15 ottobre 2014: «Calci e sberle agli alunni di 6 anni, maestro di Treviso sospeso»; 17 novembre: «Botte a un 14enne, denunciato prof di Assisi: lo spettro dell’omofobia»; 22 novembre: «Studentessa di Lodi denuncia: il prof mi ha preso a calci davanti a tutta la classe»; 23 novembre: «Schiaffi e colpi in testa agli alunni: denunciata maestra a Sassari». Con cadenza drammaticamente regolare i giornali riportano notizia di violenze e abusi fisici e verbali commessi dai docenti sugli alunni. Nei casi più gravi si tratta di episodi con una rilevanza penale, spesso ripresi dalle telecamere installate dai Carabinieri su richiesta del preside, che, se si è mosso, lo ha fatto perché era di fronte a segnalazioni ripetute ed evidenti. Casi che suscitano l’emozione e la riprovazione della comunità, ma che fortunatamente sono e restano isolati. Molto più diffusi invece sono gli alterchi fra prof e studenti che possono degenerare in lanci di penne e quaderni, insulti all’indirizzo dell’allievo, a volte anche strattoni, spinte, schiaffi – complice, magari, il logoramento psichico degli insegnanti, il cosiddetto «burnout».
La dottoressa Luciana Volta è responsabile del servizio legale dell’Ufficio scolastico regionale della Lombardia. Un osservatorio significativo: parliamo di un milione di studenti (sugli otto complessivi in Italia). Spiega: «Per la mia esperienza il prof sotto stress se la prende molto più con i colleghi che con gli alunni. E comunque è più facile che gli scappi un insulto o una parolaccia senza arrivare a mettere le mani addosso ai ragazzi. La maestra che picchia i bambini è davvero un caso estremo e rarissimo. Mentre effettivamente alle medie e al liceo capita più spesso che il prof possa perdere la pazienza». E cosa succede in questi casi? Se i fatti non sono di rilevante gravità il dirigente procede autonomamente comminando una sanzione che può arrivare al massimo a dieci giorni di sospensione. Per fatti più gravi si trasmettono gli atti all’Ufficio competente per i procedimenti disciplinari composto dal provveditore e da due funzionari. In caso di indizi precisi e concordanti, parte la sanzione che va dalla semplice nota di biasimo alla sospensione da uno a sei mesi fino alla licenziamento vero e proprio, previsto però solo in casi gravissimi come il pestaggio, il furto o lo spaccio di droga. Secondo i dati del ministero, degli 800 mila insegnanti in servizio, quelli che in un anno scolastico sono stati sottoposti a procedimenti disciplinari sono poco più di duemila (2.276). Di questi,746 sono stati archiviati/prosciolti, 433 sono stati sospesi dal servizio e solo in 29 casi si è arrivati al licenziamento. Per gli altri (1.068), non si è andati oltre il richiamo.
Il sondaggio di Skuolanet
Fra i ragazzi, però, la percezione è molto diversa. Lo dimostra un sondaggio condotto dalla piattaforma digitale Skuolanet per Corriere.it. Alla domanda: «Ti è mai capitato che un prof abbia alzato le mani su di te?», uno studente su dieci ha risposto di sì (per la precisione il 9,2 per cento su 7.106 risposte). E un altro 14 per cento sostiene che sia capitato ad altri ragazzi della scuola. Se poi si passa all’offesa verbale («Ti è mai capitato di sentirti umiliato o insultato pesantemente da un prof davanti a tutta la classe?»), allora le risposte affermative sono oltre il 30 per cento (più un altro 25 per cento che riferisce di episodi capitati ad altri compagni). Andando a leggere le testimonianze del campione (composto per la stragrande maggioranza da ragazzi delle superiori e da qualche studente delle medie), molte raccontano delle dinamiche spesso tesissime fra teenager e prof, ma ce ne sono anche diverse che risalgono indietro agli anni delle elementari. Si va dalla ragazza che mangiava i cracker in classe e che è stata apostrofata dal prof con «cicciona» al bambino che aveva rovesciato la brocca dell’acqua in mensa ed è stato sollevato di peso («tirato per i capelli») dalla maestra e lasciato in piedi a guardare i compagni che finivano di mangiare; dal prof che prende ripetutamente a schiaffi un alunno «che lo canzonava» alla ragazzina che giocava con il correttore a nastro finché la prof, esasperata, glielo strappa di mano e glielo stringe attorno al collo («lasciandole evidenti segni viola....»).
Pazzi per la scuola
Vittorio Lodolo D’Oria ha fatto parte per 21 anni del collegio medico per l’inabilità al lavoro della Asl di Milano e dalla sua esperienza ha tratto un libro «Pazzi per la scuola» che nel 2010 fece scalpore, ma che purtroppo è rimasto inascoltato. «Di tutte le cosiddette helping professions, come il medico, l’assistente sociale, il prete, quella dell’insegnante è una delle più logoranti». Non si tratta di una patologia italiana: in Francia è la categoria a più alto tasso di suicidi. Ma da noi si aggiungono due aggravanti: l’età media altissima (51 anni) e il fatto che per l’82% si tratti di donne, in una fase della vita molto delicata come la menopausa, quando il rischio della depressione aumenta di cinque volte. Il combinato disposto è una bomba a orologeria, sia per i diretti interessati che per i nostri figli. «Il fatto è – spiega Lodolo D’Oria – che, in barba al testo unico sulla salute e la sicurezza sul lavoro del 2008, non è stato stanziato un singolo euro per il controllo e la prevenzione di una categoria ad alto rischio di stress da lavoro correlato come è questa».
Guarda il rapporto sul Disagio mentale professionale (DMP)
Le mani legate dei presidi
I presidi spesso hanno paura di intervenire perché temono di incorrere in una causa per mobbing. Al massimo, convocano il docente e gli ingiungono di chiedere il trasferimento. Ci sono casi di prof malati che hanno girato anche 12 scuole. Mentre una diagnosi tempestiva di inabilità al servizio avrebbe consentito di destinarli ad altro servizio, nell’amministrazione o nelle biblioteche. Nel 90 per cento dei casi, spiega il medico-scrittore, l’insegnante si tiene dentro il suo dolore, semmai tende a scappare, a moltiplicare le assenze: comunque un disservizio per i nostri figli. C’è poi un 10 per cento dei casi, in cui invece capita che perda le staffe e può arrivare anche a rifilare due schiaffoni al malcapitato. Fino ad arrivare ai casi estremi di docenti psicotici che quando entrano in classe abbassano le tapparelle, chiudono la porta e allontanano i banchi dalle finestre perché convinti di essere spiati. «Se fino a pochi anni fa l’incidenza dei disturbi psichiatrici fra chi si presentava al nostro sportello era del 33 per cento, oggi è dell’80 per cento. «E le cose – conclude Lodolo D’Oria amaramente – sono destinate a peggiorare ora che la legge Fornero ha innalzato l’età pensionabile dei prof a 67 anni».