipende dal carattere della persona, dal tempo di esposizione e dallo stile di vita. Ci sono giovani che vivono davanti a uno schermo e per loro tutto il mondo si riduce a Internet. Ricordo il caso di un ragazzo di 14 anni che quando si staccava da video cominciava a tremare, era disorientato, soffriva di convulsioni e addirittura non riusciva ad alzarsi in piedi. Il padre era disperato. Non appena però il figlio si rimetteva davanti al monitor, tutto tornava normale: si sentiva di nuovo a suo agio. Era dipendente dalla tecnologia, non poteva più vivere senza. Un po’ come un tossicodipendente non può fare a meno della sua dose».
«I più piccoli faticano a relazionarsi con i genitori o con gli altri bambini. Si può aumentare di peso o si possono manifestare disturbi dello sviluppo fisico. Molto dipende dal tempo di esposizione: un bambino o un adolescente che sta davanti a un pc per 3-4 ore al giorno è in una zona di pericolo. In ogni caso non bisogna demonizzare la Rete: se usata in modo corretto è uno strumento straordinario».
«Se una cosa non è di tuo gradimento, su Internet si schiaccia un bottone e sparisce. Nella realtà concreta non c’è nulla da cliccare. Il mondo di Internet è più gradevole, colorato e a portata di mano. La Rete diventa un rifugio per chi non riesce a superare le difficoltà del mondo concreto». «È diffusissimo. Con gradi diversi, ma è frequentissimo». Danno più dipendenza i videogiochi o i social network? «Nei social tutto avviene tra persone. Richiamano, almeno, per immagini il mondo concreto. Nei giochi di ruolo, dove si combattono draghi o stregoni – per fare un esempio – si incontrano invece situazioni molto lontane dal mondo concreto. Per questo i social creano meno dipendenza». Come si curano i casi più gravi? «Nel 2010 ho aperto la prima clinica in Val D’Aosta per curare dipendenza videogiochi. Ci va chi proprio sta male fisicamente se staccato dal video. Bisogna piano piano sostituire a elementi del mondo digitale elementi del mondo concreto che siano gratificanti. La human life e la digital life devono tornare in equilibrio». |