Flipped classroom: cosa è?

  Lim e Dintorni, settembre 2013

Un po’ di tempo è passato da quando due insegnanti di chimica Aaron Sams e Jonathan Bergmann hanno cominciato, nel 2007, a realizzare video-lezioni che gli studenti guardavano a casa via video-podcast per poter avere più tempo per poter fare maggiori esperienze di apprendimento attivo in classe. Da allora, grazie alla popolarità della Khan Academy l’idea della didattica “capovolta” (da to flip, capovolgere) negli Stati Uniti è letteralmente esplosa e sta acquistando sempre maggiore popolarità e credibilità anche negli ambienti educativi europei.

Si tratta di utilizzare video-lezioni da far vedere agli studenti al di fuori dal tempo scuola in modo da poter disporre in classe di un tempo maggiore per attività sperimentali, esercizi, lavoro di gruppo, discussioni, per quel lavoro di approfondimento e di riflessione, quindi, che spesso viene sacrificato proprio per mancanza di tempo, capovolgendo così il consueto approccio didattico.

Grazie all’insegnante che crea video-lezioni, la didattica che solitamente si faceva in classe ora è accessibile da casa, anche prima della lezione in aula.

La classe diventa, così, il luogo in cui lavorare attraverso la soluzione di problemi, la riflessione e il coinvolgimento in attività di apprendimento cooperativo e/o per lavorare con nuovi approcci didattici, come per esempio l’IBSE (Inquiry-Based Science Education), che essendo di matrice costruttivista richiedono molto tempo per le attività in classe. In questo modo, inoltre, ognuno può apprendere secondo il proprio stile di apprendimento e col proprio ritmo. Gli studenti hanno il controllo del medium e la possibilità di rivedere la parti che non hanno compreso bene, che necessitano di maggiore rinforzo e/o quelle parti che sono di particolare interesse. Ma la cosa più interessante è che tutti gli aspetti dell’istruzione possono essere ripensati per massimizzare la risorsa che sempre scarseggia a scuola:  il tempo.

È chiaro che il vantaggio non è il video in sé, ma a fare la differenza sono il modo in cui si integrano questi video con le attività in aula e il fatto che i contenuti stessi, che spesso costituiscono la base della nostra lezione frontale, diventano maggiormente accessibili e controllabili da parte dell’alunno.

Ma funziona veramente?

In un sondaggio effettuato dal sito web americano  Classroom Window che ha analizzato le risposte di oltre  500 insegnanti è risultato che oltre il 90% degli insegnanti che hanno provato a “capovolgere” l’insegnamento hanno migliorato la propria motivazione, il 70% circa ha riportato miglioramenti nei punteggi dei test finali standardizzati e l’80% ha riportato un miglioramento nell’atteggiamento degli studenti.

Il Dott. Lodge McCammon del Friday Institute for Educational Innovation della North Carolina State University, che ha sviluppato un approccio di insegnamento chiamato FIZZche ha lo scopo di fornire formazione alle scuole per trasformare l’insegnamento e l’apprendimento attraverso la flipped classroom, sostiene che la flipped classroom è efficiente anche per il fatto che un video può trasmettere i contenuti delle lezioni possono in modo più efficace rispetto a una lezione “in presenza”, in quanto in circa 10 minuti di un video ben fatto si possono spiegare gli stessi contenuti svolti durante una lezione che in classe dura 60 minuti. Inoltre, sempre secondo McCammon, anche la qualità dell’insegnamento migliora in quanto dovendo registrare contenuti e riflessioni in un video, ogni insegnante perfeziona anche la propria capacità di comunicazione. L’utilizzo di questo approccio consente di avere più tempo in classe per attività in cui gli studenti devono collaborare tra loro, permettendo  un approccio all’insegnamento blended (online e in presenza) e un apprendimento degli studenti secondo il proprio passo e più in linea con le modalità con cui gli studenti di oggi imparano.

Più tempo per cosa?

Ci si lamenta sempre, a ragione, del poco tempo che abbiamo per fare tutto ciò che dobbiamo o vorremmo. Una delle obiezioni che spesso viene sollevata quando, per esempio, si parla di insegnamento attraverso l’approccio IBSE, è proprio il fatto che, essendo un approccio di matrice costruttivista, richiede molto tempo per le attività in classe e come tale pare improponibile quando abbiamo solo due o tre ore settimanali. Se noi, invece, capovolgiamo l’insegnamento attraverso le video lezioni, ci troviamo ad avere più tempo per lavorare, per esempio,  con l’approccio IBSE per un apprendimento che sia realmente significativo per i ragazzi.

