Matteo, nella scuola non tutto è da rottamare

di Anna Maria De Luca, L'Huffington Post 20.2.2014

Ci risiamo, altro governo, altri ministri. Nella scuola molto deve cambiare, è vero. Ma non tutto è da buttare. Da dirigente scolastico più giovane d'Italia dico che essere giovani non significa essere né più né meno bravi. Significa, in questo Paese, avere più difficoltà nel conquistarsi la possibilità di provare a fare. Ecco, ora finalmente Renzi può provare a fare.

Essere giovani significa prendersi, a priori, critiche. O sei troppo spregiudicato, o troppo ambizioso, o troppo inesperto o troppo carrierista: in ogni caso, sei sempre qualcosa che stride con i vecchi schemi di questa Italia e quel qualcosa è per forza percepito come negativo. E' bello quando chi non ti conosce di persona ti chiama per nome, come si usa in Argentina, invece che con il ruolo che ricopri o per cognome: significa vicinanza. Ed è bene che le istituzioni, scuola compresa, siano percepite come vicine. Eppure anche questo, per molti, non va bene. Essere giovani in ruoli che - chissà poi in base a quale assurda regola - sono teoricamente "da grandi" significa leggere sempre lo stesso copione negli occhi di chi bussa alla tua porta e ti si siede di fronte: il pregiudizio. Lo schema è sempre lo stesso: primo atto, verbale: "Che bello, abbiamo bisogno di dirigenti giovani..scusi, ma quanti anni ha?". Secondo atto, non verbale, passa come un fulmine negli occhi dell'interlocutore, ed è di segno opposto al primo. Nel mio caso specifico, girano intorno a me 900 famiglie e circa 150 persone tra docenti ed Ata e gli unici più giovani di me sono gli studenti.

Personalmente, sono più che felice che Matteo Renzi abbia avuto la forza di arrivare fino a dove è arrivato, che sia riuscito a superare gli infiniti ostacoli che il suo stesso partito per anni gli ha opposto, mantenendo eleganza anche davanti agli sgambetti poco eleganti di molti. Il Pd è un partito strano ed è per questo che non ho mai aderito ufficialmente. Forse chi, come me, non ha vissuto il '68, ha grandi difficoltà a comprendere le logiche di chi invece lo ha vissuto e continua a ragionare con gli stessi schemi mentali. Ma, al di là delle logiche partitiche - assurde per chi come me non ha mai fatto politica e combatte in prima linea in una scuola della periferia romana - in questo momento, per quanto riguarda la vita scolastica, ho due dispiaceri. Il primo: vedere che nei totoministri sparati nei vari Tg l'Istruzione è sempre la Cenerentola della lista (a volte neanche è citata). Spero che Renzi dia alla scuola il giusto peso - come lui stesso ha più volte affermato - e che nell'agenda dei tg cambi di conseguenza l'ordine di importanza assegnato alla scuola. Il secondo: temo che il lavoro intrapreso dal Sottosegretario all'Istruzione Marco Rossi Doria possa essere fermato. Se cosi fosse, sarebbe un grande danno per la scuola italiana.

Chi sta in frontiera a scuola ha bisogno di sapere che al Miur c'è qualcuno che viene dalla frontiera e non dalle cattedre "illustri e teoriche", qualcuno che ha passato vent'anni non tra le stanze del potere ma con i bambini e con i ragazzi esclusi, per le strade di Napoli e dell'Africa, al fianco degli ultimi e non dei primi.

Qualcuno che negli ultimi due anni e mezzo è riuscito a recuperare i soldi europei che le regioni del Sud non sono state neanche capaci di usare - soldi ormai persi - per destinarli alla lotta alla dispersione scolastica, attivando ben 206 reti di scuole tra Puglia, Calabria, Campania e Sicilia. E, cosa importante, puntando l'attenzione di tutti sul fatto che la dispersione non è solo un problema del sud ma di tutta l'Italia, considerato che è un fenomeno in crescita nel centro nord. A differenza dei "politici" non ha dirottato l'attenzione sul suo territorio di provenienza ma su tutta l'Italia, come è giusto che sia.

La scuola deve essere questo: "non uno di meno". E come si può realizzare, a palazzo, un piano efficace per realizzare il "non uno di meno" senza avere sulla pelle l'esperienza viva, concreta, reale, di cosa sia la scuola nel senso più alto del termine, se non si ha negli occhi ancora il ricordo di altri occhi a cui dare risposte anche quando le risposte forse non ci sono? Io davvero non vorrei mai vedere al posto di Rossi Doria qualche grigio uomo di partito o qualche professorone che non sa quanto costa un chilo di pane e non ha mai vissuto la realtà dei ragazzi. Una realtà che va ben oltre i muri di scuola, oltre le valutazioni, i giudizi, i programmi: è la vita stessa nella sua complessità a scontrarsi con una scuola costruita ad uso delle teorie e non delle persone reali.

Ecco, io voglio vedere Rossidoria continuare a tracciare la strada della scuola italiana perché è quella giusta: investire sulla lotta alla dispersione scolastica, investire sulla formazione dei docenti, sul welfare dello studente. Dall'inaugurazione dell'anno scolastico a Casal Di Principe fino al Programma di didattica integrativa e innovativa per il contrasto della dispersione scolastica che è stato firmato pochi giorni fa, il 10 febbraio: 15 milioni di euro per diminuire il fenomeno degli abbandoni precoci dei percorsi di studio, per ridurre le ripetenze e i debiti formativi. Le scuole hanno tempo per presentare le candidature agli Uffici Scolastici fino al 28 Febbraio. E' ossigeno per noi scuole. Io vorrei davvero che tutto questo continuasse.