3 milioni di euro per 13 professori

di P.A. La Tecnica della Scuola 23.3.2014

“Danno erariale alla luce della spending review e della funzione di controllo”. È uno dei corsi della Ssef. Il Fatto quotidiano lo definisce “un delizioso paradosso” perché la Scuola superiore di economia e finanze (Ssef) dell’omonimo ministero, il cui compito è quello di istruire alla spendig review, macina milioni di euro per i suoi prof


A parte il fatto che di scuole simili, scrive Il Fatto, ne esistono almeno altri quattro – la Scuola superiore della Pubblica amministrazione, quella dell’amministrazione locale, quella dell’Interno, più l’istituto diplomatico Mario Toscano – gli oltre 16 milioni di euro del budget 2013 della Ssef (erano 4,4 nel 2001) non sembrano ripartiti benissimo.
La Scuola è dotata di tre docenti a tempo determinato e dieci ordinari (a vita e assunti senza concorso) che nel 2013 si sono divisi la bellezza di 2,7 milioni di compensi.

E allora il rettore guadagna 201mila euro di cui 117mila per il ruolo di gestore, mentre i due colleghi “a tempo” incassano invece rispettivamente 155mila e 98mila euro.

Tuttavia, scorrendo l’elenco, oltre a i migliori nomi della burocratja italiana, si scopre che taluni prendono dallo Stato 301mila euro e spiccioli, altri 295mila e dispari e altri ancora stipendi da 272mila euro, da 246mila euro, da 198.901,69 euro, 160mila euro fino a 155mila euro l’anno. Bisogna pure tenere in conto, per loro, che molti di costoro svolgono altre mansioni e quindi percepiscono altri stipendi e altri compensi.

L’andazzo, scrive sempre Il Fatto, è ormai antico: gli stipendi regali che vediamo oggi risalgono almeno all’inizio del 2006, quando al ministero – capo di gabinetto Fortunato – si decise che il compenso dei professori della Scuola doveva tenere conto del trattamento economico “complessivo” di provenienza.

I 2,7 MILIONI pagati ai professori, peraltro, non sono l’unica voce “costo del lavoro” nel bilancio della Scuola: se ne spendono altri 4 circa, infatti, per pagare i professionisti che insegnano nei corsi che la Scuola organizza (si tratta di migliaia di giornate di formazione l’anno). Da queste partecipazioni alcuni ricavano redditi di tutto rispetto.

Nell’elenco delle prestazioni occasionali, per così dire, non mancano nemmeno voci bizzarre tipo i 3.500 euro spesi per un “corso d’inglese individuale” (di chi?). Tra le forniture, poi, c’è pure un appalto da 100mila euro per “soggiorni con finalità turistico-culturali”: servono a ospitare le delegazioni della prestigiosa Scuola centrale del Partito comunista cinese, con cui la Ssef ha un accordo di cooperazione dal 2005. In sostanza, i funzionari di Pechino vengono a fare cicli formativi sul “Sistema Italia” (tra i relatori, l’anno scorso, c’era pure il generale Carlo Jean) e intanto li si porta a vedere un po’ di bellezze della penisola.

Anche sugli affitti, infine, la Scuola del ministero che sorveglia i conti pubblici largheggia: l’anno scorso ha speso per le sedi di Torino, Bari e Milano circa ottocentomila euro in tutto. Questo spreco lo si deve, però, a un vecchio colpo di genio dello stesso ministero del Tesoro: a suo tempo decise di vendere molte delle sue sedi per poi riaffittarle dal nuovo proprietario pagandole a peso d’oro.