Lunedì inglese, martedì nuoto, mercoledì calcio, giovedì teatro,
venerdì basket:ecco il calendario tipo dei bambini e dei ragazzi,
travolti da un vero consumismo delle attività extrascolastiche, in
una bulimia - genitoriale più che personale - di corsi, impegni e
appuntamenti da fare invidia ad un manager. Nel multiforme mondo
delle associazioni no profit e private che li gestiscono, è
difficile quantificare: ma se l’Istat dice che il 64,4% dei bambini
tra i 6 e i 10 anni svolge un’attività fisica, e se si tiene conto
che le istituzioni sportive sono il 30,8% delle istituzioni
no-profit censite, si ha l’idea di un fenomeno che invade
trasversalmente fasce sociali, geografiche, di reddito. Ma
quest’overdose è utile? «La mia risposta è no - risponde Clotilde
Pontecorvo, docente di Psicologia dell’educazione dell’università La
Sapienza». «Non serve né ad identificare degli eventuali talenti né
ad afferrare delle alternative educative. E peraltro è molto
pressante e faticoso, sia per i genitori che per i bambini. Il vero
problema è che quest’esigenza nasce da due carenze molto forti della
scuola: la quasi totale assenza di musica e sport nell’orario
scolastico. L’attività motoria è fondamentale per il corretto
sviluppo fisico del bambino e del ragazzo e per la sua
socializzazione. E per quanto riguarda la musica, noi siamo animali
con prevalenza uditiva: è fondamentale la musica fin dalla prima
infanzia per sviluppare questa capacità. Per fortuna adesso c’è una
proposta in discussione per portare la musica nelle scuole, speriamo
che vada avanti». La proposta è quella nata dall’accordo tra il
ministro Stefania Giannini e il ministro dei Beni culturali Dario
Franceschini, che dovrebbe appunto valorizzare alcune materie, tra
cui la musica. Ma siamo ancora in fase di elaborazione. Sull’altro
fronte, quello dell’educazione fisica, qualcosa si sta muovendo: è
stato appena presentato il piano «sport di classe», per introdurre
attraverso l’impegno del Coni e del Miur, due ore di educazione
fisica settimanali per tutte le classi terza, quarta e quinta
primaria, fin da novembre. Il piano prevede anche un tutor sportivo
per ogni scuola elementare, e un kit d materiale sportivo da
realizzarsi anche con il finanziamento dei privati. Intanto, però,
le famiglie continuano a firmare moduli di iscrizione, e a pagare.
Dai 30 ai 500 euro al mese
Sì, perché nella maggior parte dei casi questi corsi incidono, anche
pesantemente, sul bilancio familiare. Secondo una stima del
Codacons, i prezzi di un anno di iscrizione alle scuole calcio per
bambini, variano tra i 200 e i 900 euro a Roma, a seconda della zona
e della struttura. A Milano, si parte da un minimo di 300 per
arrivare sempre a 900 euro. Il prezzo medio di un corso di nuoto per
bambini varia tra i 300 e i 450 euro all’anno. A Milano si paga un
po’ di più: tra i 370 e i 500 euro.Le lezioni di chitarra costano in
media 15/20 euro allora, i corsi di teatro tra gli 8 e i 12 euro, la
danza classica o moderna 10 euro, l’inglese tra i 15 e i 17 euro, il
pianoforte tra i 15 e i 25 euro. E senza considerare la consueta
«tassa» di iscrizione , che si paga ad inizio corso, che si aggira
intorno ai 50 euro, e serve a coprire tutte le spese
(dall’assicurazione al riscaldamento) connesse. Bastano due conti
per capire come una famiglia può arrivare a spendere, per un solo
figlio, dai 100 ai 500 euro al mese. E anche se per i fratelli sono
sempre previsti piccoli sconti (dal 10 al 15%), il conto finale è
sempre da capogiro. Chi se lo può permettere? «Credo che ci siano
due tipologie di famiglie dirette verso queste scelte- spiega
Susanna Mantovani, pedagogista dell’università di Milano La Bicocca
- i genitori che non hanno problemi economici e che vogliono
attrezzare il figlio il più possibile perché il mondo è difficile. E
poi quelli che non possono esserci, perché lavorano, e allora
preferiscono impegnare i bambini e i ragazzi in qualcosa di concreto
piuttosto che abbandonarli tutto il giorno sul divano». Ma ci sono
piccole regole per non strafare? «La prima è: se si comincia
un’attività, non mollare, almeno non subito, bisogna proseguire per
un po’. E poi, ci vuole equilibrio e misura. Si tende ad eccedere,
forse perché la scuola viene ritenuta inadeguata. La bulimia dei
corsi è solo lo specchio di un mondo educativo difficile, il segnale
di qualcosa che non va».
Parola d’ordine: divertirsi
Le scuole aperte il pomeriggio, con l’organizzazione pubblico-privata
per organizzare corsi e attività per bambini a costi (e
complicazioni) contenuti, potrebbero ridurre l’overdose di spese,
spostamenti, la sovrapposizione selvaggia di attività. Lo dimostrano
gli esperimenti già avviati, quelli dove nei cortili e nelle
palestre degli istituti il pomeriggio si tengono corsi più economici
e accessibili agli studenti, in genere gestiti da piccole
associazioni del territorio. Intanto, come scegliere le attività
giuste, per una buona crescita fisica e psicologica dei nostri
figli?
«Non va bene la specializzazione, i bambini devono sperimentare
tutto e poi scegliere»
«La prima regola è: divertirsi - risponde il professor Gianfranco
Beltrami, specialista in medicina dello sport, università di Parma -
Il bambino dovrebbe innanzitutto provare tutti gli sport, per capire
cosa gli piace di più. Non andare verso un’eccessiva
specializzazione, spinto dai genitori. L’importante è che, nei primi
anni, sviluppi destrezza, equilibrio, coordinazione. Judo e nuoto
sono adatti a tutti, ma non sono gli unici. Purtroppo anche le
società sportive tendono a selezionare in età sempre più precoce i
futuri ragazzi da allenare, e li spingono verso l’agonismo. Non va
bene: è giusto che un ragazzino si indirizzi verso uno sport che è
più adatto a lui- un tipo alto ad esempio potrà dedicarsi al basket
e alla pallavolo, uno piccolino al calcio- e che lo attira di più-
solitario o di squadra- ma il principio resta sempre lo stesso, per
tutti i tipi di corsi: il divertimento».