Le scuole restano alle province

 ItaliaOggi 28.3.2014

Le province, d'intesa con i comuni, potranno continuare a occuparsi egli edifici che ospitano le scuole di secondo grado, anche esercitando le funzioni di predisposizione dei documenti di gara, di stazione appaltante, di monitoraggio dei contratti di servizio e di organizzazione di concorsi e procedure selettive.

Via libera alle città metropolitane, che subentreranno agli attuali enti di area vasta, con maggiori compiti e la possibilità di mantenere l'elezione diretta degli organi di vertice. Sterilizzati i tagli alle giunte e ai consigli dei piccoli comuni. Sì al terzo mandato per i sindaci dei municipi con meno di 3.000 abitanti.

Sono queste le principali novità introdotte dal cosiddetto disegno di legge Delrio, dopo il passaggio (con tanto di maxiemendamento e voto di fiducia) al senato.

Il testo ora torna alla camera, per il varo definitivo.

Confermato, con poche modifiche, lo svuotamento delle province e la loro retrocessione a enti a elezione indiretta. Saranno i sindaci e i consiglieri comunali del territorio a scegliere il presidente (fra gli stessi primi cittadini) e i consiglieri provinciali (fra i sindaci e i consiglieri comunali).

In sede di prima applicazione, saranno eleggibili anche i consiglieri provinciali uscenti. Sparisce la giunta: il presidente potrà solo nominare un vicepresidente e conferire deleghe a singoli consiglieri. Tutti gli incarichi saranno a titolo gratuito. Dove gli attuali organi sono in scadenza; le prime elezioni si svolgeranno entro il 30 settembre 2014 per i nuovi consigli provinciali ed entro il 31 dicembre 2014 per i nuovi presidenti. Negli altri casi si procederà entro 30 giorni dalla fine del mandato.

Rispetto al testo approvato in prima lettura a Montecitorio, oltre all'edilizia scolastica, le province si arricchiscono di alcuni inediti quanto fumosi compiti in materia di pari opportunità e contrasto alle discriminazioni sul posto di lavoro. Qualche competenza in più resterà in capo alle province interamente montane e a quelle di confine, cui verranno assegnate anche la cura dello sviluppo strategico del territorio e la gestione in forma associata di alcuni servizi. Tutte le altre funzioni dovranno essere riallocate dallo stato o dalle regioni in base al principio di sussidiarietà e, quindi, prioritariamente ai comuni, singoli o associati.

In ogni caso, le province continueranno a esercitare le funzioni in materia di edilizia scolastica fino al 31 dicembre 2015; dopo tale data, anche questa partita passerà ai sindaci, che tuttavia potranno decidere di continuare a gestirla a livello sovracomunale. La tempistica del trasferimento sarà definita dai provvedimenti attuativi (un dpcm per le funzioni in materie statali, mentre per quelle regionali saranno i governatori a decidere il veicolo), che dovranno disciplinare anche il passaggio dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative connesse.

A Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Reggio Calabria e Napoli, invece, le province cederanno il passo alle città metropolitane. Il passaggio di consegne scatterà dal 1° gennaio 2015, tranne che per Reggio, laddove il nuovo corso partirà solo dopo il rinnovo degli organi del comuni (attualmente commissariato per mafia) e la scadenza naturale degli attuali vertici provinciali.

Anche le città metropolitane saranno enti di secondo livello, ma lo statuto potrà prevedere l'elezione diretta del sindaco metropolitano e dei componenti del consiglio metropolitano. In mancanza, il primo cittadino sarà di diritto il sindaco del comune capoluogo (che potrà farsi affiancare da un vice), mentre i consiglieri saranno eletti dai sindaci (che faranno anche parte della conferenza metropolitana) e dai consiglieri comunali del territorio. Anche per tali incarichi non sono ammessi compensi (è saltata la norma che prevedeva un'indennità per il sindaco metropolitano).