Le pensioni, cancro d'Italia

Ritratto di un paese che ingoia il suo futuro. Analisi e confronto internazionale.

di Walter Massara, The Blasting News 1.9.2014

Il primo lunedì del mese negli uffici postali italiani. Caterve di anziani, superstiti, invalidi, falsi invalidi che ritirano il loro bell'assegno previdenziale. Alcuni davvero bisognosi di assistenza che riscuotono cifre irrisorie, altri molto meno, ex professionisti, manager, medici dal tenore di vita elevato che hanno versato e si riprendono i loro soldi. Superpensioni, pensioni d'oro, chiamatele come volete. Un'immagine che è lo spaccato tipico di un'Italia che spende pochissimo in ricerca e sviluppo, che costringe i migliori a fuggire, che emargina i suoi giovani, che non fa figli. Se uno dei compiti basilari di uno Stato è redistribuire il reddito, questo è una raffigurazione indegna perfino di una Nazione incivile, il ritratto di un Paese che non ha futuro. La cosa paradossale è che nessuno ne parla, quando questo non è un problema, è il problema. Si blatera di Senato, di auto blu, di burocrazia, di legge elettorale. Non si parla di pensioni, di spesa pubblica destinata all'assistenza e alla previdenza. Non sono in discussione i contributi assistenziali, ampiamente giustificati e che anzi andrebbero innalzati e di parecchio perchè un "povero pensionato" non può certo vivere con 500 euro al mese. Garantire un adeguato tenore di vita a tutti sarebbe l'abc di una politica non diciamo dotata di spina dorsale, ma almeno di qualche vertebra. Quello che è vomitevole è vedere, per dire, ex primari, dall'alto di ville, yacht, discendenti che studiano a Londra, molti di essi figli del nepotismo più becero, incassare migliaia e migliaia di euro mensili senza più far nulla, solo perchè hanno versato. Riprendersi i loro soldi. Discorso da estendere a tante altre belle lobby. Si tratta di una cosa civile, equa, giusta?

Una politica con gli attributi inciderebbe questa spesa col bisturi. In Australia, chi è proprietario di due abitazioni non ha diritto alla pensione perchè potenzialmente dispone di una fonte di reddito che può generare un'entrata automatica. Si sa questo in Italia? Ma è chiaro che chi gode di privilegi non vi rinuncerà mai se qualcun altro non glielo farà notare. Nel mondo, il sistema previdenziale rappresenta il principale programma di welfare. I sistemi pensionistici forniscono prestazioni a coloro che hanno cessato l'attività lavorativa per ragioni di vecchiaia o anzianità contributiva (pensioni di vecchiaia o anzianità), per sopravvenuta incapacità lavorativa (pensioni di invalidità), ai familiari di lavoratori deceduti (pensioni ai superstiti) e a chiunque è sprovvisto di qualunque forma di reddito e non in grado di lavorare (pensioni assistenziali). Le pensioni assistenziali o minime, che nessuno mette in discussione e che, anzi, andrebbero incentivate, prevedono la separazione tra contributi versati e importo percepito, sì da contentire la redistribuzione in favore dei redditi bassi. Il problema è ridiscutere la finalità previdenziale, perlomeno per i ceti abbienti, che consiste nel garantire all'individuo il mantenimento del tenore di vita raggiunto nella fase finale dell'attività lavorativa.

Qualche numero. L'importo della spesa previdenziale in Italia nel 2012 è stato pari a 271 miliardi di euro per un totale di 16,6 milioni di aventi diritto. Il dato Istat rileva come il nostro Paese "bruci" in previdenza e assistenza il 17% del suo Pil nominale. Il confronto internazionale è impietoso. L'Australia spende in pensioni il 3,1% del Pil, la Nuova Zelanda il 4,7%, gli Stati Uniti il 4,9%, il Regno Unito il 6,7%. L'Europa, intesa come Francia e Germania fa di peggio e spende in pensioni grossomodo il 10% del Pil, così come il Giappone, comunque molto meno dell'Italia. Cina e India, ovvero le due principali economie emergenti, addirittura il solo 2% del valore dei beni e servizi prodotti. Le cifre si ribaltano per la spesa, ad esempio, in ricerca e sviluppo che "impegna" il prodotto interno lordo italiano per un umiliante 1,25%. Qualche giorno fa avevo raccolto una frase disillusa, certamente gergale e semplicistica, ma tremendamente efficace. "Che futuro può avere un Paese che dà i soldi ai vecchi invece che darli ai giovani?". Nessuno, diremmo noi. Nessuno risponderebbe ogni persona sensata non ancorata a comodità e privilegi distruttivi. Se nella vita non si smette mai, fino alla morte, di crescere e di imparare, anche coloro che hanno avuto la fortuna, per merito o meno, di attraversarla agiatamente, possono tenersi occupati con qualcosa che amano veramente fare senza perdere il loro diritto al riposo. Non possono aver dilapidato tutte le loro risorse, non possono sottrarle a chi ha veramente bisogno, e ai nuovi talenti, ai giovani, al futuro. Non glielo si può, non glielo si deve consentire. Possono essere una risorsa, e non una zavorra.


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