Valutare gli alunni con BES:
sì, ma con quali regole?

di Reginaldo Palermo, La Tecnica della Scuola 25.4.2014

In Commissione Cultura della Camera si discute di valutazione di alunni con BES e i parlamentari del PD prendono le distanze dal Ministero. Il nodo sta nel Regolamento sulla valutazione.


Sulla questione della valutazione degli alunni con “bisogni educativi speciali” molti deputati del PD non sono affatto d’accordo con le disposizioni impartite dal Ministero e il dissenso è emerso in modo chiaro anche in Commissione Cultura della Camera ove, il 24 aprile, il sottosegretario D’Onghia ha risposto a una interrogazione che aveva come prima firmataria Mara Carocci e che era firmata da un’altra decina di parlamentari.

Secondo i deputati che hanno presentato l’interrogazione, il punto più delicato della “vicenda BES” sta proprio nella valutazione; per esempio, per gli alunni stranieri neo arrivati in Italia (a proposito: in Commissione si è assistito anche alla nascita della nuova sigla NAI), sono previsti percorsi individualizzati ad hoc mentre il comma 9 dell'articolo 1 del DRP n. 122 del 2009, e cioè il Regolamento sulla valutazione emanato all’epoca del ministro Gelmini e attualmente ancora in vigore, stabilisce che “i minori con cittadinanza non italiana... sono valutati nelle forme e nei modi previsti per i cittadini italiani”.

E’ probabile che, nel porre la questione, i parlamentari del PD si aspettassero di sentirsi dire che il regolamento della Gelmini andrà rivisto e adeguato alle più recenti disposizioni normative e amministrative in materia di BES.

Il sottosegretario D’Onghia, invece, ha risposto senza andare troppo per il sottile e ha ricordato che, comunque, per gli alunni stranieri neo arrivati in Italia le scuole secondarie di primo grado possono fare ricorso anche alle due ore settimanali previste per la seconda lingua straniera per migliorare le conoscenze in lingua italiana.

“Nessuna contraddizione dunque - ha ribadito D’Onghia - fra le linee guida sui BES di fine 2012 e il regolamento sulla valutazione”.

Scontata, a questo punto, la replica di Mara Carocci che si è dichiarata insoddisfatta della risposta: “Non è chiaro come possano gli alunni della scuola secondaria di primo grado - con cittadinanza straniera non in possesso di competenze e conoscenze linguistiche minime - utilizzare le due ore della seconda lingua straniera per il potenziamento della lingua italiana, come indicato nella risposta resa dal Governo: gli stessi, infatti, dovranno sostenere una valutazione, in particolare al termine della scuola secondaria di primo grado, anche nella seconda lingua straniera la cui conoscenza è obbligatoria in tale ciclo di studi”.

Più in generale la Carocci ha sottolineato l’estrema rigidità dell'attuale sistema di valutazione, che "non registra i miglioramenti conseguiti negli studi da parte di coloro che hanno bisogni educativi speciali ed in particolare da parte degli alunni neo arrivati in Italia”.

In effetti la risposta del sottosegretario D’Onghia risulta poco comprensibile anche a chi nella scuola ci lavora e mette in luce ancora una volta la distanza pressoché siderale che esiste ormai fra le stanze di Viale Trastevere e la scuola reale.

Se davvero il Ministro vuole dialogare con insegnanti, dirigenti, operatori, famiglie e studenti dovrà impegnarsi seriamente a colmare questa distanza.