Scuola, riforma Giannini:
trentasei ore, stesso stipendio

di Rita Guma, Il Fatto Quotidiano 3.7.2014

Il nuovo “cantiere per la scuola” del Miur proporrà un orario di trentasei ore settimanali per i docenti e premi stipendiali legati all’assunzione di nuove responsabilità o a specifiche competenze, ad es. informatiche. Sono queste le prime notizie filtrate sulle riforme del ministero Giannini. Premettendo che ho sempre ritenuto un orario ufficiale di trentasei ore più rispettoso della realtà scolastica e che avendo competenze informatiche rientrerei fra i docenti papabili per i premi, sono critica sulla proposta Giannini così come appare delinearsi.

Per spiegare i miei dubbi prendo ad esempio la matematica. I docenti di questa materia trascorrono molte ore a predisporre e correggere i compiti in classe. E devono fronteggiare la necessità dei corsi di recupero durante l’anno e in estate per i ragazzi con i giudizi sospesi (ore che oggi si riescono a fare solo parzialmente per carenza di fondi). Aggiungendo la preparazione delle lezioni (auspicabilmente multimediali) le riunioni e gli incontri genitori-insegnanti, le trentasei ore si esaurirebbero, quindi quanti insegnanti di Matematica riuscirebbero a fare le attività aggiuntive necessarie ad ottenere l’aumento stipendiale? Ben pochi. Quindi il 100% di essi lavorerebbe a scuola il doppio delle ore di oggi per prendere lo stesso stipendio di quando non solo poteva rifiutarsi di tenere i corsi di recupero, ma poteva organizzarsi a casa il lavoro secondo una propria scansione. Il discorso riguarda anche le materie letterarie con lo scritto, le lingue e le materie tecniche che prevedono prove scritte, grafiche e/o di laboratorio, onerose da predisporre e correggere.

Nel frattempo insegnanti di altre materie meno impegnative in termini di lavoro a casa (penso ad educazione fisica o religione o a diritto ed economia negli istituti che non prevedono questa come materia di indirizzo) nelle ore aggiuntive di presenza a scuola potrebbero proporsi per attività di responsabilità o organizzative ottenendo il premio stipendiale. Sarebbe giusto? Credo proprio di no. Sarebbe corretto che chi ha meno impegni a corollario delle lezioni si facesse carico delle altre incombenze (anche supplenze) nelle ulteriori diciotto ore, ma l’aumento stipendiale lo dovrebbero avere tutti, perché tutti sarebbero impegnati per trentasei ore.

In alternativa, anche per consentire alla scuola di sfruttare le competenze di chi è in grado ad es. di gestire la rete informatica della scuola o la bibliomediateca ma, qualora già impegnato per trentasei ore, non sarebbe molto propenso a rendersi disponibile per ulteriori ore di lavoro, si potrebbe pensare ad una soluzione per cui le ore di scuola restassero quelle attuali ma, con i fondi che per la nuova formula il ministero pensa di riuscire a trovare, si pagassero le ore di straordinario, senza mortificare con un basso rapporto stipendio/ore chi lavorasse trentasei ore senza fare straordinari.

Infine la proposta sembra individui nei dirigenti scolastici i soggetti cui spetterebbe destinare i premi. Certo ci sono dirigenti molto corretti e in gamba, veri manager (per natura, non per formazione), ma ci sono altri dirigenti privi delle capacità di valutazione (sono solo ex insegnanti di una data disciplina con una formazione amministrativa), adusi a distribuire incarichi solo ad amici e yes-man.

Fra l’altro, i dirigenti scolastici con la proposta sarebbero messi sotto pressione da misuratori dei risultati scolastici come i famigerati test Invalsi che rendono perplessi (secondo uno studio della Fondazione Giovanni Agnelli,  “Usare gli strumenti di valutazione per assegnare premi non funziona ed è controproducente, perché spinge a comportamenti opportunistici (teaching to the test) o manipolatori (cheating)”).  

Rinviando ad altro post l’esame della questione informatica, concludo osservando che la proposta raccoglierà certamente il consenso di chi fa infondati paragoni fra altri impieghi e la professione docente, ma creerà sperequazioni, inefficienze e ulteriore mortificazione a danno dei già frustrati docenti, e che da una commissione ministeriale di alto livello ci si aspetterebbe ben altro. 

