Dal contratto a termine al contratto a tempo indeterminato. Una soluzione possibile

Riflessioni a margine della recente giurisprudenza sui contratti dei precari

Avv. Lorenzo Esposti, DirittoScolastico.it febbraio 2015

 

Riflessioni a margine della recente giurisprudenza sui contratti dei precari

Sono noti gli effetti dirompenti che la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (già oggetto di commento) sta producendo sulla reiterazione dei contratti a termine stipulati per sopperire posti vacanti e disponibili, in particolare, per quanto concerne il personale afferente al comparto scuola.

A seguito della pronuncia della Corte di Giustizia sono emersi interrogativi sempre più pressanti circa la possibilità o meno per i lavoratori precari con più di 36 mesi di servizio ( raggiunti mediante la stipulazione di contratti a termine anche non consecutivi) di domandare al Tribunale del Lavoro la conversione del contratto a termine con quello a tempo indeterminato.

Può il giudice adito concedere questo tipo di tutela invocata dai ricorrenti ?

Il punto di partenza per rispondere a questo interrogativo dovrebbe essere ad avviso di chi scrive la distinzione tra procedure selettive di cui all’art. 35 del Dlgs. 165/2001 e la disciplina del contratto a termine cosi come evidenziato nella sentenza del Tribunale di Napoli del gennaio 2015.

E’ noto che l’art. 97 della Costituzione prevede quale modalità principe per l’assunzione nel pubblico impiego, il superamento di un concorso pubblico indetto dall’Amministrazione di riferimento.

Questa argomentazione, da sola, potrebbe far sorgere forti dubbi, circa, la possibilità di consentire ad un lavoratore assunto con contratto a termine di proseguire il rapporto con l’Amministrazione con un contratto a tempo indeterminato solo perché si sono superati i 36 mesi di servizio a tenore dell’art. 5 comma 4 bis d.lgs. 368/2001 ( Legge sui contratti a termine ).

Invero cosi non è. Andiamo con ordine.

Occorre subito evidenziare che nel caso di specie non sarebbe comunque violato il disposto di cui all’art. 97 della Costituzione, poiché come giustamente evidenziato anche da una parte della giurisprudenza ( sent. Tribunale di Napoli) più recente , la costituzione del rapporto di lavoro comunque avviene attraverso il rispetto di una procedura selettiva automatica di personale attraverso specifica graduatoria.
Peraltro già la Corte Costituzionale ebbe a sentenziare nel 2011 circa la perfetta conformità del sistema delle graduatorie permanenti, come corretto metodo di selezione per i più meritevoli.

Inoltre non va sottaciuta l’importanza a che le norme anche costituzionali siano conformi al dettato normativo dell’Unione Europea attesi i vincoli che discendono per l’Italia dall’appartenenza all’Unione medesima.

Già la direttiva 1999/70 prevedeva che è obbligo dello Stato creare un quadro normativo atto ad impedire l’abusiva reiterazione dei contratti a termine.

L’art. 5 comma 4 bis Dlgs. 368/01 prevede una sanzione nel caso della reiterazione dei contratti che superano i 36 mesi.

Osserva il Tribunale di Napoli, e l’orientamento merita condivisione, che la sanzione non scatta sul contratto, tanto che non è possibile considerare a tempo indeterminato l’ultimo contratto stipulato, bensì sul rapporto.

Ne discende che il contratto a tempo indeterminato si costituisce proprio in quel momento, ovvero allorquando scatta la sanzione. Non si assiste ad una conversione ma ad una vera e propria costituzione del rapporto a tempo indeterminato.

I contratti stipulati con l’Amministrazione sono perfettamente legittimi, in quanto è lo stesso Legislatore che consente il ricorso a tale strumento per sopperire ad esigenze temporanee, tuttavia il superamento dei 36 mesi come affermato dalla giurisprudenza richiamata, genera la costituzione del rapporto indicato.

Lo scopo è quello di prevenire e reprimere l’abusiva reiterazione dei contratti a termine.

Misura sanzionatoria d’eccellenza per reprimere la condotta abusiva in parola. Certamente migliore e più soddisfacente del risarcimento del danno.

Conclusione in linea con le recenti novità legislative introdotte in materia .

Si giunge a tali conclusioni proprio attraverso un’interpretazione sistematica delle recenti disposizioni normative .

Ciò su cui occorre porre l’attenzione non è a parere dello scrivente l’utilizzo, come accennato, dei contratti a termine, poiché conformi ai poteri che l’Ordinamento riconosce alle Pubbliche Amministrazioni, bensì all’impiego abusivo, ovvero oltre quanto ipotizzabile che di questo strumento fanno le Amministrazioni.

E’ evidente che i contratti a termine stipulati dalle P.A. hanno avuto l’effetto di sopperire all’impossibilità di procedere all’espletamento di concorsi pubblici, atteso il patto di stabilità.

Pur tuttavia con la reiterazione degli stessi è innegabile l’abuso perpetrato ai danni degli assunti.

Dal danno alla sanzione, quindi, attraverso la possibilità non di convertire un contratto a tempo determinato bensì di costituire come detto un rapporto a tempo indeterminato.

Come affermato anche dalla Corte di Giustizia occorre comunque sempre esaminare di volta in volta tutte le circostanze del caso prendendo in considerazione , in particolare, il numero dei contratti successivi stipulati al fine di escludere che contratti di lavoro a tempo determinato, sebbene palesemente conclusi per soddisfare esigenze di personale sostitutivo, siano utilizzati in modo abusivo dai datori di lavoro ( sentenza Kucuk Corte di Giustizia UE).

I principi di cui sopra sono applicabili a tutto il pubblico impiego .