La volta e la svolta

di Francesco Di Lorenzo, Fuoriregistro 15.3.2014

'La svolta buona' incombe su di noi e sulla scuola italiana. E non sembra una minaccia. Anzi, sembra una favola, forse lo è. Intanto si comincia con il registrare un cambiamento di registro e di linguaggio, che forse è quello più evidente. Per la prima volta da qualche decennio, succede che sia il primo ministro, il responsabile del governo, a prendersi delle responsabilità sulla scuola e non più il ministro delegato. Diciamo per capirci che finora era il ministro dell'Istruzione a combinare guai, ora lo fa direttamente il responsabile del governo.

A parte questo, però, bisogna dare atto che se realmente dietro le parole pronunciate ci fossero anche fatti concreti, in tutta sincerità, la linearità e la velocità delle scelte sarebbe sorprendente ed esemplare, ammettiamolo.

Da sempre si parla del fatiscente patrimonio edilizio della scuola italiana e da sempre si trovano soluzioni che sfociano nel nulla. Si ritorna a parlare di questo problema quando c'è un'emergenza, per poi spegnere subito i riflettori appena finito il momento delle polemiche.

Ricordiamo solo per dovere di cronaca che fu il ministro Moratti, dopo il terremoto del 31 ottobre del 2002 in Molise, quando morirono 27 bambini e una maestra seppelliti sotto le macerie di una scuola costruita male, che commissionò un censimento delle strutture scolastiche italiane a rischio. Addirittura sembrò allora, sull'onda dell'emozione del momento, che il ministro fosse riuscito a trovare anche delle coperture finanziarie, che poi, in consiglio dei ministri, furono dirottate altrove. Ovviamente il problema si è riproposto puntualmente ad ogni tragedia consumata, come quella veramente scandalosa della caduta del controsoffitto di un'aula a Torino, con la conseguente morte del diciassettenne Vito Scafidi, nel novembre del 2008.

Ora se qualcuno, chiunque sia, trova davvero 3 miliardi e mezzo disponibili per ristrutturare le scuole, e dice che «dal primo aprile sarà operativa l'Unità di missione per le scuole che lavorerà a palazzo Chigi, di concerto con il Miur e che autorizzerà gli interventi», e dice anche che chiamerà addirittura il 'maestro Renzo Piano' per garantire la qualità degli interventi, onestamente, che cosa vogliamo di più? La risposa è una sola: vorremmo che fosse vero!

Gli esponenti del Movimento 5 stelle in commissione cultura hanno posto, con forza e determinazione, un problema che da tempo viene rinviato (e rimpallato) senza che si riesca a trovare una soluzione. Si tratta di dire basta al fenomeno dei 'diplomifici', cioè al cattivo funzionamento degli istituti paritari, nei quali - più che altrove - l'ammissione all'esame di maturità avviene in modo allegro e troppo disinvolto.

Ormai da anni succede di tutto e di più, e in misura maggiore dal 10 marzo 2000, data nella quale fu approvata la parità scolastica in Italia. La legge 62, appunto (che dire ambigua è poco), che su questo specifico punto continua a non regolamentare un bel niente.

Negli anni trascorsi, quando la situazione diventava eccessiva, nel senso che in alcuni istituti c'erano denunce e contestazioni, interveniva il ministro in carica, metteva una pezza, equilibrava la situazione al momento, ma poi tutto continuava come prima.

Ad esempio, è continuato ad accadere che gli insegnanti nella maggior parte degli istituti paritari siano sottopagati o addirittura non pagati per niente, e questo grazie alla 'scandalosa possibilità di assumere il 25% del personale docente a titolo gratuito'.
I 5 Stelle chiedono, in breve, che in tali istituti ci sia un controllo più severo, che le classi terminali non vengano sdoppiate e che portino all'esame finale al massimo il 50% di alunni privatisti (cioè non frequentanti). Che si impedisca, poi, di sostenere l'esame di maturità a 600 chilometri di distanza dal luogo di residenza, solo perché lì c'è qualche santo che ti aspetta o solamente perché si sa che in quel luogo è più facile 'passare il turno'. Come dire, impedire ai furbi di operare. Che è un programma immenso!