A proposito di precariato di Antonio Valentino, Pavone Risorse 26.1.2014 Capisco e condivido le preoccupazioni da cui nasce la proposta di Trezzi (Una modesta proposta ... in tema di istruzione pubblica). Ma condividerne e sottoscriverne i vari passaggi non è però sempre facile. Ovviamente, non mi riferisco ai primi tre punti, che sono già sostanzialmente acquisiti dal nostro ordinamento: i corsi di laurea specialistica abilitanti per l’insegnamento non sono stranezze per il nostro sistema; come pure i tirocini presso le scuole. Ma, da noi, le cose si fanno e si disfano senza la minima valorizzazione dei saperi di esperienza. Finendo così col buttar via il bambino con l’acqua sporca. E così su questi terreni, dopo qualche passo spesso ben orientato a cavallo del nuovo millennio, si è tornati indietro. E la cultura prevalente della nostra università ha ripreso e continuato a caratterizzarsi per il suo accademismo fuori dal tempo. Ed è questo che la rende indisponibile, nella maggior parte dei casi, ai percorsi di formazione in cui la promozione di una didattica attiva, motivante ed efficace risulti centrale. Quello che è invece più difficile da capire e da accettare nella proposta Trezzi è il riferimento al DS come il demiurgo della situazione: “che assume direttamente i docenti supplenti”, e che, “quando si libera un posto in organico d’Istituto, può stipulare un contratto a tempo indeterminato”. Qui, c’è dietro una visione quasi padronale del DS che mal si concilia con una idea di scuola in cui sarebbe bene che la leadership, in quanto educativa, tendesse ad essere “plurale”, partecipata. Comunque ha ragione Stefano Stefanel quando dice che non si possono mettere nelle mani del DS “meccanismi così complessi e innovativi”. E non tanto perché “non sono ancora valutati” – come lui afferma - ma perché le scuole non sono dei DS, ma delle loro “comunità” Questo, almeno, è ciò che dovrebbe essere. (Comunque sono d’accordo con lui che la valutazione del personale della scuola, a partire dal DS, di cui si parla da quasi 15 anni, è uno scandalo che non arrivi in porto. E qui i Sindacati, che in qualche modo c’entrano, c’entrano - se posso dirla tutta - molto di meno dell’Amministrazione.) A proposito di “assunzione del personale, desidero qui richiamare un mio dato biografico che può, mutatis mutandis, riuscire illuminante. Nella mia prima esperienza di Preside, all’Istituto Sperimentale di Bollate (Milano), i “vuoti” in organico erano “riempiti” con personale che faceva direttamente domanda all’istituto - allegando il proprio curricolo - sulla base di un “bando” che veniva affisso all’albo. Seguiva un colloquio col Comitato Tecnico Scientifico (CTS) dell’Istituto, presieduto dal Preside (in questi casi, semplice primus inter pares), e venivano scelti, per la varie classi di concorso, i docenti, generalmente di ruolo e quindi in organico presso altre scuole, valutati meglio. La scelta del CTS faceva riferimento anche alla natura sperimentale della scuola. (Siamo a metà anni ’80; praticamente una vita fa. Per dire poi che con alcuni problemi ci si dibatte da sempre, senza arrivare a conclusioni. È la nostra specialità. Richiamo, en passant, che questo meccanismo, proprio anche di altre scuole con progetti sperimentali autonomi, venne in seguito abolito perché creava problemi - che non si è riusciti a risolvere per responsabilità diffuse - alle scuole di titolarità dei “comandati”). Nella proposta di Trezzi, la questione posta è diversa e diversa la soluzione; ma l’idea di investire le scuole, nel frattempo divenute istituzioni autonome, di una prerogativa assimilabile a quella richiamata a proposito dell’ITS di Bollate, non penso proprio comunque che possa essere demonizzata. A maggior ragione se riesce a sburocratizzare e snellire passaggi e pratiche, offrire più garanzie per avvii regolari dell’anno scolastico, dare serenità al personale coinvolto (oggi trattato come peggio non si può) e responsabilizzare le scuole rispetto al proprio POF. Certamente le insidie non mancano. Ma il problema dei rischi, che ci sono in tutte le imprese di questo mondo, non può condannarci ad un’immobilismo che ci affonda. Oggi, in conclusione, il problema più urgente e da affrontare preliminarmente è comunque proprio quello del precariato, ormai endemico e di proporzioni consistenti. I vari PAS e TFA in atto potrebbero aiutare ad uscire dal groviglio drammatico di questi anni. Ma sono troppe le incertezze sui tempi, sulle modalità di realizzazione e i criteri di selezione. Ci vorrebbero coraggio, idee chiare e determinazione. Che sono appunto i requisiti che “cercansi disperatamente”. Come dimostrano le prime battute - di questi giorni - dei Percorsi di Abilitazione Speciale presso le nostre università. Le notizie che in proposito vengono, ad esempio, dalla Statale di Milano (dove ieri è iniziato il PAS per Lettere) non sono di quelle, purtroppo, che lasciano bene sperare. Ma diamo tempo al tempo. |