PUBBLICa amministrazione
Quota 96, ennesima doccia fredda Marcia indietro del governo sugli «esodati» della scuola. L’annuncio del ministro Madia: salta anche l’uscita obbligatoria dei prof universitari a 68 anni di Valentina Santarpia, Il Corriere della Sera 4.8.2014
Marcia indietro del governo su «Quota 96» e pensionamento d’ufficio
dei professori universitari. Lo ha annunciato il ministro della
Pubblica amministrazione, Marianna Madia, e lo ha confermato la
commissione Affari costituzionali: il governo presenterà
«emendamenti soppressivi» di quattro punti del dl Pubblica
amministrazione. Il ministro ha specificato che una delle modifiche
riguarderà la «Quota 96», i cosiddetti «esodati» della scuola che
dovevano andare in pensione due anni fa ma all’ultimo erano rimasti
bloccati dall’entrata in vigore della legge Fornero. Un’altra rivede
invece i limiti di età per il pensionamento d’ufficio ed elimina
quindi il tetto dei 68 anni per i professori universitari e i
primari (non mutano invece le soglie per tutti gli altri dipendenti
pubblici: 62 anni e 65 per i medici). Salta anche la norma che
toglieva le penalizzazioni al trattamento pensionistico nel caso di
pensione anticipata per alcune categorie e sono in bilico pure i
benefici previsti per le vittime del terrorismo. Cassate anche
l’eccezione prevista per un centinaio di insegnanti che avevano
scelto l’«opzione donna», che permetteva loro di andare in pensione
prima ma rinunciando al sistema retributivo (quello basato
sull’ultima busta paga) e accettando il calcolo contributivo (più
svantaggioso): con la norma approvata alla Camera avrebbero avuto un
ricalcolo della pensione per recuperare il 30% perso (circa 400 euro
al mese per l’assegno di pensione), ma con l’emendamento passato in
Senato questo ricalcolo non avverrà. Infuriati i sindacati: «Un bel
pasticcio, una situazione a dir poco irriguardosa per migliaia di
persone che non meritano di essere trattate in questo modo», dice
Francesco Scrima (Cisl Scuola). «Un atto di palese ingiustizia»,
aggiunge Mimmo Pantaleo (Cgil Scuola).
Con il termine «Quota 96» si indicano circa 4.000 docenti che avevano
maturato tutti i requisiti per andare in pensione prima che la
riforma Fornero entrasse in vigore (1° gennaio 2012) . Requisiti
che, stando alla legge 247/2007, si ottenevano sommando l’età
anagrafica e l’anzianità contributiva: 60 anni di età e 36 di
servizio o con 61 di età e 35 di servizio . I «Quota 96» rimasero
intrappolati dalla legge del governo Monti perché quest’ultima
indicava come limite tra i vecchi e i nuovi criteri pensionistici il
31 dicembre 2011 (fine dell’anno solare) e non il 31 agosto 2012
(fine dell’anno scolastico). Così quei docenti che avrebbero
maturato i requisiti a fine anno, e che avevano già presentato
domanda, sono rimasti bloccati in servizio. Per loro l’emendamento
soppressivo annunciato oggi dal ministro Madia è l’ennesima doccia
fredda. Appena dieci giorni fa, era passato in Commissione Affari
costituzionali un emendamento che doveva mettere la parola fine alla
intricata e spinosa vicenda dei Quota 96 e martedì scorso anche la
Commissione Bilancio della Camera aveva dato l’ok. Dopo due anni di
purgatorio, i 4.000 prof si erano dunque illusi di poter andare
finalmente in pensione a partire dal 1° settembre. Ma nel frattempo
è intervenuta la Ragioneria generale esprimendo forti perplessità
sulle coperture economiche sia per il pensionamento dei Quota 96
(costo nel 2014 circa 50 milioni) che per l’anticipo del
pensionamento dei professori universitari da 70 a 68 anni (costo un
centinaio di milioni).Duro il commento della presidente della
commissione Istruzione alla Camera, che si batte da 31 mesi per
ridare la possibilità ai quota 96 di andare in pensione: «Sono molto
delusa, credo che qui si esprima il fallimento del primato della
politica. Secondo me è etico correggere gli errori, evidentemente
non è così per tutti». La norma sul pensionamento d’ufficio dei prof universitari di cui il ministro Madia ha annunciato la soppressione aveva già subíto una prima revisione in seguito alle polemiche sollevate dal mondo accademico che protestava contro l’equiparazione dei docenti universitari a puri e semplici impiegati pubblici. «Non siamo burocrati», era sbottato il presidente della Crui Stefano Paleari. E così martedì scorso la soglia per il pensionamento era stata alzata da 65 a 68 anni. Ora invece pare saltata del tutto. |