Uaar: i privilegi delle paritarie
Pasquale Almirante,
La
Tecnica della Scuola 9.7.2014
Secondo
l'Uaar, il Governo, in modo empirico, ha definito il valore
della retta di 7 mila euro per alunno delle scuole paritarie,
giustificando l'esenzione Imu/tasi. Il difficile rapporto tra tasse
immobiliari e imprese religiose
Il
26 giugno scorso il Mef, denuncia l'Uaar, ha emanato il decreto con
cui viene introdotto il nuovo modello da utilizzare per la
dichiarazione Imu/Tasi e, contestualmente, vengono fissati i
parametri per poter beneficiare dell'esenzione totale.
Intanto si ribadisce che possono beneficiarne solo le scuole che
svolgono attività paritaria rispetto all'istruzione pubblica e che
garantiscono "la non discriminazione in fase di accettazione degli
alunni".
Provvedimento che può sembrare equo, scrive l'Unione degli atei e
agnostici, perché può benissimo essere interpretata nel senso che
sono libere di discriminare in fasi successive, ad esempio,
obbligando tutti a seguire le lezioni di una determinata religione
oppure selezionando le classi per genere.
La parte più
gustosa però, commenta l'Uaar, arriva quando si fissa quel
"benedetto" importo simbolico di cui parlava Monti due anni fa.
Ebbene, la ricetta è la seguente: si prende uno studio Ocse che
determina la spesa per studente nella scuola statale, fissata in
importi che vanno dai 5.739 euro per le scuole dell'infanzia ai
6.914 delle secondarie di secondo grado, e se ne assumono i valori
come CMS (costo medio per studente). Poi si chiede alla scuola
paritaria di turno di calcolare la retta media pagata dai suoi
studenti, dividendo il totale delle rette per il numero di studenti,
e questo lo si chiama CM (corrispettivo medio). Se il CM è inferiore
al CMS la scuola è esentata.
In questo modo,
dice l'Uaar citando La Repubblica, si esentano praticamente tutte le
scuole, perché quelle che sforano questi importi sono veramente
poche, e di queste poche è verosimile che la maggior parte
rimoduleranno le rette in modo da abbassare la media (il CMS),
acquisendo così il diritto all'esenzione.
Alla fine le scuole private si ritroveranno con i contributi
pubblici erogati a vari livelli, principalmente comunale, con le
rette versate dagli studenti e con l'esenzione fiscale, mentre la
scuola statale continuerà ad avere sempre meno fondi, nonostante
l'offerta sia, almeno per il momento, di livello superiore a quello
della scuola privata (anche questo dato Ocse). A dirlo senza mezzi
termini è la ministra
Stefania Giannini (Sc) in un'intervista rilasciata a Tempi, in
cui afferma appunto che allo Stato convengono "parità e costo
standard".
Infatti, la ministra ha insistito sul principio secondo cui se
sparissero le paritarie i costi per lo Stato aumenterebbero di sei
miliardi, calcolo che già l'Uarr a suo tempo aveva contestato e che
adesso viene confutato perfino dalla Fondazione Agnelli.
Il concetto è semplice, precisa l'unione degli atei e agnostici: il
costo totale dell'istruzione statale non può essere calcolato
operando una banale proporzione tra numero di studenti e importo
totale, risulta un calcolo già falsato in partenza. Semmai è vero il
contrario, che il costo per studente si alza se scende il numero di
studenti, e questo porta a una semplice riflessione: cosa accadrebbe
al famoso CMS di cui sopra se una parte consistente di studenti
migrasse verso le paritarie? La risposta è semplice e raggelante
allo stesso tempo: il quoziente si abbasserebbe, e di conseguenza si
alzerebbe il tetto massimo entro cui le rette delle scuole private
garantiscono il diritto all'esenzione. Alla fine lo Stato pagherebbe
di più e i cittadini sarebbero costretti a scegliere tra una scuola
statale per poveri, sempre più con l'acqua alla gola, e una scuola
privata caratterizzata da costi esorbitanti e profitti stellari.
Ma per la
ministra tutto questo evidentemente non conta, le posizioni
contrarie vanno classificate come meri "pregiudizi culturali",
quelle favorevoli evidentemente no.
In linea anche il sottosegretario all'istruzione Gabriele Toccafondi
(Ncd), che parla di disparità sanata. In realtà, sottolinea l'Uaar,
è con questo sistema che iniziano le vere disparità, che viene
effettivamente meno quella libertà d'insegnamento a cui si appella
Toccafondi. Non può esserci vera libertà se il sistema viene diviso
in scuole statali povere e scuole private, in larga parte
confessionali, ricche. Toccafondi si spinge ad auspicare "una parità
scolastica chiara e reale, come previsto nella Costituzione". E qui
viene il dubbio che la Costituzione che ha tra le mani non sia
quella italiana, perché quest'ultima non dice affatto che le scuole
paritarie debbano essere esentate dalle imposte. Anzi, dice che le
scuole private non devono essere onerose per lo Stato, quindi semmai
il contrario.