Circa 110-115 mila ragazzi tra i 14 e i 17 anni ogni anno si trovano fuori dai percorsi formativi scolastici: la percentuale di chi abbandona i banchi prematuramente (i cosiddetti early school leavers) è in Italia del 17,6%, con picchi del 25,8% in Sardegna, 25% in Sicilia, 21,8% in Campania, del 19,8% in Puglia, e con tassi decisamente più elevati negli istituti tecnici e professionali. Colpa dei troppi bocciati nel primo anno di scuola secondaria? E’ una delle ipotesi avanzate nell’indagine conoscitiva presentata nei giorni scorsi alla Camera dei deputati: «Gli abbandoni della scuola avvengono prevalentemente nel primo biennio della superiore in genere a seguito di una bocciatura- si legge nel documento di Montecitorio - Vari esperti osservano che la bocciature all’inizio del corso di studi superiore si
rivela spesso decisiva per la scelta di abbandonare la classe». Dunque, continua l’indagine,«è importante una decisa azione di contenimento dele bocciature in particolare nei primi due anni di scuola secondaria dove le bocciature stimate sono 185 mila, attraverso piani di studio più flessibili e personalizzati», non sbarrando la strada dopo il primo anno ma valutando i ragazzi soltanto alla fine del biennio stesso.
«Includere e non escludere»
Ma è possibile rinunciare alla bocciatura nel primo anno di superiori? La strategia anti-abbandoni, che punta a ridurre al 10% la fetta di chi lascia gli studi prima del tempo, potrebbe passare dalle promozioni facili? «Potrebbe essere una soluzione, stiamo facendo delle valutazioni - risponde il sottosegretario all’Istruzione Angela D’Onghia, con delega alla dispersione scolastica - Il biennio deve essere un periodo di inclusione, non di sbarramento: quindi, soprattutto nelle scuole professionali e tecniche, vogliamo avviare una serie di attività inclusive che spingano gli studenti a diventare una comunità, anche in collaborazione con le famiglie. Abbiamo notato, ad esempio- prosegue D’Onghia- che se i ragazzi hanno frequentato progetti didattici la tendenza ad abbandonare diminuisce. Ma poi bisogna sempre valutare istituto per istituto: una
strategia che può andar bene in un contesto socio-culturale può risultare nociva in un altro. Non possiamo certo monitorare tutti gli istituti superiori uno ad uno - ammette - ma i casi problematici sì: e istituendo dei gruppi di lavoro che agiscono in collaborazione con le famiglie possiamo affrontare e superare il problema».
Il pedagogista: attenti al «massacro didattico»
Ma è vero che una bocciatura può bloccare il percorso di un ragazzo? «Assolutamente sì: lo chiamerei massacro didattico- conferma il pedagogista Raffaele Mantegazza, dell’università Bicocca di Milano - C’è una tendenza a falcidiare i ragazzi fin da febbraio del primo anno. Alle prime pagelle, ragazzini usciti con voti discreti dalle medie, si ritrovano con tutti 2: non è accettabile pedagogicamente. Parliamo di ragazzi che passano dall’essere i più grandi della propria scuola a diventare i più piccoli dell’istituto: e per lo più in una fase, quella dell’adolescenza, già delicatissima. Se fossi un ministro dell’Istruzione- suggerisce Mantegazza- agirei proprio su quel periodo, sul biennio delle superiori, che è il completamento dell’obbligo, e la fase più delicata del percorso scolastico». La soluzione? «Orientare meglio all’uscita dalle medie, e
riorientare a febbraio, per capire in che direzione si sta andando».
I presidi: «Coinvolgere e motivare»
Allora bisogna regalare voti buoni? «No, non serve- obietta Lamberto Catello, preside dell’ITI Elia di Castellammare di Stabia (Na) - Noi siamo passati dal 27% di abbandoni al 14% senza regalare niente, ma lavorando sulle motivazioni degli studenti e offrendo loro una prospettiva: molti dei nostri neo diplomati lavorano già in Ferrari, Selex, Finmeccanica». Anche secondo Maria Teresa Cipriano, dirigente scolastico dell’istituto alberghiero Manlio Rossi Doria di Avellino, «non sono le bocciature a influenzare i ragazzi, ma il disagio familiare, che negli ultimi anni si è molto accentuato: se riusciamo a superare quello, portiamo avanti i ragazzi avanti, fino al diploma». Ma spesso il punto non è bocciare oppure no: «A volte le bocciature vengono vissute con indifferenza, proprio per il retroterra socio-culturale arretrato- rileva Angelo
Castronuovo, preside dell’istituto Pitagora di Policoro - Noi avevamo una percentuale di abbandoni del 20%, siamo arrivati all’11-12% coinvolgendo gli studenti nell’attività didattica, attraverso la rete di book in progress, i tablet, le attività extrascolastiche: facendo sentire loro che essere bocciati significava abbandonare tutto questo».Circa 110-115 mila ragazzi tra i 14 e i 17 anni ogni anno si trovano fuori dai percorsi formativi scolastici: la percentuale di chi abbandona i banchi prematuramente (i cosiddetti early school leavers) è in Italia del 17,6%, con picchi del 25,8% in Sardegna, 25% in Sicilia, 21,8% in Campania, del 19,8% in Puglia, e con tassi decisamente più elevati negli istituti tecnici e professionali. Colpa dei troppi bocciati nel primo anno di scuola secondaria? E’ una delle ipotesi avanzate nell’indagine conoscitiva presentata nei giorni
scorsi alla Camera dei deputati: «Gli abbandoni della scuola avvengono prevalentemente nel primo biennio della superiore in genere a seguito di una bocciatura- si legge nel documento di Montecitorio - Vari esperti osservano che la bocciature all’inizio del corso di studi superiore si rivela spesso decisiva per la scelta di abbandonare la classe». Dunque, continua l’indagine,«è importante una decisa azione di contenimento dele bocciature in particolare nei primi due anni di scuola secondaria dove le bocciature stimate sono 185 mila, attraverso piani di studio più flessibili e personalizzati», non sbarrando la strada dopo il primo anno ma valutando i ragazzi soltanto alla fine del biennio stesso.
