Modello all’inglese per la scuola italiana?

Si è appena conclusa la consultazione pubblica su la “buona scuola”. Un confronto con il sistema inglese, di cui il Governo vuole mutuare alcuni aspetti, appare dunque utile. Le differenze con la nostra scuola restano comunque significative, a partire dal concetto di classe fino agli esami.

di Gianni De Fraja, La Voce.info 21.11.2014

LA SCUOLA INGLESE

Una recente iniziativa del Governo invita il pubblico a partecipare al dibattito sulla riforma della scuola in Italia. Il rapporto è di ampio respiro, copre un po’ tutti gli aspetti della formazione scolastica. Spero dunque possa essere utile alla discussione una descrizione schematica del sistema scolastico dell’Inghilterra. In questo primo contributo descrivo la carriera degli studenti, in un secondo articolo spiegherò la struttura gestionale (governance). Se da un lato vi sono infatti aspetti del sistema inglese che il programma del Governo cerca di introdurre in Italia, per molti aspetti le differenze rimangono profonde.
In Inghilterra, l’anno scolastico comincia a fine agosto/inizio settembre ed è diviso in tre “term” separati dalle vacanze di Natale (due settimane), dalle vacanze di Pasqua (due settimane) e da quelle estive (sei settimane); a metà di ogni term è prevista una settimana (o due) di interruzione: a fine ottobre, metà febbraio e fine maggio/inizio giugno. Le scuole sono aperte da lunedì a venerdì, dalle 8-9 alle 15-16. La scuola è gratuita davvero fino a 18 anni: tutto il materiale, libri, quaderni, penne, matite, astucci, cartelle, colori e altro, è fornito dalla scuola, anche lo scuola-bus è normalmente gratuito. Fanno eccezione i vestiti, per esempio l’uniforme o le scarpe da ginnastica, i materiali speciali per arte, cucina, e altre materie e i viaggi e le gite (anche se c’è un fondo per aiutare chi ne ha bisogno). La mensa è gratuita per gli studenti fino al secondo anno e per quelli con famiglie in difficoltà economiche. Gli studenti sono otto mesi avanti rispetto all’Italia: la data che divide un anno da un altro è il 1° settembre, così i ragazzi nati da settembre a dicembre sarebbero nella stessa classe sia in Inghilterra sia in Italia, mentre quelli nati da gennaio ad agosto sono un anno avanti in Inghilterra. La struttura della carriera, rigida in Italia (cinque anni di elementari, tre di medie inferiori, cinque di medie superiori), è molto più fluida in Inghilterra.


La tabella qui sopra confronta i percorsi seguiti dai ragazzi in due cittadine inglesi con quello di uno studente italiano. Combinazioni intermedie tra i due estremi illustrati sono possibili e diffuse; il cambio di scuola alla fine dell’anno 6 è invece comune a tutti. La decisione sulla struttura per età è presa dalla scuola. Alla diversità della struttura per età si contrappone un’estrema uniformità di contenuto: le scuole sono in effetti indifferenziate fino all’anno 11, che segna la fine dell’obbligo (per intenderci fino alla terza superiore) e tutti gli studenti studiano un curricolo comune per l’80-90 per cento. Le scuole normalmente impongono di seguire determinati corsi (dall’anno 10 in su) e lasciano allo studente la scelta di qualche materia opzionale: ad esempio, una scuola può decidere che tutti i suoi studenti devono seguire inglese, matematica, almeno due scienze, almeno una lingua straniera, almeno un corso “tecnologico o artistico”, storia o geografia e così via. Qualche differenziazione al margine risulta dalle scelte delle scuole: ogni istituto è libero di offrire le materie che preferisce. La scelta è influenzata da vincoli di bilancio e dalla domanda degli studenti. Anche per gli ultimi due anni (12 e 13, la cosiddetta sixth form), la differenziazione accademica avviene all’interno della scuola: gruppi di studenti studiano materie “tradizionali” (inglese, scienze, matematica, lingue); altri, nella stessa scuola, studiano turismo, cinema, musica, tecnologia del cibo (la scuola frequentata dai miei figli è un esempio tipico; dettagli della sua sixth form sono qui). In altri termini, i concetti di “liceo classico”, “istituto tecnico”, “istituto professionale” semplicemente non esistono. Ogni scuola può offrire ai suoi studenti qualunque materia.

