Ipotesi di uscite frazionate per i prof di quota '96
Servirebbe anche a ridurre l'impatto
finanziario. di Nicola Mondelli, ItaliaOggi 26.8.2014 Si precano le incertezze, sulle modalità (pensionamento anticipato con o senza penalizzazioni) e sugli strumenti (decreto legge ad hoc per la scuola oppure legge di stabilità) della soluzione che il governo vorrà adottare per quota '96. Sia il presidente del consiglio Matteo Renzi che i ministri Marianna Madia e Stefania Giannini hanno annunciato un piano per il pensionamento di quel personale della scuola che, pur avendo maturato nel corso dell'anno scolastico 2011/2012 i requisiti per accedere al trattamento pensionistico richiesti dalla normativa previgente l'entrata in vigore dell'articolo 24 del decreto legge 201/2011 (per la pensione di anzianità sessanta anni di età e trentasei di contributi, o sessantuno anni e trentacinque di contributi oppure, indipendentemente dall'età anagrafica, quaranta anni di contributi; per la pensione di vecchiaia sessantacinque anni di età unitamente ad almeno venti anni di contribuzione), era stato escluso dai benefici previsti dal predetto articolo 24 in favore del solo personale che tali requisiti aveva maturato entro il 31 dicembre 2011. Chiarezza dovrebbe essere fatta già venerdì, quando il consiglio dei ministri è chiamato ad approvare le linee guida per la riforma della scuola. Il tentativo di estendere la facoltà di accedere al trattamento pensionistico con i requisiti richiesti dalla normativa previgente alla riforma Fornero anche ai docenti e al personale Ata che tali requisiti aveva maturato entro il 31 agosto 2012, termine ultimo dell'anno scolastico 2011/2012, andato in scena in parlamento è stato ritirato proprio dal governo su pressione soprattutto della Ragioneria generale dello Stato e per una supposta insufficiente copertura finanziaria. Se un piano con tale obiettivo dovesse essere realmente vedere la luce, come ripetutamente assicurato, è inevitabile interrogarsi su quali potrebbero essere le strade percorribili per consentire appunto un pensionamento con requisiti leggermente ridotti rispetto a quelli richiesti dalla normativa vigente entrata in vigore dal 1° gennaio 2012. Nel 2014, per accedere alla pensione anticipata sono richiesti quarantadue anni e sei mesi di contribuzione per gli uomini e quarantuno e sei mesi per le donne; per accedere a quella di vecchiaia sono richiesti sessantasei anni e tre mesi sia per gli uomini che per le donne. Il personale della scuola teoricamente interessato ad un provvedimento che avrebbe il valore di una sanatoria rispetto ad un errore commesso dalla riforma Fornero, potrebbe accedervi, invece, potendo fare valere una età anagrafica minima compresa tra i 62 e i 64 anni e una anzianità contributiva non inferiore a 38 anni. Considerato che l'ipotizzato provvedimento del governo non potrebbe in ogni caso essere una fotocopia dell'emendamento non approvato dal Parlamento, le strade percorribili per venire incontro alle richieste del personale che si riconosce nel movimento di quota '96 non potrebbero prescindere, al fine della quantificazione delle risorse necessarie, dalla individuazione del numero esatto di quanti chiederebbero di andare in pensione dal 1° settembre 2014 o da quello degli anni successivi. La strada che raccoglierebbe consensi, e avrebbe un ridotto impatto finanziario, potrebbe essere quella di diluire l'accoglimento delle domande di pensionamento nell'arco di un paio di anni, accogliendo con decorrenza 1° settembre 2014 le domande dei più anziani di età che possano fare valere anche il massimo dei contributi (40 anni). Con decorrenza 1° settembre 2015, tutte le altre. Agli uni e agli altri, in ogni caso, andrebbero riconosciuti gli stessi diritti di cui gode il personale che è cessato o cesserà dal servizio per avere maturato i previgenti requisiti entro il 31 dicembre 2011 e cioè nessuna penalizzazione nel calcolo della pensione e tempi abbreviati per la liquidazione della indennità di buonuscita. |