Ma i sindacati, in allarme per pensionati e statali, bocciano la politica del ghe pensi mi Renzi dice che i tagli li fa lui Berlusconi non è più Cavaliere. Quote rosa alle Europee di Franco Adriano, ItaliaOggi 20.3.2014 Come si dice ghe pensi mi in fiorentino? Il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, a Skytg24, è livido dalla rabbia. Il dibattito politico è partito dai tagli alle pensioni del governo Monti per arrivare ai ventilati tagli del governo Renzi, ancora una volta sulle pensioni. Peggio ancora per i sindacati, il fatto che dopo il polverone sollevato sulle indiscrezioni relative al piano dei tagli del commissario, Carlo Cottarelli, la risposta del presidente del consiglio è che ci penserà il governo: «Sulla spending review è del tutto ovvio che le scelte le fa la politica», ha affermato Renzi in parlamento, «L'analisi tecnica è una cosa, ma poi le decisioni le fa chi è eletto.
Altrimenti sarebbe come se in una famiglia il commercialista
decidesse lui se si taglia la scuola di musica o si risparmia sulla
spesa della quarta settimana». Bonanni e Susanna Camusso in questo
schema sembrano non avere un ruolo. La leader Cgil non gliele manda
a dire: «I tagli di spesa annunciati rientrano nella vecchia logica
dei tagli lineari e della compressione della occupazione, con
effetti che sarebbero immediati». Insomma, secondo il sindacato
rappresentano il «ritorno in una logica recessiva». Difficile
ritenere che vada a buon fine il tentativo di Renzi di
ridimensionare gli annunci di Cottarelli: «È solo un elenco». Ormai
l'allarme è lanciato e praticamente tutte le sigle sindacali del
pubblico impiego sono sul piede di guerra. Solo per fare un esempio
il segretario generale della Confsal Vigili del fuoco, Franco
Giancarlo, già prende atto «che il governo Renzi si appresta ad
operare ulteriori drastici tagli sulla sicurezza» ed esprime
preoccupazione «per l'incolumità dei cittadini». È un assaggio dei
toni che si raggiungeranno nelle prossime settimane.
Uno dei punti cruciali del dibattito di ieri in parlamento in
preparazione del prossimo Consiglio europeo a Bruxelles ha
riguardato la fatidica soglia del 3% tirata in ballo praticamente da
tutti i parlamentari di maggioranza ed opposizione. Renzi in replica
ha voluto tornare sul tema ha sostenuto, in polemica con M5s, che
«il parametro oggettivamente è un parametro anacronistico, lo è
oggettivamente». «Quello che però in queste ore sfugge», ha
continuato, «non è la discussione sul sopra o sotto il 3 per cento,
ma è il fatto che alcune forze politiche, tra cui la vostra (M5s
ndr), ha sostenuto il fatto che il governo immaginasse un pacchetto
di coperture molto ampio, molto più ampio di ciò che è necessario
per corrispondere all'impegno dei mille euro annuali a dieci milioni
di lavoratori». Dunque, «ciò che è necessario non è lo sforamento
del 3 per cento, ma è il rispetto del 3 per cento con un'eventuale
possibile – verificheremo se è necessaria – modifica dal 2,6 al 3
per cento». Renzi, poi, ha ricordato che «non c'è oggi la conferma
del limite del 3 per cento in tutti i Paesi, anzi, molti Paesi sono
decisamente sopra questa percentuale. La Francia, che pure è la
Francia, quindi un Paese che merita non soltanto la nostra amicizia
ma il nostro rispetto e la nostra stima, è – mi pare di ricordare –
al 4,2 per cento, è in un percorso di rientro ma è al 4,2 per cento
– lo dico perché è stato argomento di discussione proprio con il
presidente Francois Hollande. É chiaro, la Francia ha un rapporto
tra debito e pil che è diverso rispetto al nostro, sia perché nel
corso degli anni il debito era meno alto sia perché il pil – anche
se ha qualche problema anche la Francia – è cresciuto a più di
quanto siamo cresciuti noi. Allora, la discussione oggi non è sul 3
per cento, per il quale – ripeto – non ci sarà nessuno sforamento da
parte nostra, né sulla discussione di politiche in prospettiva. È
evidente che se cambiamo la Commissione noi vogliamo anche cambiare
anche le regole del gioco all'interno dell'Ue, è naturale che noi
abbiamo il desiderio profondo di riflettere sul fatto che è inutile
fare convegni sulla disoccupazione giovanile – come faremmo se non
cambieremo il modo di concepire la battaglia contro la
disoccupazione giovanile –, ma è importante sottolineare ai nostri
concittadini che il tema in discussione oggi è prendersi lo spazio
che noi abbiamo e non andare a sforare i limiti che vengono
dall'Europa».
