“Bene gli eBook a scuola,
ma il ruolo dell’insegnante rimane centrale”

Al Salone del Libro di parla di come la tecnologia può cambiare la scuola. Molti i vantaggi, ma agli studenti serve sempre una guida per non perdersi nel mare dell’informazione digitale

di Elisa Barberis, La Stampa 8.5.2014

Dal libro di carta ai tablet, anche a scuola la tecnologia a disposizione per imparare si evolve ed estende a un ritmo incredibile, ma il punto centrale è sempre lo stesso: la dimensione fisica resta fondamentale e insostituibile. «L’approccio tradizionale fondato sull’interazione personale è ancora e sarà sempre quello più efficace», spiega Juan Carlos De Martin, docente del Politecnico, nel panel “Il bene e il male della rivoluzione digitale”, che ha cercato di dare una risposta a un tema quanto mai discusso e attuale: ma la tecnologia ci arricchisce o ci limita? «Se da una parte favorisce inclusione, perché può portare istruzione in maniera capillare anche a chi non può essere in un’aula, ed efficienza, utilizzando strumenti più coinvolgenti, dall’altra la vastità di contenuti disponibili in Rete deve essere filtrata in modo ancora più rigoroso e responsabile», sottolinea il fondatore del Centro Nexa.  

In un’epoca in cui tutti possiamo essere potenzialmente scrittori e reporter attraverso Instagram, blog e Twitter, continuare a mantenere la propria capacità di veicolare valori educativi deve essere allora la missione della scuola: «Se non ci riesce – continua Fiorenzo Alfieri, ex assessore alla Cultura del Comune di Torino e docente –, è solo un rito autoreferenziale, una commedia in parallelo con la vita ma che con questa non ha nulla a che fare. Gli strumenti che apprendiamo in classe devono servirci per affrontare quello che c’è fuori».

Fuori dall’aula è un continuo bombardamento di informazioni. E la sovrabbondanza spesso porta con sé anche meno controllo: «Non è un caso che la più fragile e a rischio sia quella fascia di giovani – e, talvolta, anche meno giovani – che non ha la consapevolezza di come e quali dati è giusto selezionare», chiarisce ancora il sociologo Marco Gui. «E’ facile perdersi in mezzo all’enorme quantità di stimoli che ci arrivano dai nuovi media e che ci costringono a spostare di continuo l’attenzione dal mondo reale a quello digitale e viceversa. Questa “obesità mediale” può però diventare anche un’occasione per chiarirci quali sono i fini della nostra educazione».  

Cosa ci attende, quindi? Impossibile dirlo ora, conclude Fabio Chiusi, blogger e saggista, «ma un uso strategico e intenzionale della Rete è senza dubbio una risorsa, che potrebbe davvero aiutarci a garantire una migliore partecipazione, come persone e come cittadini».