“Sono tre miliardi e mezzo, non ci sono dubbi”, metteva la mano sul fuoco Matteo Renzi intervistato da IlFattoQuotidiano lo scorso 22 maggio, aggiungendo l’ennesimo tassello al puzzle di annunci sciorinati fin dai suoi primi giorni a Palazzo Chigi: 3,5 miliardi di euro che, secondo il premier, sarebbero stati stanziati da tempo per l’edilizia scolastica. In realtà il Def 2014, il Documento di Economia e Finanza, deliberato l’8 aprile, come rilevato da IlFattoQuotidiano.it il 15 maggio nella “Sezione III – Programma nazionale di Riforma” parla di “2 miliardi per rendere le scuole più sicure”, ma i fondi stanziati per il momento non vanno oltre i 784 milioni. E’ lo stesso governo a spiegarlo: “244 milioni nel biennio 2014-2015 - dettaglia il sottosegretario all’Istruzione Roberto Reggi al IlFatto in un’intervista in edicola oggi – sbloccati con un decreto del presidente del Consiglio il 15 giugno scorso  che permette ai comuni di sganciarsi dal patto di stabilità; altri 400 milioni sono stati riprogrammati nelle graduatorie del decreto del fare con una delibera Cipe approvata oggi pomeriggio (ieri per chi legge). E nella stessa delibera Cipe aggiungiamo altri 140 milioni per il recupero di sette mila edifici scolastici”. Per un totale di 540 milioni, secondo Reggi. Nel comunicato diramato oggi dal governo, tuttavia, si legge che “per il Piano Scuola “sono stati assegnati 510 milioni di euro“. 

 

La tiritera dei 3,5 miliardi dura almeno da quando è nato il governo Renzi. “Un piano per le scuole – 3,5 miliardi – unità di missione – per rendere la scuole più sicure e rilanciare l’edilizia”, annunciava il neo-premier nella conferenza stampa del 12 marzo, mostrando nella sala stampa di Palazzo Chigi la slide numero 20.  Il 27, parlando ai parlamentari del Pd, l’ex rottamatore fissava una data: “I cantieri partiranno a giugno e i 3,5 miliardi ci sono”. Il 12 aprile arrivava la prima data: “Dal 15 giugno devono partire i cantieri in tutti i comuni”. Il 23 aprile ribadiva: “Abbiamo tolto dal patto di stabilità” questi interventi, “saranno 3,5 miliardi di euro” (Radiocor23 aprile). Il 21 maggio in una slide pubblicata sul proprio profilo Facebook, Renzi dettagliava: “10.000 nuovi cantieri – 7.700 già nell’estate 2014″. Per poi puntare ancora più in alto: “5 miliardi di Euro di investimenti tra 2014 e 2015, quasi 4.000 scuole interessate”.

Per ora i milioni sono 784. Ma come si arriverebbe a 3,5 miliardi nelle intenzioni dell’esecutivo? In un’intervista del 5 maggio, il sottosegretario Reggi spiegava al Corriere della Sera come al computo andrebbero aggiunti 800 milioni previsti dalla legge 104 del governo Letta per un mutuo trentennale con la Banca di Sviluppo Europea, che però arriveranno solo dal 1° gennaio 2015, come si legge a pagina 29 del testo di legge. E poi “ci sono in ballo dai 2 ai 4 miliardi di euro” derivanti dalla riprogrammazione dei Fondi Ue per il periodo 2014-2020, che ancora non ci sono: per averli serve l’Agenzia per la coesione territoriale (che dovrebbe cominciare ad operare nei prossimi giorni – spiegava il 26 giugno il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio - ma a cui manca ancora il direttore generale) e l’anagrafe scolastica (che partirà a luglio, ma sarà pronta ad operare solo dal 1° dicembre). Per ora di certo ci sono i 36 milioni per l’edilizia scolastica con lo strumento dei Fondi immobiliari, previsti il 21 maggio da un decreto del ministero dell’Istruzione. Il sottosegretario fa poi rientrare tra i fondi per l’edilizia anche 450 milioni in 2 anni per le pulizie stanziati dal Miur a partire dal 1° luglio, che oltre a tutelare 24 mila posti di lavoro e mantenere i servizi di pulizia nelle scuole servono anche per la riqualificazione sul piano del decoro degli istituti scolastici e la loro messa in sicurezza.

A che punto sono i cantieri? La scadenza del 15 giugno rimane solo negli annunci del premier: “Oggi viene pubblicato il decreto che sblocca oltre 400 interventi immediatamente cantierabili – spiegava Roberto Reggi il 30 giugno – dato che hanno risorse proprie e beneficiando dello sblocco del patto di stabilità potranno partire immediatamente”. Con lo sblocco della delibera del Cipe, poi, verranno finanziati “gli oltre 2000 interventi che sono in graduatoria nel Decreto del Fare, voluto dal Governo Letta ma che non erano stati finanziati”. Sul proprio sito l’esecutivo pubblica con data 13 giugno una infografica con nuove cifre sui lavori: si parte il “1° luglio: 4 milioni di studenti coinvolti  - si legge – più del 50% degli edifici scolastici; 21.269 interventi; 1.094.000.000 euro di interventi”. Una cifra ancora diversa nell’ennesima slide.