L'intervento che è piaciuto di più a Renzi, ieri, è stato senza
dubbio quello del deputato Marco Causi del Pd (per «l'abilità e la
competenza tecnica e politica che», ha detto rivolto all'Aula,
«tutti noi siamo soliti riconoscergli»). Ma che aveva detto Causi
per meritarsi un simile pubblico elogio? Intanto, ha ricordato che
fra due mesi per la prima volta si voterà per il parlamento europeo,
ma anche per il presidente della Commissione europea «con un primo
storico inizio di sburocratizzazione degli organismi di governo
dell'Europa». Poi che fra tre mesi avrà inizio il semestre italiano
di presidenza dell'Unione e i segnali positivi sono tanti «come la
proposta della Commissione per uno scambio fra riforme strutturali e
flessibilità degli obiettivi a medio termine del bilancio». In più,
«le recenti dichiarazioni di Draghi» sulla politica monetaria che
usa come parametro di riferimento il divario fra crescita effettiva
e crescita potenziale e, quindi, di fatto la disoccupazione, dunque
«come può la politica fiscale di bilancio non fare altrettanto? E,
ancora, il rapporto Gualtieri-Trzaskowski, «approvato a larga
maggioranza dal Parlamento europeo, che indica la strada di una vera
capacità fiscale europea e la necessità di utilizzarla per la
crescita e il contrasto della disoccupazione, in particolare
giovanile. La strada, insomma, di un bilancio davvero federale». In
questa fase di movimento e di opportunità, per Causi , l'Italia può
iniziare a cogliere risultati: nell'immediato il taglio Irpef, Irap
e della bolletta elettrica. Ma in prospettiva «la golden rule per
gli investimenti o almeno per alcuni tipi di investimenti a più
elevato impatto occupazionale o ambientale; la piena e simmetrica
attuazione dell'unione bancaria, senza regole punitive per le nostre
banche; la valutazione degli obiettivi di finanza pubblica che tenga
conto della capacità produttiva inutilizzata e della grave crisi
occupazionale; la mutualizzazione di parte dei debiti sovrani dentro
schemi poi in cui ciascuno continua comunque a pagare gli interessi
della sua quota di debito, ma che consentono un risparmio importante
su questa spesa».
È stata depositata alla Camera la richiesta di arresto per il
deputato del Pd, Francantonio Genovese, già segretario regionale del
Pd, ex sindaco di Messina, ex bersaniano oggi renziano, nell'ambito
di un'inchiesta sulla formazione professionale. Mentre per il
deputato si attende l'autorizzazione a procedere, tre suoi
collaboratori sono già in carcere. L'accusa è associazione per
delinquere finalizzata alla frode. Dalla documentazione acquisita
sono emerse fatture gonfiate del 600% per affitti o prestazioni di
servizi: un metodo per accaparrarsi decine di milioni di euro di
fondi regionali.
Silvio Berlusconi non è più Cavaliere del Lavoro. la notizia è
emersa dal Consiglio direttivo della Federazione nazionale dei
Cavalieri del lavoro, riunita ieri, che ha concluso l'esame della
posizione del leader di FI. Il Consiglio direttivo e il collegio dei
Probiviri hanno preso atto di una lettera di autosospensione di
Berlusconi. In compenso ieri Berlusconi ha deciso che il 25 maggio
Giovanni Toti sarà capolista al Nordovest, Antonio Tajani al Centro
e Raffaele Fitto guiderà i candidati del Sud. Nel Nordest il
capolista potrebbe essere Renato Brunetta. Nel caso di tre preferenze espresse» queste «devono riguardare candidati di sesso diverso, pena l'annullamento della terza preferenza». È questo il nucleo dell'accordo raggiunto al Senato sulla parità di genere per le elezioni europee. La parità totale è prevista dal 2019, pena la ricusazione della lista. |