SCUOLA&INTEGRAZIONE/IL CASO

Stranieri e la classe speciale
A Bologna ha funzionato

Alla media Besta era partita tra le critiche: 28 ragazzini su 33 già reinseriti nelle altre classi. Il preside: la considero una buona esperienza ma non so se la ripeteremo

di Alessandra Coppola,di  Il Corriere della Sera scuola 13.5.2014

Primi amori e una partita di cricket. È quasi concluso l’anno anche alla scuola media «Besta» di Bologna, e l’esperimento della «classe di stranieri» ha prodotto i suoi risultati. «È scattata qualche simpatia — racconta il preside, Emilio Porcaro —, e abbiamo imparato un nuovo sport grazie ad alcuni ragazzi pakistani».

Non era (solo) questo lo scopo, naturalmente. Il primo obiettivo del progetto («Non una classe — ribadisce il dirigente —, ma un ambiente di apprendimento temporaneo») era fornire ad alunni appena arrivati in Italia (in genere con i ricongiungimenti) «una minima strumentazione linguistica e soprattutto un lessico disciplinare», che permettessero loro di seguire le lezioni. E poi sì anche di socializzare. Come è andata a finire? «La considero una buona esperienza», risponde Porcaro.

Ma lo dice con una certa cautela, perché la vicenda, lo scorso autunno, aveva attirato critiche e polemiche. Soprattutto da sinistra: una classe ghetto proprio a San Donato, quartiere dell’integrazione nella rossa Bologna? Alla fine dell’anno, dei 33 ragazzini che non parlavano italiano, solo 5 sono rimasti nel programma «speciale». E sono gli ultimi arrivati, tra febbraio e marzo, che non hanno avuto il tempo di mettersi al passo. «Tutti gli altri, dopo quattro mesi in media di corsi, sono stati collocati nelle rispettive classi, dieci faranno anche l’esame per la licenza media».

Si ripeterà il sistema, allora, nel nuovo anno scolastico? Il preside prende tempo, “vedremo, per soli cinque alunni non sarà possibile creare una classe…”. Il progetto era nato “in un contesto particolare”, spiega: l’arrivo, ben oltre i termini d’iscrizione, di 15 alunni figli di stranieri. “Particolare”, ma molto comune, in tanti quartieri di mescolanza: adolescenti che raggiungono i genitori immigrati in Italia, spesso d’estate, o con i tempi della burocrazia che sono diversi da quelli della scuola.

Il test è interessante allora perché è un problema che quasi tutte le medie italiane condividono: come “assorbire” velocemente ragazzini che non parlano italiano e che rischiano in questa età complicata di restare irrimediabilmente indietro? Non sarà la soluzione perfetta, ma il modello Besta meriterebbe forse di essere valutato (e magari perfezionato) a partire dai risultati, fuori dalle ideologie.