Sulle nuove assunzioni La proroga prevista per la ricostituzione dell'ex cnpi potrebbe non bastare a far salvo il piano Carlo Forte, ItaliaOggi 6.1.2015 Il governo fa slittare i tempi per l'elezione del Consiglio superiore della pubblica istruzione (Cspi). E nel frattempo fa salva la validità dei provvedimenti sulla scuola che, pur necessitando del previo parere obbligatorio dell'organo collegiale, siano stati emessi in assenza di tale parere. Lo prevede l'articolo 6, comma 1 del decreto legge milleproroghe, emanato il 312 dicembre scorso (192). Ma il differimento dei termini rischia di non essere sufficiente a porre al riparo la validità dei provvedimenti ministeriali. Perché esiste già una sentenza passata in giudicato che obbliga il ministero dell'istruzione a provvedere alle elezioni. E la giurisprudenza maggioritaria è incline a ritenere che, in questi casi, le norme entrate in vigore dopo l'emissione della sentenza definitiva (cosiddetto ius superveniens) non modificano le disposizioni emanate dal giudice in via definitiva (si veda tra le tante, la sentenza del Consiglio di stato, 19 giugno 20102 n. 3569). In più, il Tar del Lazio ha già manifestato il proprio orientamento contrario alla validità dei provvedimenti sprovvisti del previo parere del parlamentino dell'istruzione. Il tutto nonostante fosse già in vigore la precedente sanatoria. E ciò fa nascere ulteriori incognite sul piano di assunzioni messo in cantiere dal governo. Le immissioni in ruolo, infatti, da una parte dovranno misurarsi con le ristrettezze di bilancio e dall'altra parte dovranno fare i conti con il contenzioso seriale. Che avrebbe gioco facile a prendere di mira i provvedimenti ministeriali che disporranno la ripartizione dei posti, se sprovvisti del previo parere del Cspi. Il perché è presto detto. La normativa «in materia di definizione delle politiche del personale della scuola», prima di essere emanata, necessita del parere obbligatorio del Consiglio superiore della pubblica istruzione. Che sebbene sia stato istituto nel 1999, non è stato ancora costituito (si veda il decreto legislativo 233/1999). E ciò pone a rischio la legittimità di tutti i provvedimenti amministrativi, in materia di scuola, che prevedono l'acquisizione del previo parere del parlamentino dell'istruzione. Come, per esempio, i bandi di concorso e i decreti sulla ripartizione dei posti in materia di reclutamento. L'inerzia dell'amministrazione scolastica, peraltro, è stata censurata in via definitiva anche dal giudice amministrativo. Che non ha tenuto conto di proroghe e sanatorie. E per porre fine a questa situazione, il Tar del Lazio, il 24 novembre scorso, con la sentenza 11712/2014 ha disposto l'indizione delle elezioni tramite la nomina di un commissario ad acta. Ma finora, di elezioni, neanche l'ombra. Il problema della mancata costituzione del Consiglio superiore dell'istruzione (quello previsto dal decreto legislativo 233/1999) è stato bypassato dai governi che si sono succeduti dal '99 al 2012, mantenendo in vita il vecchio Consiglio nazionale della pubblica istruzione (istituito con il decreto del presidente della repubblica 416 del 31 maggio 1974). Il tutto tramite proroghe inserite, di volta in volta, nelle varie leggi finanziarie fino alla Finanziaria del 2013 (legge 24 dicembre 2012 n. 228). Nella Stabilità del 2014 (legge 27 dicembre 2013, n. 147) infatti, la proroga non è stata più prevista. La mancata proroga ha determinato la cessazione dell'organo. Nel frattempo, non è stato costituito il nuovo parlamentino dell'istruzione (quello previsto dal decreto legislativo 233/1999) e ciò ha avuto come effetto l'illegittimità dei provvedimenti ministeriali che necessitavano del relativo parere obbligatorio prima di essere emanati. Per esempio i provvedimenti che hanno consentito l'avvio della sperimentazione dei licei in 4 anni anziché 5 (Tar Lazio, III sezione–bis, del 16 settembre 2014, n. 9694, si veda ItaliaOggi del 23/9/2014). Il governo ha tentato di superare l'ostacolo tramite l'adozione del decreto-legge n.90, del 24 giugno 2014, con il quale è stata introdotta una sorta di sanatoria di tutti gli atti che erano stati emanati fino alla data di entrata in vigore del decreto. Ma ciò non è bastato per evitare le condanne del Tar.
In più, lo stesso decreto ha dato tempo al governo per indire le elezioni del Consiglio fino al 31 dicembre 2014. E in caso di inosservanza di tale termine, il provvedimento ha fissato il termine perentorio del 30 marzo 2015. Decorso tale termine, i decreti, le ordinanze e quant'altro, per essere considerati legittimi, avrebbero dovuto comunque essere dotati del parere obbligatorio dell'organo del Consiglio. E dunque, l'esecutivo è corso ulteriormente ai ripari prorogando ulteriormente i termini. A questo proposito, l'articolo 1 comma 6, del decreto legge 31 dicembre 2014, numero 192, prevede che il termine perentorio per indire le lezioni slitti al 30 settembre 2015. E il termine di sospensione dell'obbligo di acquisire i pareri obbligatori degli organi collegiali dell'amministrazione scolastica scivoli fino al 31 dicembre 2015. |