IL CONCETTO DI CLASSE E I GRUPPI DI LIVELLO

Il concetto di classe è molto differente in Inghilterra rispetto all’Italia. Le scuole elementari sono piccole, metà hanno solo una classe per anno e il 90 per cento ne hanno al più due. Molte scuole elementari hanno meno classi che anni e formano pluriclassi. Gli insegnanti non seguono la classe, ma sono assegnati a un dato anno, e spesso hanno responsabilità per certe lezioni (per esempio, matematica): quindi nel corso del ciclo di scuola primaria, un bambino segue lezioni di tutti i maestri della sua scuola. Dall’anno 7 in poi sono gli studenti, non i docenti, che si spostano da un’aula all’altra per le varie lezioni. Nelle scuole in cui esistono, le classi si incontrano all’inizio o alla fine della giornata per l’appello. Ogni scuola cerca di creare un senso di comunità, organizzando molti spazi comuni a tutti gli studenti. Dall’assemblea, quotidiana nella scuola primaria, cui partecipano tutti gli studenti e i docenti, dove si condividono notizie buone (risultati sportivi, altri successi, collettivi o individuali, gite, visite e altri eventi) e tristi (come ad esempio il decesso di uno studente); alla “common room”, alla mensa, dove si incontrano studenti che non frequentano assieme alcuna lezione: due quattordicenni che pranzano assieme potrebbero aver finito una la lezione di latino, l’altra quella di manicure, e tenere il posto a due amici sedicenni che hanno seguito uno lavorazione del legno e l’altro algebra matriciale. Le lezioni sono abbastanza differenziate per abilità, fin dalle elementari, anche se in modo piuttosto fluido: in seconda elementare, un bambino può essere nel “top table” in matematica, in quello intermedio in inglese e nel terzo gruppo in disegno. A mano a mano che il percorso scolastico prosegue, la differenziazione può diventare più formale: negli anni 10-11, gli ultimi dell’obbligo, i programmi di molte materie sono nettamente distinti da classe a classe: una classe studia per ottenere A* e A in matematica, e allo stesso tempo, in un’altra classe, l’insegnante cerca di far ottenere il voto minimo di C ai suoi studenti.

GLI ESAMI

In Inghilterra non ci sono bocciature, si avanza semplicemente per età. Ogni studente, materia per materia, trimestre per trimestre, ha un livello “target”: il target è comunicato ai genitori con il rapporto trimestrale e discusso di persona nelle “parents evening”: una sera per trimestre, dalle 17-18 alle 21-22. Gli esami finali (a conclusione dell’anno 11) servono a fornire un diploma, ma non sono obbligatori. Ogni studente può scegliere in quali materie sostenere l’esame (detto Gcse), che può essere passato con i voti A*, A, B, C, D, E. Una qualificazione minima è avere cinque Gcse, compresi matematica e inglese, con la votazione di almeno C in ognuno. Gli studenti che intendono poi proseguire gli studi all’università tendono a prendere 10-12 Gcse. Il grafico qui sotto dà un’idea della distribuzione dei voti (i numeri in parentesi sono la percentuale sul totale di esami sostenuti in quei gruppi di materie); dati più dettagliati si trovano qui.
Esistono invece esami a scadenze fissa (KS1 e KS2 a 7 e 11 anni rispettivamente), più importanti per la scuola che per lo studente (spesso il ragazzo e i suoi genitori non ne conoscono l’esito). Servono sia alla valutazione della scuola (simili in questo ai test Invalsi), sia per assegnare lo studente, nell’anno successivo, al gruppo più appropriato alle sue capacità. I dati su questi esami sono pubblici aggregati per scuola, e disponibili a livello di studente, anonimizzati, per validi motivi di ricerca. Gli ultimi due anni di scuola sono molto focalizzati: tra un terzo e la metà degli studenti smette di frequentare, ma deve iscriversi a corsi “professionali” o apprendistati. Dei restanti, la maggioranza intende andare all’università e per questo studia quattro materie, ridotte a tre per l’anno 13. Su queste materie si sostengono gli esami (Gce, cosiddetti A-levels): sono rari gli studenti che studiano per gli A-level senza aver intenzione di frequentare l’università. Per l’ammissione all’università è necessario avere tre A-levels (mai più di tre). Ogni università impone voti minimi negli A-level e spesso richiede materie specifiche (per esempio, matematica per studiare economia, chimica e un’altra scienza per studiare medicina) e colloqui o esami specifici. L’amministrazione degli esami è completamente separata dalle scuole. I compiti sono decisi da enti indipendenti: in pratica, tutti gli studenti inglesi che fanno l’esame in una data materia hanno lo stesso compito (e sostengono l’esame contemporaneamente). Anche la vigilanza durante gli esami e la correzione dei compiti sono gestite da questi enti, quindi c’è completa comparabilità tra gli esami sostenuti in scuole diverse. Per chiarire, si può pensare alle scuole come a sci club, che preparano i propri “studenti”, cercando di far loro ottenere il risultato migliore possibile nelle gare organizzate dalla Fisi.

 

E LE SCUOLE PRIVATE?

Non ho parlato finora delle scuole private (chiamate anche indipendenti, o, tanto per confondere ben bene le idee, “public school”). Qui si pagano rette piuttosto elevate (la media nazionale è 15mila euro all’anno, a cui vanno aggiunte le sostenute spese accessorie) e qui studiano i figli dell’elite: il 6-7 per cento degli studenti inglesi, oltre a circa 40mila studenti stranieri. L’organizzazione è nel complesso simile a quella delle scuole statali. Il vantaggio sociale conferito rimane sostanziale, ma, mentre una volta per questi studenti era molto più facile l’accesso a industria, professioni e università, oggi il beneficio è soprattutto nella rete di conoscenze e amicizie costruite durante gli anni di scuola. Le università di prestigio cercano esplicitamente di ridurre il numero dei loro studenti provenienti da scuole private.