Scuola aperta/2:
nuovi orizzonti culturali e formativi

 Tuttoscuola, 1.4.2014

Se la prima parte del tema "Scuola aperta" ha riguardato il target destinatario di questa piccola rivoluzione, la seconda parte dell’intervento del ministro ha riguardato prevalentemente il cosa, i contenuti dei progetti e delle attività da realizzare.

Scuola aperta significa anche ricordarsi - ha detto - che ci sono materie e competenze che non possono rimanere appannaggio di pochi fortunati, perché non si può, ad esempio, abdicare all’alfabetizzazione motoria e sportiva nella scuola primaria, in considerazione che l’Italia è tra i Paesi europei con più ragazzi obesi (10%).

Visto che il 2014/2015 sarà l’anno scolastico dell’educazione alimentare, il ministro ha annunciato una collaborazione con EXPO per educare i ragazzi ai temi della nutrizione e del mangiar sano. 

Ha auspicato che nell’apertura pomeridiana delle scuole ci sia spazio per lo studio della filosofia, della storia dell’arte e della musica, "tutte materie sacrificate da tempo nel quadro dei vecchi programmi e diventate assolutamente sporadiche, quando non estinte".

Per la scuola primaria, o addirittura dell’infanzia auspica uno spazio dove i bambini possano apprendere la  lingua straniera (l’inglese) grazie alle modalità CLIL – una metodologia di insegnamento di una disciplina non linguistica in lingua straniera che garantisca la continuità dell’insegnamento e della lingua per tutto il percorso scolastico.

Per il ministro scuola aperta può significare allargare l’orizzonte e lo sguardo verso una scuola digitale, tenendo conto che, per il digitale come per le lingue straniere, prima si parte e meglio è. E quindi è importante iniziare fin dalla primaria.

Infine, una scuola aperta, secondo la Giannini, deve guardare anche con attenzione al mondo del lavoro e dell’impresa. Anche qui molto bene l’annuncio e l’apertura, ma è doverosa, ancora una volta, una domanda: come? Con quali risorse umane e finanziarie?

Se per raggiungere quegli obiettivi occorre anche un’apertura al privato sociale, occorre anche intervenire con un’appropriata disciplina normativa.