INVALSI, un ente da rifondare di Giorgio Israel, il Mattino 12.6.2014 Si vorrebbe avere un atteggiamento il più possibile pacato nei confronti dell’Invalsi, soprattutto ora che una nuova presidenza inaugura una gestione il cui orientamento programmatico è tutto da conoscere. Inoltre, le prove Invalsi di quest’anno sono in corso: quelle delle primarie sono già state effettuate e a giorni avranno luogo quelle delle scuole medie, le più importanti in quanto faranno media nell’esame di licenza. Un atteggiamento pacato suggerirebbe di attendere e poi di aprire una fase di valutazione dei test proposti e di riflessione generale sugli indirizzi da prendere nel futuro. Invece i corridoi dell’ente sono evidentemente pervasi da un’atmosfera eccitata che influenza i suoi collaboratori e li anima a dar conferma del detto secondo cui “un bel tacer non fu mai scritto”. Così, invece di lasciar finire la fase operativa conclusiva di un lavoro preparatorio dei test che, a quanto si dice, dura da due anni, e invece di lasciare che sia il presidente a prendere per primo la parola, ecco che qualche collaboratore non riesce a trattenersi dall’esternazione, magari dicendo cose che sembrano pensate apposta per far saltare la mosca al naso.
Così nella versione in rete di un noto quotidiano la collaboratrice
dell’Invalsi prof. Daniela Notarbartolo mette le mani avanti contro
possibili analisi critiche: i test Invalsi sono frutto di rigore,
lavoro di squadra e verifiche, non chiamateli quiz, contengono
domande a risposta multipla, domande aperte, richieste di
argomentazioni, dimostrazioni. Essi sono il frutto di una squadra di
250 docenti, tutti «con grande esperienza didattica e disciplinare».
Forse, ma dobbiamo crederci perché lo dice uno di loro? Viene
spontaneo chiedere: su quali basi si può affermare con tanta
sicurezza che hanno grande esperienza didattica e disciplinare? chi
e come li ha selezionati? con prove “oggettive standardizzate” come
i test, magari in un processo durato due anni? Sono domande
legittime cui le assicurazioni “soggettive” di un collaboratore non
possono dar risposta e che sono al centro di una delle questioni più
scottanti, e cioè del fatto che l’ente agisce, da quando esiste, al
di fuori di ogni controllo, mentre pretende di atteggiarsi a
valutatore insindacabile e oggettivo degli apprendimenti degli
studenti. Ma il peggio viene alla fine, quando si dice che «chi paragona le prove Invalsi alle verifiche di classe sbaglia, perché noi costruiamo strumenti di misurazione analoghi a quelli utilizzati nelle scienze sperimentali». Qui si resta a bocca aperta e riesce difficile fare un commento qualsiasi: non c’è neppure bisogno di avere un minimo di cultura scientifica per rendersi conto dell’assurdità di pretendere che il supporto di modelli statistici (immaginiamo, del tipo il modello di Rasch) elevi le le cosiddette “misurazioni” dell’Invalsi al rango delle misurazioni che vengono fatte in un laboratorio di fisica. Ebbene, se l’attività dell’Invalsi si sviluppa sulla base di idee e di “competenze” simili, allora davvero c’è qualcosa di grave e profondo da correggere. Altro che pretendere di misurare gli altri, qui è la qualità del lavoro dell’ente che va rivisitata da cima a fondo. Dispiace di doverlo dire mentre pensavamo che fosse meglio attendere la fine delle prove per aprire una discussione costruttiva, ma è proprio vero che “un bel tacer non fu mai scritto”. |