Precari della scuola tra discriminazioni e petizioni

Bruno Ventura,  EcoLibero 21.12.2014

I precari della scuola sono usati dallo Stato come dei rasoi usa e getta. Si stipula un contratto quando serve e poi via, a casa. Lo stato vuole risparmiare sui costi degli stipendi e non bada alle condizioni di vita degli insegnanti che con abnegazione tentano di formare i nostri figli per la futura classe dirigente. I precari dicono basta con una serie di iniziative che vanno dall’associazione in gruppi per costruire proposte concrete per una vera riforma fino all’avvio  di ricorsi che a migliaia affollano le aule dei tribunali.

Discriminazione

Il concetto dominante nelle discussioni tra i docenti che in rete trovano il loro punto d’incontro è quello della discriminazione. Ed è un concetto inserito subdolamente dal governo stesso, per spaccare la categoria e impedirle di prendere coscienza della propria condizione di sfruttati e mettere in moto meccanismi di riequilibrio della categoria divenuti ormai indispensabili. Oggi si ricorre in tribunale anche solo per vedersi riconoscere come abilitante un diploma magistrale, un Tfa (Tirocinio Formativo Attivo) un Pas (Percorso abilitante speciale); corsi che costano anche cari dato che servono ben 2500 euro per seguirli. E chi ha lavorato anni con supplenze e titoli abilitanti si vede anche scavalcato nelle graduatorie da altri che non si possono nemmeno definire insegnanti perché non hanno fatto nemmeno un’ora di lezione. Ma non dite questo ai giudici di Lussemburgo perché per loro si insegna solo con contratto a tempo indeterminato.

Stop al precariato

Il prossimo anno è il quindicesimo che si festeggia la precarietà nelle scuole italiane ma dopo la pronuncia europea i docenti si ribellano: basta! Si apre un nuovo fronte ora: la richiesta di abrogazione dal DM 81/2013 il comma 27-bis. In sostanza si chiede, come in una petizione lanciata su Change Org., che venga riconosciuta l’equivalenza tra SSIS e PAS – TFA ai fini dell’inserimento nelle GaE (DM 572/2013). Detta così assume più che altro un valore simbolico in quanto dovrebbe essere seguita da un emendamento e da un iter parlamentare che abolisca di fatto le gravi sperequazioni esistenti nel mondo scolastico. Ma già solo prenderne visione e sposarne la causa, come nell’auspicio del promovente che la ha creata, vuol dire darle quella forza tale per la quale un giorno, forse, la pianteremo con queste innovazioni latine tipiche del governo italiano. Ma manco in Burundi!