Certo, però, bisogna tenere in considerazione anche i probabili problemi. Il primo che mi viene in mente, e che si presenta ogni volta che si cerca di introdurre qualche innovazione, è il fatto che i docenti abituati da sempre a una didattica trasmissiva, centrata sull’insegnante, non sanno bene come fare a passare a un approccio più attivo e centrato sullo studente.

Il vero grande problema legato all’introduzione di questo “capovolgimento” forse è proprio questo. In fondo, la lezione frontale è uno “strumento” che conosciamo bene e che ci fa sentire a nostro agio in classe. Quando per anni si è seguita, a torto o a ragione, la cosiddetta logica del completamento del programma di cui abbiamo parlato nel post precedente, è difficile e spiazzante pensare di cambiare punto di vista improvvisamente. Eppure sono certa che, come spesso accade, se si prova a cambiare prospettiva, una volta visti i risultati ogni sforzo fatto ci viene ripagato ampiamente.

Non solo video

A questo punto penso sia ormai chiaro che il capovolgimento non consiste semplicemente nella produzione e/o somministrazione di video a sostituzione della preziosa figura dell’insegnante, “rimpiazzato” banalmente da una macchina come accade in altri ambiti lavorativi come qualcuno a volte ipotizza, ma che si tratta di realizzare video ad hoc da utilizzare sì come compito domestico ma al fine di poter cambiare la didattica verso un insegnamento/apprendimento maggiormente significativo e attivo.

Ma anche video

Altro problema: come si fa a realizzare i propri video? Quali abilità tecnologiche servono? Quali strumenti utilizzare? È una impresa impossibile se non ho una specializzazione in informatica?

Una soluzione possibile è quella del dott. McCammon che promuove l’utilizzo dei cosiddetti “one take” video che possono essere realizzati con una videocamera digitale poco costosa, un treppiede, una lavagna bianca e pennarelli colorati. In pratica, gli insegnanti abbozzano la loro presentazione su una serie di piccole lavagne bianche. Poi, registrano semplicemente se stessi mentre parlano utilizzando questa serie di lavagne.

 

Secondo McCammon il beneficio di questo approccio semplice è che i  video possono essere realizzati molto velocemente. Inoltre, vedendo il proprio insegnante nel video, lo studente è connesso sia all’insegnante che al contenuto.

Questa è una possibilità. Un’altra opzione altrettanto semplice, per chi per esempio utilizza già delle presentazioni in powerpoint per le proprie lezioni, prevede di partire da una presentazione che già abbiamo nella nostra “cassetta degli attrezzi” quotidiana, e da un “copione” scritto della lezione.

Scriversi esattamente ciò che intendiamo dire durante la spiegazione è importante per vari motivi. La durata ottimale di un video didattico dovrebbe essere di circa 10 minuti, sia per una questione di possibile caduta di attenzione negli studenti sia  perché un video più lungo occuperebbe troppo spazio (soprattutto se vogliamo caricarlo per esempio su YouTube). Se non scriviamo il nostro discorso e andiamo a braccio rischiamo non solo di allungare troppo i tempi ma anche di non essere efficaci come vorremmo (provare per credere!). Una volta preparato lo storyboard della nostra lezione potremmo semplicemente registrare la nostra voce narrante mentre facciamo scorrere la presentazione sullo schermo e metterlo online.

Per la videoregistrazione potrebbe bastare uno dei programmi già in dotazione in qualsiasi computer (come per esempio Quicktime scaricabile gratuitamente) ma esistono alcuni programmi che ci consentono non solo di videoregistrare le nostre lezioni, ma anche tagliare le parti sbagliate, unire video, foto… migliorando molto la qualità del nostro video. Questi programmi sono per lo più a pagamento (per esempio Camtasia Studio, per windows e mac, o Screenflow per utenti Apple per citarne un paio) ma ci sono anche software opensource come Screencast-o-matic, sia per Windows che per Mac, che vi consentono di fare un ottimo montaggio gratuitamente e direttamente online.

Per cominciare, però, si potrebbero utilizzare anche video di buona qualità realizzati da altri docenti. I video della Khan Academy, per esempio, sono in inglese ma alcuni sono sottotitolati anche in italiano. I miei preferiti, in realtà, sono quelli del Prof. Paul Andersen che di recente sta inserendo, con un progetto di collaborazione internazionale, i sottotitoli in tutte le lingue ai suoi video.

Interessanti risorse italiane, in relazione alla chimica per esempio, sono quelle della Prof.ssa Romina Papa che è proprio la persona che, insieme al Prof. Graziano Cecchinato, ha tenuto una lezione sulle flipped classroom nella mia scuola e ispirato anche questo post.

 

Non resta che provare.

Per approfondire: