Contratto, ma davvero si terrà
conto
del diverso impegno delle discipline?
di Alessandro Giuliani La
Tecnica della Scuola
28.1.2014
Un
nostro articolo che apriva a questa ipotesi ha creato un ampio
dibattito. Con commenti disparati e di tutti i generi. C’è chi,
penna alla mano, fa il calcolo delle tante ore passate a correggere
i compiti e si dice d’accordo: largo al merito che tenga conto anche
di questo. Chi invece non vorrebbe dividere ancora la categoria. Poi
c’è chi non ne può più dell’immancabile collega che non prepara
nulla, non valuta e non corregge mai compiti, ma porta a casa lo
stesso stipendio. O forse pure di più.
Un vero
dibattito: acceso, a tratti
aspro. Sicuramente vero. È
quello che si è venuto a creare
attorno al tema dell’incidenza
sul nuovo contratto del diverso
impegno dei docenti in base alla
disciplina insegnata. Migliaia
di docenti hanno reputato
l’articolo giornalistico
meritevole di attenzione. Per
diversi si è trattato più di una
provocazione che di un’ipotesi
realmente praticabile: il
merito, in sostanza, non si
misurerebbe attraverso gli
impegni canonici delle singole
discipline. Che, più o meno,
comportano sempre delle attività
di preparazione, verifica e
correzione degli elaborati. E
scorrendo i tanti i pareri
‘postati’, sulla
nostra pagina Facebok è
questo il pensiero che prevale.
C’è chi,
come
Andrea Cecco, ha
ammesso che “è vero che ci sono
delle differenze quantitative a
livello di verifiche e di
impegni qualitativi di cui non
si tiene per niente conto”.
Ursula Neri ha però
ribattuto: “come insegnante di
Disegno e Storia dell'Arte dico
semplicemente che i miei
pomeriggi sono dedicati alla
correzione di elaborati di 9
classi, preparazione delle
verifiche di Arte e correzione
sempre per 9 classi, 9
consigli….un vero tour de force!!!!!!”
Marcello Scarabelli
non è sembrato d’accordo con la
proposta: “è un dibattito
davvero cretino che aumenta solo
la divisione di una categoria
già disunita e attaccabile quale
siamo”. Dello stesso parere si è
datta
Rita Tonelli: “E' sempre la
triste trita e ritrita guerra
tra poveri”.
Come il
redattore dell’articolo, anche
Roberto Rizzo,
insegnante di Disegno e Storia
dell' Arte, ha voluto fare i
conti. Ma quelli che lo
riguardavano più da vicino: “ha
circa 200 alunni. Un alunno ogni
anno elabora circa 25 tavole di
disegno con quattro esercizi per
foglio. Facciamo un pò di conti.
25 Tavole X 4 esercizi = 100 X
200 alunni = 20.000...questi
esercizi vanno visionati. Da
aggiungere anche la Storia
dell'Arte...verifiche orali e
anche scritte”. Come dire, tutte
le materie, in fondo, comportano
impegni non indifferenti da
portare a casa.
Vittoria Talamo
taglia corto: “ma chi l'ha detto
che un docente di Arte non
corregge compiti? io ne faccio
fare almeno uno a quadrimestre
per tutte le classi..ne ho 9 e
una media di 25-28 alunni a
classe fate voi il conto di
quanti ne correggo...poi ci sono
le simulazioni di 3 prova almeno
due nel 2 quadrimestre per le 5
e le 4 classi...prima di parlare
informatevi..tutti tutti
lavoriamo...è la nostra
coscienza che ce lo impone”. E
nessuno, infatti, ha il coraggio
di ribattere.
Più
morbida, ma altrettanto
efficace, è il concetto espresso
da
Celeste Orsetti: “i
docenti delle discipline
scientifiche in particolari di
scienze naturali pur non dovendo
correggere compiti
scritti,previsti dal piano di
studi, eseguono attività
sperimentali che valuteranno con
relazioni scritte per non
parlare del tempo necessario per
preparare le attività prima di
proporle alle classi E'
necessario fare delle
distinzioni”.
Sulla
stessa lunghezza d’onda si pone
Maria Flavia Maiorana:
“e chi ha detto cje i docenti di
sc.motorie non correggono
compiti? io faccio fare alle
terze delle verifiche...ma
perché si parla sempre a
sproposito? diciamo che c'è chi
lavora con coscienzae chi si
prende uno stipendio... tutto a
prescindere dalla disciplina che
si insegna”.
Più
articolato il pensiero di
Pier Luigi Piras: “I
parametri per soppesare l'impegnatività
delle discipline non possono
essere quelli puramente
estrinseci legati al tempo
(laddove poi si cade facilmente
in contraddizione in quanto, per
esempio, da decenni non si trova
manco a pagarlo a peso d'oro un
insegnante di storia e filosofia
che non faccia fare i compiti
scritti, che sono da preparare e
da correggere come quelli di
italiano, matematica, latino,
ecc.). E lo stesso grado d'impegnatività
dovrebbe venire definito dal
"mercato", ossìa dagli utenti
della suola, gli alunni e le
famiglie”.
Serafico,
potremmo dire,
Salvatore Lo Iacono:
“non capisco tutte queste
discussioni inutili fatte per
dividere i docenti e fare poi
passare tagli per TUTTI!”. Ma
l’argomento è un “nervo
scoperto”. Che fa male anche a
chi mette l’etica in cima al
proprio vissuto professionale.
Vale per tutti la testimonianza
di
Maria Pia Lo Piparo:
“ho 9 classi, circa 200 alunni.
due/tre prove scritte a
quadrimestre più' test di
verifica iniziale. In
particolare quest'anno non ho 3
terze agli esami, come sempre,
ma ben QUATTRO. C'e' chi non ha
MAI esami, MAI scritti da
correggere. Sono d'accordo
anch'io che dobbiamo restare
uniti, come categoria, e non mi
piace il distinguo del merito,
ma, porca miseria, becca e
bastonata??”.
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