Sei idee/3. da TuttoscuolaNews, n. 598 9.9.2013 La proposta di Tuttoscuola è di utilizzare le strutture scolastiche, al di là delle ore di lezione, come si fa in molti casi in altri Paesi, per attività non solo direttamente didattiche, ma certamente formative, rivolte in primo luogo agli stessi studenti ma anche alla comunità locale. Attività e servizi aggiuntivi che si potrebbero svolgere ampliando il calendario scolastico per così dire orizzontalmente, cioè tenendo aperte le scuole quando normalmente sono chiuse, e verticalmente, cioè allungando gli orari di funzionamento degli istituti nei giorni di lezione, che sono ancora gli stessi di sessant’anni fa. Ma nel frattempo la società è cambiata profondamente. Ad esempio, si dice nel dossier, dopo la conclusione dell’anno scolastico le scuole potrebbero organizzare summer camp per gli alunni della scuola dell’infanzia, primaria e media. Attività sportive, lezioni di informatica, di musica, di lingue straniere svolte in modo divertente, laboratori artistico-creativi per bambini organizzati anche da cooperative sociali gestite da studenti degli ultimi anni delle superiori o da giovani in attesa di altra occupazione. E inoltre assistenza per lo svolgimento dei compiti per le vacanze e dei corsi di recupero (per combattere la dispersione scolastica) e di approfondimento. Trattandosi di servizi aggiuntivi, le scuole potrebbero richiedere (con meccanismi di esenzione al di sotto di un certo reddito) un contributo alle famiglie (che spenderebbero meno in baby sitter, ripetizioni e corsi privati vari) o agli enti locali, generando risorse da reinvestire nelle scuole stesse oltre che in compensi aggiuntivi per il personale. Qualche scuola, soprattutto privata, specie nelle grandi città, già organizza iniziative simili. La rete delle scuole statali potrebbe generalizzare questo servizio. Con la stessa logica le scuole potrebbero/dovrebbero restare aperte tutti i pomeriggi, e gli studenti recarvisi per una serie di attività – compreso, se necessario, lo studio e gli esercizi – in parte con l’assistenza dei docenti (utilizzando meglio l’organico attuale ma anche ampliandolo, così riducendo il precariato), o se necessario appaltando alcuni servizi a terzi (che opererebbero all’interno delle strutture e nell’ambito e secondo i principi del piano dell’offerta formativa della scuola). Viceversa, dove i locali della scuola non sono attrezzati, l’istituto potrebbe fare delle convenzioni con strutture comunali o private, dove si svolgerebbero corsi coordinati con la scuola, nell’ambito del POF. Queste proposte meritano forse più attenzione di quella che finora hanno ricevuto anche nel dibattito da noi innescato. Ma potrebbero essere la chiave appunto per la soluzione di più problemi. |