«Includere e non escludere»
Ma è possibile rinunciare alla bocciatura nel primo anno di superiori? La strategia anti-abbandoni, che punta a ridurre al 10% la fetta di chi lascia gli studi prima del tempo, potrebbe passare dalle promozioni facili? «Potrebbe essere una soluzione, stiamo facendo delle valutazioni - risponde il sottosegretario all’Istruzione Angela D’Onghia, con delega alla dispersione scolastica - Il biennio deve essere un periodo di inclusione, non di sbarramento: quindi, soprattutto nelle scuole professionali e tecniche, vogliamo avviare una serie di attività inclusive che spingano gli studenti a diventare una comunità, anche in collaborazione con le famiglie. Abbiamo notato, ad esempio- prosegue D’Onghia- che se i ragazzi hanno frequentato progetti didattici la tendenza ad abbandonare diminuisce. Ma poi bisogna sempre valutare istituto per istituto: una
strategia che può andar bene in un contesto socio-culturale può risultare nociva in un altro. Non possiamo certo monitorare tutti gli istituti superiori uno ad uno - ammette - ma i casi problematici sì: e istituendo dei gruppi di lavoro che agiscono in collaborazione con le famiglie possiamo affrontare e superare il problema».
Il pedagogista: attenti al «massacro didattico»
Ma è vero che una bocciatura può bloccare il percorso di un ragazzo? «Assolutamente sì: lo chiamerei massacro didattico- conferma il pedagogista Raffaele Mantegazza, dell’università Bicocca di Milano - C’è una tendenza a falcidiare i ragazzi fin da febbraio del primo anno. Alle prime pagelle, ragazzini usciti con voti discreti dalle medie, si ritrovano con tutti 2: non è accettabile pedagogicamente. Parliamo di ragazzi che passano dall’essere i più grandi della propria scuola a diventare i più piccoli dell’istituto: e per lo più in una fase, quella dell’adolescenza, già delicatissima. Se fossi un ministro dell’Istruzione- suggerisce Mantegazza- agirei proprio su quel periodo, sul biennio delle superiori, che è il completamento dell’obbligo, e la fase più delicata del percorso scolastico». La soluzione? «Orientare meglio all’uscita dalle medie, e riorientare a
febbraio, per capire in che direzione si sta andando».
I presidi: «Coinvolgere e motivare»
Allora bisogna regalare voti buoni? «No, non serve- obietta Lamberto Catello, preside dell’ITI Elia di Castellammare di Stabia (Na) - Noi siamo passati dal 27% di abbandoni al 14% senza regalare niente, ma lavorando sulle motivazioni degli studenti e offrendo loro una prospettiva: molti dei nostri neo diplomati lavorano già in Ferrari, Selex, Finmeccanica». Anche secondo Maria Teresa Cipriano, dirigente scolastico dell’istituto alberghiero Manlio Rossi Doria di Avellino, «non sono le bocciature a influenzare i ragazzi, ma il disagio familiare, che negli ultimi anni si è molto accentuato: se riusciamo a superare quello, portiamo avanti i ragazzi avanti, fino al diploma». Ma spesso il punto non è bocciare oppure no: «A volte le bocciature vengono vissute con indifferenza, proprio per il retroterra socio-culturale arretrato- rileva Angelo Castronuovo, preside dell’istituto Pitagora di Policoro - Noi avevamo una percentuale di abbandoni del 20%, siamo arrivati all’11-12% coinvolgendo gli studenti nell’attività didattica, attraverso la rete di book in progress, i tablet, le attività extrascolastiche: facendo sentire loro che essere bocciati significava abbandonare tutto questo».