Scuola, insegnanti dietro la lavagna:
le riforme “contro” i più precari d’Europa
La beffa
della "quota 96" è stata solo l'ultima di una serie che relega i
docenti italiani tra i meno stabili i peggio pagati in Europa. Renzi
ora annuncia un'altra riforma. Dopo i precedenti (dalla Gelmini a
Profumo) c'è poco da star sereni
di Salvatore Cannavò, Il Fatto Quotidiano 18.8.2014
La beffa dei “quota 96” ha dell’incredibile ma non
è l’unica ritorsione nei confronti degli insegnanti italiani.
Che vivono davvero come foglie sospese sugli alberi d’autunno.
L’elenco delle vessazioni che hanno subito negli ultimi anni e che
continuano a subire potrebbe non finire mai.
Il risarcimento
mancato per una manciata di spiccioli
Solo in un paese in cui chi governa non sa nulla della scuola e dove
i ministri si alternano come nel gioco dei quattro cantoni, si
poteva confondere l’anno solare con l’anno scolastico e impedire ai
docenti che avevano raggiunto i requisiti per la pensione entro
l’anno scolastico 2011/2012 (con la “quota 96”) di andare in
pensione nel 2012, primo anno dell’era Fornero. L’emendamento a loro
favore dopo essere stato votato con la fiducia alla Camera è stato
eliminato, con la fiducia, al Senato. Un capolavoro di schizofrenia
che ora, secondo quanto riporta orizzontescuola.it, potrebbe essere
sanato con un provvedimento ad hoc che, però, potrebbe contenere
un’altra beffa: ammettere il pensionamento con una penalizzazione
del loro assegno. Il peccato originale della scuola italiana, in
realtà, deriva dai tagli della riforma Gelmini. Dietro il folklore
del grembiulino si nascondeva il più poderoso taglio di risorse mai
effettuato.
Dalla Gelmini in poi,
una politica a base di tagli
Secondo i dati della Flc-Cgil, tra il 2007/2008 e il 2012/2013, a
fronte di una crescita di 90mila alunni si sono avuti 81.614 docenti
in meno: da 707 a 626mila assunti a tempo pieno indeterminato. Le
classi tagliate sono state 9mila. Il mito del maestro unico ha
significato un taglio di 28.032 unità nonostante gli alunni siano
stati più di 18mila con un taglio di oltre 4mila classi. La
riorganizzazione dei licei e degli istituti tecnici presentata
dall’allora ministra Gelmini come una rivoluzione, è servita a
produrre una diminuzione del corpo insegnanti di 31.464 unità con la
soppressione, anche qui, di oltre 4mila classi. Facile immaginare
l’aumento del caos e dei carichi di lavoro. Nessuno dei tre ministri
in tre anni che l’hanno seguita (Francesco Profumo, Maria Chiara
Carrozza, Giannini) ha saputo mettere le mani a questa iniquità. E
la scuola continua a scoppiare.
L’istruzione nelle
mani dei non garantiti
I tagli sono stati sempre fronteggiati con il ricorso al lavoro
precario. Nella scuola esiste un serbatoio, enorme, in parte
infinito, di contratti a tempo determinato la cui quantificazione e
definizione sfugge a qualsiasi civiltà amministrativa. La ministra
Giannini ha parlato di 170mila precari iscritti nelle varie
graduatorie. Secondo il sindacato Anief, conteggiando le graduatorie
di istituto, si arriverebbe a 460mila. Il meccanismo del
reclutamento, dopo il concorso Profumo, è diviso al 50% tra le
graduatorie a esaurimento e le graduatorie di merito. Ma poi ci sono
le graduatorie d’istituto che vengono divise in tre fasce, prima,
seconda e terza. Un caos che, recentemente, ha fatto scattare il
conflitto tra i docenti che hanno svolto il nuovo tirocinio
formativo (il Tfa) per abilitarsi all’insegnamento e coloro che sono
stati abilitati senza Tfa ma con il Pas, il percorso abilitante
speciale, avendo lavorato per almeno tre anni. A parte lo scontro di
sigle (Tfa contro Pas) gli uni sostengono di avere più titoli degli
altri, in una guerra tra poveri che difficilmente troverà una
composizione.
A complicare tutto,
la beffa del concorsone
Basti pensare a cosa è successo a coloro che hanno partecipato al
“concorsone” indetto dal ministro Profumo nel 2012. Avrebbe dovuto
rappresentare la soluzione di tutti i problemi. Invece, dopo aver
bandito il concorso per 11.542 posti, nel 2013 solo 3.500 sono state
“immesse in ruolo”, cioè assunti, gli altri sono stati collocati in
una… nuova graduatoria. Senza contare che in alcune regioni, come la
Toscana, gli esami del concorso del 2012 si sono conclusi nel 2014 e
in altre, come la Sicilia, i posti assegnati sono stati
evidentemente sovrastimati.
Quando Bruxelles
smette di chiedercelo
Abbiamo i docenti peggio pagati d’Europa. La tabella della Cisl non
ammette repliche: a inizio carriera la retribuzione lorda di un
insegnante della scuola secondaria di primo grado (le medie) in
Italia guadagna 24.141 euro (circa 1.300 euro nette al mese). La
media europea è di 26.852. Il divario cresce a fine carriera: 45.280
euro nella media Ue contro 36.157 in Italia, il 25% in meno che
arriva al 30% nella secondaria di secondo grado. Eppure gli
insegnanti italiani lavorano anche più degli europei: 22 ore
settimanali nella primaria corrispondono a una media Ue di 19. Anche
nella secondaria di secondo grado si hanno 18 ore italiane contro 16
nella Ue. Renzi, ancora ieri, ha promesso una riforma nuova di
zecca. Con tali precedenti, difficile stare sereni.