Pensioni: uscite anticipate dei professori, di Giusy Franzese il Mattino 3.8.2014 Non è solo il commissario Cottarelli a dire no alla deroga per il pensionamento anticipato dei 4.000 prof approvata la settimana scorsa dalla Camera all’interno del decreto di riforma della pubblica amministrazione. C’è una bocciatura ancora più rilevante, che porta il timbro della Ragioneria generale dello Stato: coperture insufficienti, perché così come è formulata la norma non è in grado di «assicurare il rispetto dei 4.000 soggetti». Stop della Ragioneria anche per l’altra deroga alla riforma Fornero: l’eliminazione delle penalizzazioni per l’accesso alla pensione anticipata per chi matura i requisiti entro il 31 dicembre 2017. La relazione, datata primo agosto e indirizzata alla presidenza del Consiglio dei ministri e alla Commissione Bilancio del Senato (dove il provvedimento è approdato), non fornisce scampo alle due norme (mentre promuove tutto il resto). E rischia di innescare un nuovo caso politico, visto che alla Camera il decreto è passato con la fiducia. «Bisogna assolutamente attivare tutti i colleghi e spiegare loro la situazione» allertano i deputati Pd della commissione Lavoro della Camera (sostanzialmente i firmatari dell’emendamento incriminato). In una nota circolata all’interno del gruppo, polemicamente osservano: «Quando le relazioni tecniche dell’Inps prevedono quantificazioni enormi e irragionevoli, alla Ragioneria vanno bene; questa volta si mettono in discussione i numeri dei possibili pensionamenti, dati dall’Inps, e si modifica la previsione degli oneri secondo calcoli autonomi». Se al Senato la norma dovesse essere modificata, servirà una terza lettura della Camera, cosa che potrebbe mettere a rischio i tempi di conversione. Non è una deroga alla legge Fornero, insistono i sostenitori della norma: «È una correzione di un errore contenuto in quella legge». Si tratta degli insegnanti che, in base alle regole pre-Fornero della vecchia «quota 96», avrebbero maturato il diritto alla pensione tra il 1 gennaio e il 31 agosto del 2012, nel corso dell’anno scolastico 2011/2012. Una ricognizione del Miur basata su un questionario inviato al corpo docente quantifica i soggetti coinvolti in 4.000 unità. Ed è su questo numero che si basa la norma approvata alla Camera. Ma la Ragioneria sostiene che «di fatto la disposizione prefigura per il settore della scuola una salvaguardia aperta, non in grado di assicurare il rispetto del limite dei 4.000 soggetti, con effetti in termini di maggiori oneri per i quali non è individuata adeguata copertura finanziaria». L’altra norma bocciata riguarda l’eliminazione delle penalizzazioni per chi sceglie di andare in pensione prima dei 62 anni di età. La legge Fornero lo consente agli uomini che hanno 42 anni e 6 mesi di contributi, e alle donne che ne hanno 41 anni e 6 mesi. I contributi però devono essere da effettiva prestazione lavorativa, sono esclusi quindi quelli figurativi (ad eccezione della maternità obbligatoria, la leva militare, cig ordinaria, malattia infortunio, donazioni di sangue, congedi parentali, permessi per assistenza disabili). Di fatto sono fuori il riscatto della laurea e i contributi volontari. Prevista anche una decurtazione economica tra l’1 eil 4% dell’assegno. La nuova norma votata alla Camera elimina entrambe le penalizzazioni (contributi e assegno) per chi matura i requisiti entro dicembre 2017. Ma la Ragioneria contesta: la copertura indicata «è sottostimata», anziché 1 milione nel 2014 ne servono 5, al posto dei 3 individuati per il 2015 ne occorrono 15 milioni, e non basteranno di certo i due milioni indicati per ciascuno degli anni a venire, ma le cifre sono molto più alte, ovvero 35 milioni nel 2016, 50 nel 2017 e 60 a decorrere dal 2018. |